Severino Di Giovanni: differenze tra le versioni

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=== Reazioni della stampa anarchica ed omicidio di Emilio López Arango ===
=== Reazioni della stampa anarchica ed omicidio di Emilio López Arango ===
[[File:Aragno.jpg|miniatura|200px|[[Emilio López Arango]]]]
[[File:Aragno.jpg|miniatura|200px|[[Emilio López Arango]]]]
Il [[26 maggio]] [[1928]] ''[[La Protesta]]'' pubblica un editoriale intitolato ''Scuola della violenza'', nel quale non solo prende le distanze dagli attentatori, ma afferma che «il terrorismo non è anarchismo, anche se un certo tipo di azioni individuali potrebbe essere messo in relazione con alcune manifestazioni dello spirito di vendetta che porta uomini dal temperamento eccitabile ad attuare, per conto proprio, rappresaglie contro i più vistosi responsabili di un crimine collettivo».  
Il [[26 maggio]] [[1928]] ''[[La Protesta (Argentina)|La Protesta]]'' pubblica un editoriale intitolato ''Scuola della violenza'', nel quale non solo prende le distanze dagli attentatori, ma afferma che «il terrorismo non è anarchismo, anche se un certo tipo di azioni individuali potrebbe essere messo in relazione con alcune manifestazioni dello spirito di vendetta che porta uomini dal temperamento eccitabile ad attuare, per conto proprio, rappresaglie contro i più vistosi responsabili di un crimine collettivo».  


''[[La Antorcha]]'' del [[9 giugno]] [[1928]] scrive: «L'Anarchia non è questa. Non si esprime attraverso la violenza cieca o disperata. La sua violenza è difensiva e cosciente [...]».
''[[La Antorcha]]'' del [[9 giugno]] [[1928]] scrive: «L'Anarchia non è questa. Non si esprime attraverso la violenza cieca o disperata. La sua violenza è difensiva e cosciente [...]».
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''[[L'Allarme]]'' del [[20 giugno]] [[1928]] riporta in prima pagina: «La bomba del Consolato Italiano non poteva essere più spaventosa. Fu atroce. Qualunque sia stata l'intenzione non si può sottrarsi alla terribile realtà. L'attentato del 23 maggio 1928 fu un carnaio d'innocenti».
''[[L'Allarme]]'' del [[20 giugno]] [[1928]] riporta in prima pagina: «La bomba del Consolato Italiano non poteva essere più spaventosa. Fu atroce. Qualunque sia stata l'intenzione non si può sottrarsi alla terribile realtà. L'attentato del 23 maggio 1928 fu un carnaio d'innocenti».


Il [[26 marzo]] [[1929]] ''[[La Protesta]]'' accusa pubblicamente il gruppo di Di Giovanni di essere il responsabile dell'attentato al Consolato. Il direttore [[Emilio López Arango]] critica l'apologia della violenza e del furto, sostenendo che Di Giovanni è soltanto un bandito, un «agente della polizia e del fascismo».  
Il [[26 marzo]] [[1929]] ''[[La Protesta (Argentina)|La Protesta]]'' accusa pubblicamente il gruppo di Di Giovanni di essere il responsabile dell'attentato al Consolato. Il direttore [[Emilio López Arango]] critica l'apologia della violenza e del furto, sostenendo che Di Giovanni è soltanto un bandito, un «agente della polizia e del fascismo».  


Il [[29 ottobre]] [[1929]] [[Emilio López Arango|López Arango]] viene ucciso da un misterioso sicario (anche [[Luigi Fabbri]] è oggetto di minacce, dopo aver scritto su ''[[Pagina italiana]]'' un articolo pieno di dolore e d'indignazione, paragonando l'attentato al Consolato ad altri simili avvenuti in Italia ad opera dello squadrismo fascista). In molti puntano il dito contro Severino, che nega con forza e con sdegno di essere l'autore dell'omicidio e cerca di difendersi attraverso una serie di articoli pubblicati sul ''[[Culmine]]'' e attraverso una lettera a ''[[L'Adunata dei Refrattari]]'' (organo degli [[anarco-individualismo|anarco-individualisti]] italiani negli [[USA|Stati Uniti]]), in cui chiede l'istituzione di un Gran Giurì Anarchico Internazionale che giudichi i fatti. [[Luigi Fabbri]] e [[Vincenzo Capuana]] mostrano attenzione ai suoi scritti, inducendo Di Giovanni a credere che si tratti di una specie di assenso alle sue azioni. Tuttavia, il gruppo di Di Giovanni viene isolato dal movimento anarchico argentino. Il gruppo continua a rapinare banche e a colpire i simboli del [[Fascismo|fascismo]] italiano, anche se i suoi compagni cadono ad uno ad uno ([[Alejandro Scarfò]] viene arrestato e rinchiuso nel manicomio criminale di Vieytes).
Il [[29 ottobre]] [[1929]] [[Emilio López Arango|López Arango]] viene ucciso da un misterioso sicario (anche [[Luigi Fabbri]] è oggetto di minacce, dopo aver scritto su ''[[Pagina italiana]]'' un articolo pieno di dolore e d'indignazione, paragonando l'attentato al Consolato ad altri simili avvenuti in Italia ad opera dello squadrismo fascista). In molti puntano il dito contro Severino, che nega con forza e con sdegno di essere l'autore dell'omicidio e cerca di difendersi attraverso una serie di articoli pubblicati sul ''[[Culmine]]'' e attraverso una lettera a ''[[L'Adunata dei Refrattari]]'' (organo degli [[anarco-individualismo|anarco-individualisti]] italiani negli [[USA|Stati Uniti]]), in cui chiede l'istituzione di un Gran Giurì Anarchico Internazionale che giudichi i fatti. [[Luigi Fabbri]] e [[Vincenzo Capuana]] mostrano attenzione ai suoi scritti, inducendo Di Giovanni a credere che si tratti di una specie di assenso alle sue azioni. Tuttavia, il gruppo di Di Giovanni viene isolato dal movimento anarchico argentino. Il gruppo continua a rapinare banche e a colpire i simboli del [[Fascismo|fascismo]] italiano, anche se i suoi compagni cadono ad uno ad uno ([[Alejandro Scarfò]] viene arrestato e rinchiuso nel manicomio criminale di Vieytes).
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