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== '''''«[https://www.eleuthera.it/files/materiali/Malatesta_Il_Buon_senso_della_rivoluzione.pdf Il buon senso della rivoluzione]»''''' di [[Errico Malatesta]] ==
== '''''«In segno di sfida»''''' di Giorgio Pratolongo ==
[[File:Buon_senso.jpg|miniatura|200px|left|'''''[https://www.eleuthera.it/files/materiali/Malatesta_Il_Buon_senso_della_rivoluzione.pdf Il buon senso della rivoluzione]''''', (''Eleuthera'', [[1999]]), un libro di [[Errico Malatesta]], a cura di [[Giampietro Berti]].]]
[[File:GP_Bonnot.jpg|miniatura|250px|left|Copertina di ''In segno di sfida'' di Giorgio Pratolongo.]]
Con la divisione tra [[anarchismo]] e [[anarchia]], [[Malatesta]] cerca di conferire al primo la sua massima valenza realistica e alla seconda la sua più alta espressione etica. Il primo si media con la storia, acquisendo tutti i giudizi di fatto che questa produce nel suo continuo mutamento, la seconda si mantiene contro la storia perché il processo storico non può mai coincidere con i giudizi di valore che l'[[anarchia]] esprime. L'[[anarchia]] è l'ideale, la meta mai completamente raggiungibile della [[libertà]] e dell'[[uguaglianza]], e dunque è tutto ciò che sta alla base dell'agire anarchico; l'[[anarchismo]], invece, costituisce l’insieme teorico-pratico della traduzione di questi valori e di questi motivi nel processo storico e come tale fa da tramite dinamico fra la deduzione mutevole e relativa del presente e gli obiettivi universali del futuro. L'[[anarchismo]] può quindi utilizzare e far proprio qualunque strumento di comprensione dell'esistente (se ciò serve per il futuro verso cui si tende), mentre l'[[anarchia]] non ha bisogno, per sussistere, di essere «giustificata» da tale spiegazione. Con questa operazione [[Malatesta]] sottrae l'idea anarchica da ogni caducità storica, non perché la pone su un piano puramente [[etico]] e morale, ma perché proietta i suoi scopi, cioè i suoi valori, oltre la contingenza e il mutamento. Insomma, la deduzione è necessaria per contestualizzare il suo farsi concreto, per individuarne le forze e le tendenze in atto, non per dare spiegazione e giustificazione dell'[[anarchia]], ossia dei motivi ultimi che fanno sussistere l'azione storica dell'[[anarchismo]]. La grande divisione epistemologica fra [[anarchia]] ed [[anarchismo]] è insomma la divisione fra giudizi di fatto e giudizi di valore, fra scienza ed [[etica]]. Questa aspirazione umana si pone oltre ogni valenza razionale e teoretica perché deriva da un sentimento, che è la molla motrice di tutti i sinceri riformatori sociali, e senza la quale l'[[anarchismo]] sarebbe un non senso. In quanto aspirazione umana verso la [[libertà]] universale, si pone oltre la necessità naturale, come ogni altra necessità storica o scientifica. L'[[anarchia]] infatti è una costruzione culturale e il concetto di [[libertà]] ne è la massima espressione, nel senso che testimonia la valenza tutta precaria e [[volontarismo|volontaria]] di tale conquista.
 
«La felicità che mi era sempre stata negata, avevo il diritto di viverla»: avvolte nella leggenda, le parole di [[Jules Bonnot]] hanno attraversato un secolo di storia, facendosi manifesto di ribellione e rifiuto senza compromesso di qualunque ingiustizia commessa in ogni tempo, a ogni latitudine. Perché la [[Banda Bonnot]] non fu solamente il primo gruppo di espropriatori a utilizzare l'automobile per compiere le rapine ai danni di banche e ricchi possidenti. Le azioni della Banda, infatti, avvenivano sempre di giorno, alla luce del sole, per amplificare il loro reale scopo: spaventare i detentori dell'ordine costituito e irridere i suoi custodi, affinché fosse chiaro come nulla è immutabile, tantomeno ciò che di brutto regola da sempre il mondo che viviamo. Ma chi era veramente [[Jules Bonnot]]? E cosa pensavano, come vivevano e cosa fu a spingere lui e i suoi sodali, tutti figli di operai, osti e ciabattini, a rifiutare il proprio destino sociale per passare all'azione? Le matite di Giorgio Pratolongo cercano la risposta nei bassifondi di Parigi, insieme a gente come [[Raymond Callemin|Raymond "La Science" Callemin]], [[Octave Garnier]], [[Édouard Carouy]], [[André Soudy]], [[Eugène Dieudonné]], [[René Valet]], [[Étienne Monier]]... i ''bandits tragiques'' protagonisti della grande epopea della [[Banda Bonnot]]: una vicenda la cui sorte ha senz'altro beffato i giudici e la [[polizia]], restando libera per sempre.  
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Versione attuale delle 11:09, 17 feb 2025

«In segno di sfida» di Giorgio Pratolongo

Copertina di In segno di sfida di Giorgio Pratolongo.

«La felicità che mi era sempre stata negata, avevo il diritto di viverla»: avvolte nella leggenda, le parole di Jules Bonnot hanno attraversato un secolo di storia, facendosi manifesto di ribellione e rifiuto senza compromesso di qualunque ingiustizia commessa in ogni tempo, a ogni latitudine. Perché la Banda Bonnot non fu solamente il primo gruppo di espropriatori a utilizzare l'automobile per compiere le rapine ai danni di banche e ricchi possidenti. Le azioni della Banda, infatti, avvenivano sempre di giorno, alla luce del sole, per amplificare il loro reale scopo: spaventare i detentori dell'ordine costituito e irridere i suoi custodi, affinché fosse chiaro come nulla è immutabile, tantomeno ciò che di brutto regola da sempre il mondo che viviamo. Ma chi era veramente Jules Bonnot? E cosa pensavano, come vivevano e cosa fu a spingere lui e i suoi sodali, tutti figli di operai, osti e ciabattini, a rifiutare il proprio destino sociale per passare all'azione? Le matite di Giorgio Pratolongo cercano la risposta nei bassifondi di Parigi, insieme a gente come Raymond "La Science" Callemin, Octave Garnier, Édouard Carouy, André Soudy, Eugène Dieudonné, René Valet, Étienne Monier... i bandits tragiques protagonisti della grande epopea della Banda Bonnot: una vicenda la cui sorte ha senz'altro beffato i giudici e la polizia, restando libera per sempre.