Piero Gobetti: differenze tra le versioni

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[[File:Gramsci.png|thumb|left|180px|Antonio Gramsci]]
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Interpreta la [[rivoluzione russa|rivoluzione]] di [[Lenin]] e [[Lev Trotky|Trotzky]] come rivoluzione liberale, perché è «azione, movimento e tutto quello che si muove va verso il liberalismo». Esponente della sinistra liberale progressista, legata all'intellettuale meridionalista Gaetano Salvemini, detesta tutto ciò che è statalismo e protezionismo della vecchia Italia giolittiana, apprezza i bolscevichi in quanto ''élite'' rivoluzionaria. Liberale ''sui generis'', stima [[Antonio Gramsci]] e il suo giornale «Ordine Nuovo», si avvicina al proletariato torinese e diviene attivo [[antifascista]].  
Interpreta la [[rivoluzione russa|rivoluzione]] di [[Lenin]] e [[Lev Trotky|Trotzky]] come rivoluzione liberale, perché è «azione, movimento e tutto quello che si muove va verso il liberalismo». Esponente della sinistra [[liberale]] progressista, legata all'intellettuale meridionalista Gaetano Salvemini, detesta tutto ciò che è statalismo e protezionismo della vecchia Italia giolittiana, apprezza i bolscevichi in quanto ''élite'' rivoluzionaria. Liberale ''sui generis'', stima [[Antonio Gramsci]] e il suo giornale «Ordine Nuovo», si avvicina al proletariato torinese e diviene attivo [[antifascista]].  


Togliatti nel maggio del [[1919]] lo bolla sulle pagine di «Ordine Nuovo» come «parassita della cultura», tuttavia con l'avvento del [[biennio rosso|biennio rosso e le occupazioni di fabbriche e terre]] (1919-1920) migliorano molto i rapporti con i comunisti in quanto Gobetti si schiera apertamente con gli operai. Gramsci addirittura gli affida la rubrica di [[teatro]] della rivista. La classe operaia che costruiva i [[consiliarismo|consigli operai]] era, secondo Gobetti, colei che doveva rinnovare il mondo, ma non verso il [[socialismo]], bensì verso «elementi di concorrenza».  
Togliatti nel maggio del [[1919]] lo bolla sulle pagine di «Ordine Nuovo» come «parassita della cultura», tuttavia con l'avvento del [[biennio rosso|biennio rosso e le occupazioni di fabbriche e terre]] (1919-1920) migliorano molto i rapporti con i comunisti in quanto Gobetti si schiera apertamente con gli operai. Gramsci addirittura gli affida la rubrica di [[teatro]] della rivista. La classe operaia che costruiva i [[consiliarismo|consigli operai]] era, secondo Gobetti, colei che doveva rinnovare il mondo, ma non verso il [[socialismo]], bensì verso «elementi di concorrenza».  
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L'[[11 gennaio]] [[1923]] sposa Ada Prospero, con cui va a vivere nella sua casa natale di via XX Settembre 60, che diviene anche la sede della «Piero Gobetti Editore», una casa editrice da lui fondata. In seguito i due si trasferiscono in via Fabro 6, attuale sede del Centro di studi a lui intitolato. Il [[6 febbraio]] [[1923]] la [[polizia]] [[fascista]] lo arresta in quanto sospetto di «appartenenza a gruppi sovversivi che complottano contro lo Stato». Liberato dopo cinque giorni, subisce una nuova incarcerazione il [[29 maggio]], provocando un'interrogazione parlamentare alla quale il [[governo]] [[fascista]] risponde che Gobetti «era stato redattore dell'Ordine Nuovo di Torino, giornale antinazionale; la rivista che egli dirige, conduce da tempo una campagna contro le istituzioni e il governo fascista; il prefetto si è perciò sentito in diritto di far operare una perquisizione e il fermo di Gobetti per misure di ordine pubblico». Per nulla intimorito, egli replica esplicitando con una lettera la sua posizione [[antifascista]] e aggiunge, nei libri stampati dalle sue edizioni, il motto «Che ho a che fare io con gli schiavi?».
L'[[11 gennaio]] [[1923]] sposa Ada Prospero, con cui va a vivere nella sua casa natale di via XX Settembre 60, che diviene anche la sede della «Piero Gobetti Editore», una casa editrice da lui fondata. In seguito i due si trasferiscono in via Fabro 6, attuale sede del Centro di studi a lui intitolato. Il [[6 febbraio]] [[1923]] la [[polizia]] [[fascista]] lo arresta in quanto sospetto di «appartenenza a gruppi sovversivi che complottano contro lo Stato». Liberato dopo cinque giorni, subisce una nuova incarcerazione il [[29 maggio]], provocando un'interrogazione parlamentare alla quale il [[governo]] [[fascista]] risponde che Gobetti «era stato redattore dell'Ordine Nuovo di Torino, giornale antinazionale; la rivista che egli dirige, conduce da tempo una campagna contro le istituzioni e il governo fascista; il prefetto si è perciò sentito in diritto di far operare una perquisizione e il fermo di Gobetti per misure di ordine pubblico». Per nulla intimorito, egli replica esplicitando con una lettera la sua posizione [[antifascista]] e aggiunge, nei libri stampati dalle sue edizioni, il motto «Che ho a che fare io con gli schiavi?».


Nel biennio [[1923]]-24 «La Rivoluzione Liberale» è ripetutamente sequestrata, lo stesso Mussolini si preoccupa di questo giovanissimo intellettuale e telegrafa al prefetto di Torino: «Prego informarsi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore». Nel [[1924]] fonda la rivista letteraria «Il Baretti» <ref name="ciccio">Riferimento a Giuseppe Baretti, letterato italiano vissuto a lungo all'estero, e alla sua rivista ''La Frusta'' letteraria, esempio di polemica vivace e irriverente.</ref>, che si avvale della collaborazione di Benedetto Croce, Eugenio Montale, Natalino Sapegno, Umberto Saba ed Emilio Cecchi. Le due riviste - La Rivoluzione Liberale e Il Baretti - devono, nei piani del liberale torinese, agire di concerto: l'una occuparsi di temi storico-politici e l'altra di temi letterari.
Nel biennio [[1923]]-24 «La Rivoluzione Liberale» è ripetutamente sequestrata, lo stesso Mussolini si preoccupa di questo giovanissimo intellettuale e telegrafa al prefetto di Torino: «Prego informarsi e vigilare per rendere nuovamente difficile vita questo insulso oppositore». Nel [[1924]] fonda la rivista letteraria «Il Baretti» <ref name="ciccio">Riferimento a Giuseppe Baretti, letterato italiano vissuto a lungo all'estero, e alla sua rivista ''La Frusta'' letteraria, esempio di polemica vivace e irriverente.</ref>, che si avvale della collaborazione di Benedetto Croce, Eugenio Montale, Natalino Sapegno, Umberto Saba ed Emilio Cecchi. Le due riviste - La Rivoluzione Liberale e Il Baretti - devono, nei piani del [[liberale]] torinese, agire di concerto: l'una occuparsi di temi storico-politici e l'altra di temi letterari.


Il [[5 settembre]] [[1924]], all'uscita di casa, viene aggredito sulle scale da quattro squadristi fascisti che lo colpiscono violentemente al torace e al volto. Costretto a espatriare in [[Francia]] e mai più riavutosi dalle ferite subite, muore esule a Parigi nella notte tra il [[15 settembre|15]] e il [[16 febbraio]] [[1926]]. È sepolto nel cimitero di Père Lachaise.
Il [[5 settembre]] [[1924]], all'uscita di casa, viene aggredito sulle scale da quattro squadristi fascisti che lo colpiscono violentemente al torace e al volto. Costretto a espatriare in [[Francia]] e mai più riavutosi dalle ferite subite, muore esule a Parigi nella notte tra il [[15 settembre|15]] e il [[16 febbraio]] [[1926]]. È sepolto nel cimitero di Père Lachaise.
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===Liberale e rivoluzionario===
===Liberale e rivoluzionario===


: «La nuova critica liberale deve differenziare i metodi, negare che il liberismo rappresenti gli interessi generali, identificarlo con la lotta per la conquista della libertà, e con l'azione storica dei ceti che vi sono interessati. In Italia, dove le condizioni sia economiche che politiche sono singolarmente immature, le classi e gli uomini interessati a una pratica liberale devono accontentarsi di essere una minoranza e di preparare al paese un avvenire migliore con un'opposizione organizzata e combattiva. La nuova critica liberale deve differenziare i metodi, negare che il liberismo rappresenti gli interessi generali, identificarlo con la lotta per la conquista della libertà, e con l'azione storica dei ceti che vi sono interessati. In Italia, dove le condizioni sia economiche che politiche sono singolarmente immature, le classi e gli uomini interessati a una pratica liberale devono accontentarsi di essere una minoranza e di preparare al paese un avvenire migliore con un'opposizione organizzata e combattiva. Bisogna convincersi che non erano e non potevano essere, come non sono, liberali i nazionalisti e i siderurgici, interessati al parassitismo dei padroni, né i riformisti che combattevano per il parassitismo dei servi, né gli agricoltori latifondisti che vogliono il dazio sul grano per speculare su una cultura estensiva di rapina, né i socialisti pronti a sacrificare la libertà di opporsi alle classi dominanti per un sussidio dato alle loro cooperative. Poiché il liberalismo non è indifferenza né astensione ci aspettiamo che per il futuro i liberali, individuati i loro nemici eterni, si apprestino a combatterli implacabilmente» (Piero Gobetti, ''La lotta politica in Italia'', in «La Rivoluzione Liberale», 1924) <ref>[http://www.polyarchy.org/basta/documenti/gobetti.1924.html Il Liberalismo in Italia]</ref>
: «La nuova critica [[liberale]] deve differenziare i metodi, negare che il liberismo rappresenti gli interessi generali, identificarlo con la lotta per la conquista della libertà, e con l'azione storica dei ceti che vi sono interessati. In Italia, dove le condizioni sia economiche che politiche sono singolarmente immature, le classi e gli uomini interessati a una pratica [[liberale]] devono accontentarsi di essere una minoranza e di preparare al paese un avvenire migliore con un'opposizione organizzata e combattiva. La nuova critica [[liberale]] deve differenziare i metodi, negare che il liberismo rappresenti gli interessi generali, identificarlo con la lotta per la conquista della libertà, e con l'azione storica dei ceti che vi sono interessati. In Italia, dove le condizioni sia economiche che politiche sono singolarmente immature, le classi e gli uomini interessati a una pratica [[liberale]] devono accontentarsi di essere una minoranza e di preparare al paese un avvenire migliore con un'opposizione organizzata e combattiva. Bisogna convincersi che non erano e non potevano essere, come non sono, liberali i nazionalisti e i siderurgici, interessati al parassitismo dei padroni, né i riformisti che combattevano per il parassitismo dei servi, né gli agricoltori latifondisti che vogliono il dazio sul grano per speculare su una cultura estensiva di rapina, né i socialisti pronti a sacrificare la libertà di opporsi alle classi dominanti per un sussidio dato alle loro cooperative. Poiché il liberalismo non è indifferenza né astensione ci aspettiamo che per il futuro i liberali, individuati i loro nemici eterni, si apprestino a combatterli implacabilmente» (Piero Gobetti, ''La lotta politica in Italia'', in «La Rivoluzione Liberale», 1924) <ref>[http://www.polyarchy.org/basta/documenti/gobetti.1924.html Il Liberalismo in Italia]</ref>


Piero Gobetti è stato un liberale anomalo, ben distante dalla tradizione conservatrice del [[liberalismo]] italiano che frequentemente assunse anche toni aspramente reazionari. Nel suo [[liberalismo]] confluiscono la lezione del Salvemini, i contatti con [[Gramsci]] e l'importantissima esperienza torinese dei [[biennio rosso|consigli di fabbrica]] ([[1919]]-[[1920|20]]); tutti elementi che indicano la necessità di un profondo e non più prorogabile rinnovamento da attuare con una mediazione tra borghesia e mondo operaio, cioè mediante un'alleanza con i gruppi più avanzati del proletariato nei quali egli vide le forze responsabili di tale processo.
Piero Gobetti è stato un [[liberale]] anomalo, ben distante dalla tradizione conservatrice del [[liberalismo]] italiano che frequentemente assunse anche toni aspramente reazionari. Nel suo [[liberalismo]] confluiscono la lezione del Salvemini, i contatti con [[Gramsci]] e l'importantissima esperienza torinese dei [[biennio rosso|consigli di fabbrica]] ([[1919]]-[[1920|20]]); tutti elementi che indicano la necessità di un profondo e non più prorogabile rinnovamento da attuare con una mediazione tra borghesia e mondo operaio, cioè mediante un'alleanza con i gruppi più avanzati del proletariato nei quali egli vide le forze responsabili di tale processo.
Egli descrive così le [[biennio rosso|occupazioni delle fabbriche]]:
Egli descrive così le [[biennio rosso|occupazioni delle fabbriche]]:
:«Qui siamo in piena rivoluzione. Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un mondo nuovo [...] il mio posto sarebbe necessariamente dalla parte che ha più religiosità e volontà di sacrificio. La rivoluzione si pone oggi in tutto il suo carattere religioso [...] Si tratta di un vero e proprio grande tentativo di realizzare non il collettivismo ma una organizzazione del lavoro in cui gli operai o almeno i migliori di essi siano quel che sono oggi gli industriali...si può rinnovare lo Stato solo se la nazione ha in sé certe energie (come ora appunto accade) che improvvisamente da oscure si fanno chiare e acquistano possibilità e volontà di espansione». <ref>''Nella tua breve esistenza'', cit., ll. 375-376 e 385</ref>
:«Qui siamo in piena rivoluzione. Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un mondo nuovo [...] il mio posto sarebbe necessariamente dalla parte che ha più religiosità e volontà di sacrificio. La rivoluzione si pone oggi in tutto il suo carattere religioso [...] Si tratta di un vero e proprio grande tentativo di realizzare non il collettivismo ma una organizzazione del lavoro in cui gli operai o almeno i migliori di essi siano quel che sono oggi gli industriali...si può rinnovare lo Stato solo se la nazione ha in sé certe energie (come ora appunto accade) che improvvisamente da oscure si fanno chiare e acquistano possibilità e volontà di espansione». <ref>''Nella tua breve esistenza'', cit., ll. 375-376 e 385</ref>
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Come Gramsci, Gobetti pensa ad una nuova cultura e ad una nuova figura dell'intellettuale, per questo si dedicò con uguale impegno nel campo letterario e in quello politico-sociale: ''[[La Rivoluzione Liberale]]'', rivista che uscì come primo numero il [[12 febbraio]] [[1922]], si dedicava soprattutto a temi storico-politici, mentre ''Il Baretti'' <ref name="ciccio">Riferimento a Giuseppe Baretti, letterato italiano vissuto a lungo all'estero, e alla sua rivista ''La Frusta'' letteraria, esempio di polemica vivace e irriverente.</ref> si concentrava soprattutto su [[letteratura]] ed [[estetica]]. L'obiettivo era sempre quello di formare una classe politica culturalmente e politicamente nuova, ma anche di osteggiare l'avanzata del [[fascismo]]:
Come Gramsci, Gobetti pensa ad una nuova cultura e ad una nuova figura dell'intellettuale, per questo si dedicò con uguale impegno nel campo letterario e in quello politico-sociale: ''[[La Rivoluzione Liberale]]'', rivista che uscì come primo numero il [[12 febbraio]] [[1922]], si dedicava soprattutto a temi storico-politici, mentre ''Il Baretti'' <ref name="ciccio">Riferimento a Giuseppe Baretti, letterato italiano vissuto a lungo all'estero, e alla sua rivista ''La Frusta'' letteraria, esempio di polemica vivace e irriverente.</ref> si concentrava soprattutto su [[letteratura]] ed [[estetica]]. L'obiettivo era sempre quello di formare una classe politica culturalmente e politicamente nuova, ma anche di osteggiare l'avanzata del [[fascismo]]:
:«In Gobetti l'idealismo era soprattutto tragico, la persuasione che la battaglia deve essere affrontata, non elusa e che è troppo facile attendere dal tempo soluzioni di compromesso.» (Eugenio Montale)
:«In Gobetti l'idealismo era soprattutto tragico, la persuasione che la battaglia deve essere affrontata, non elusa e che è troppo facile attendere dal tempo soluzioni di compromesso.» (Eugenio Montale)
La rivoluzione liberale per Gobetti deve assolvere la funzione di creare una nuova classe dirigente, perché «il liberalismo ha elaborato un concetto della politica come disinteresse dell'uomo di governo di fronte al popolo interessato... Solo attraverso la lotta di classe il liberalismo può dimostrare le sue ricchezze...Essa è lo strumento infallibile per la formazione di nuove élites, la vera leva, sempre operante, del rinnovamento popolare».
La rivoluzione [[liberale]] per Gobetti deve assolvere la funzione di creare una nuova classe dirigente, perché «il liberalismo ha elaborato un concetto della politica come disinteresse dell'uomo di governo di fronte al popolo interessato... Solo attraverso la lotta di classe il liberalismo può dimostrare le sue ricchezze...Essa è lo strumento infallibile per la formazione di nuove élites, la vera leva, sempre operante, del rinnovamento popolare».


=== L'antifascismo ===
=== L'antifascismo ===
: «Il mussolinismo è [...] un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l'abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza.» <ref>[http://it.wikiquote.org/wiki/Piero_Gobetti#La_rivoluzione_liberale La Rivoluzione Liberale]</ref>
: «Il mussolinismo è [...] un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l'abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza.» <ref>[http://it.wikiquote.org/wiki/Piero_Gobetti#La_rivoluzione_liberale La Rivoluzione Liberale]</ref>
: «Il fascismo è il governo che si merita un'Italia di disoccupati e di parassiti ancora lontana dalle moderne forme di convivenza democratiche e liberali, e che per combatterlo bisogna lavorare per una rivoluzione integrale, dell'economia come delle coscienze.» (da ''Scritti attuali'')
: «Il fascismo è il governo che si merita un'Italia di disoccupati e di parassiti ancora lontana dalle moderne forme di convivenza democratiche e liberali, e che per combatterlo bisogna lavorare per una rivoluzione integrale, dell'economia come delle coscienze.» (da ''Scritti attuali'')
: «Il nostro antifascismo non è l'adesione a un'ideologia, ma qualcosa di più ampio, così connaturale con noi che potremmo dirlo fisiologicamente innato [...] Il fascismo in Italia è una catastrofe, è un'indicazione di infanzia decisiva, perché segna il trionfo della facilità, della fiducia, dell'ottimismo, dell'entusiasmo. Si può ragionare del Ministero Mussolini come di un fatto di ordinaria amministrazione. Ma il fascismo è stato qualcosa di più; è stato l'autobiografia della nazione, una nazione che cresce alla collaborazione delle classi; che rinuncia per pigrizia alla lotta politica, è una nazione che vale poco. Confessiamo di aver sperato che la lotta tra fascisti e socialcomunisti dovesse continuare senza posa: e pensammo nel settembre del 1920 e pubblicammo nel febbraio scorso La Rivoluzione Liberale con un senso di gioia, per salutare auguralmente la lotta politica che attraverso tante corruzioni, corrotta essa stessa, pur nasceva [...] Né Mussolini né Vittorio Emanuele Savoia hanno virtù di padroni, ma gli italiani hanno bene animo di schiavi [...] Io ho atteso ansiosamente che venissero le persecuzioni personali perché dalle nostre sofferenze rinascesse uno spirito, perché nel sacrificio dei suoi sacerdoti questo popolo riconoscesse se stesso e bisogna sperare (ahimè con quanto scetticismo) che i tiranni siano tiranni, che la reazione sia reazione, che ci sia chi avrà il coraggio d levare la ghigliottina, che si mantengano le posizioni sino in fondo. Si può valorizzare il regime; si può cercare di ottenere tutti i frutti: chiediamo le frustate perché qualcuno si svegli, chiediamo il boia perché si possa veder chiaro.» (''Elogio della ghigliottina'', in «La Rivoluzione Liberale», [[23 novembre]] [[1922]], Anno I, N° 34)
: «Il nostro antifascismo non è l'adesione a un'ideologia, ma qualcosa di più ampio, così connaturale con noi che potremmo dirlo fisiologicamente innato [...] Il fascismo in Italia è una catastrofe, è un'indicazione di infanzia decisiva, perché segna il trionfo della facilità, della fiducia, dell'ottimismo, dell'entusiasmo. Si può ragionare del Ministero Mussolini come di un fatto di ordinaria amministrazione. Ma il fascismo è stato qualcosa di più; è stato l'autobiografia della nazione, una nazione che cresce alla collaborazione delle classi; che rinuncia per pigrizia alla lotta politica, è una nazione che vale poco. Confessiamo di aver sperato che la lotta tra fascisti e socialcomunisti dovesse continuare senza posa: e pensammo nel settembre del 1920 e pubblicammo nel febbraio scorso La Rivoluzione Liberale con un senso di gioia, per salutare auguralmente la lotta politica che attraverso tante corruzioni, corrotta essa stessa, pur nasceva [...] Né Mussolini né Vittorio Emanuele Savoia hanno virtù di padroni, ma gli italiani hanno bene animo di schiavi [...] Io ho atteso ansiosamente che venissero le persecuzioni personali perché dalle nostre sofferenze rinascesse uno spirito, perché nel sacrificio dei suoi sacerdoti questo popolo riconoscesse stesso e bisogna sperare (ahimè con quanto scetticismo) che i tiranni siano tiranni, che la reazione sia reazione, che ci sia chi avrà il coraggio d levare la ghigliottina, che si mantengano le posizioni sino in fondo. Si può valorizzare il regime; si può cercare di ottenere tutti i frutti: chiediamo le frustate perché qualcuno si svegli, chiediamo il boia perché si possa veder chiaro.» (''Elogio della ghigliottina'', in «La Rivoluzione Liberale», [[23 novembre]] [[1922]], Anno I, N° 34)


=== Rapporti epistolari con Camillo Berneri ===
=== Rapporti epistolari con Camillo Berneri ===
L'anarchico italiano [[Camillo Berneri]] sviluppò diversi rapporti epistolari con personalità legate al mondo dell'[[antifascismo]] non necessariamente anarchiche, tra cui appunto Piero Gobetti. Non sono molto conosciuti gli effettivi rapporti tra i due, riguardo per esempio alla conoscenza diretta, le frequentazioni, ecc., tuttavia tra i due esistevano notevoli affinità riguardo le loro posizioni politico-culturali pur muovendosi in ambiti diversi. La lettera, spedita da Berneri a Piero Gobetti dimostrano alcune affinità esistenti tra i due:
L'anarchico italiano [[Camillo Berneri]] sviluppò diversi rapporti epistolari con personalità legate al mondo dell'[[antifascismo]] non necessariamente anarchiche, tra cui appunto Piero Gobetti. Non sono molto conosciuti gli effettivi rapporti tra i due, riguardo per esempio alla conoscenza diretta, le frequentazioni ecc., tuttavia tra i due esistevano notevoli affinità riguardo le loro posizioni politico-culturali pur muovendosi in ambiti diversi. La lettera, spedita da Berneri a Piero Gobetti dimostrano alcune affinità esistenti tra i due:


:«Caro Gobetti,<br />
:«Caro Gobetti,<br />
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:L'errore in cui è caduto il Mosca è interessante, poiché dimostra come sia sfuggito a molti studiosi della storia del socialismo questa verità: che il collettivismo dell'Internazionale ebbe un valore essenzialmente critico. Fatto che è stato negato anche da alcuni anarchici, come da Luigi Fabbri, che sostiene essere l'anarchismo “''tradizionalmente e storicamente socialista''” in quanto ha per base della sua dottrina economica “''la sostituzione della proprietà socializzata alla proprietà individuale''” (cfr. Lettere ad un socialista; Pensiero - 1910, n. 14, p. 213).
:L'errore in cui è caduto il Mosca è interessante, poiché dimostra come sia sfuggito a molti studiosi della storia del socialismo questa verità: che il collettivismo dell'Internazionale ebbe un valore essenzialmente critico. Fatto che è stato negato anche da alcuni anarchici, come da Luigi Fabbri, che sostiene essere l'anarchismo “''tradizionalmente e storicamente socialista''” in quanto ha per base della sua dottrina economica “''la sostituzione della proprietà socializzata alla proprietà individuale''” (cfr. Lettere ad un socialista; Pensiero - 1910, n. 14, p. 213).


:Basta una rapida scorsa alla storia della Internazionale per smentire questa affermazione. L'Internazionale nacque in Francia, nell'atmosfera ideologica del mutualismo proudhoniano, e, come dice Marx in una sua lettera relativa al Congresso di Ginevra (1866), non aveva, nel suo primo tempo, espressa alcuna idea collettivista né comunista. Il rapporto Longuet nel Congresso di Losanna (1867) dimostra che Proudhon dominava ancora. E tale dominio si riscontra nel Congresso di Bruxelles (1868), in cui, tuttavia, si affacciò l'idea collettivista, ma in modo generico e limitata alla proprietà fondiaria e alle vie di comunicazione. La collettivizzazione affermata nel IV Congresso, quello di Basilea (1869), fu limitata al suolo. L'influenza praudhoniana, dunque, è parallela all'anti-comunismo e all'anti-collettivismo.
:Basta una rapida scorsa alla storia della [[I Internazionale]] per smentire questa affermazione. L'Internazionale nacque in Francia, nell'atmosfera ideologica del mutualismo proudhoniano, e, come dice Marx in una sua lettera relativa al Congresso di Ginevra (1866), non aveva, nel suo primo tempo, espressa alcuna idea collettivista né comunista. Il rapporto Longuet nel Congresso di Losanna (1867) dimostra che Proudhon dominava ancora. E tale dominio si riscontra nel Congresso di Bruxelles (1868), in cui, tuttavia, si affacciò l'idea collettivista, ma in modo generico e limitata alla proprietà fondiaria e alle vie di comunicazione. La collettivizzazione affermata nel IV Congresso, quello di Basilea (1869), fu limitata al suolo. L'influenza praudhoniana, dunque, è parallela all'anti-comunismo e all'anti-collettivismo.
[[Image:Camillo Berneri_2.jpg|left|thumb|[[Camillo Berneri]]]]
[[Image:Camillo Berneri_2.jpg|left|thumb|[[Camillo Berneri]]]]
Al collettivismo aderirono Bakounine e seguaci; ma vedendo in esso più che un progetto di forma economica, una formula di negazione della proprietà capitalista. Bakounine era entusiasta di Proudhon. Egli (Cfr. Oeuvres, I, 13-26-29) esalta il liberismo nord-americano [non erano ancora sorti i trusts], e dice “''La libertà dell'industria e del commercio è certamente una gran cosa, ed è una delle basi essenziali della futura alleanza internazionale fra tutti i popoli del mondo''.” E ancora: ''I paesi d'Europa ove il commercio e l'industria godono comparativamente della più grande libertà, hanno raggiunto il più alto grado di sviluppo''.” L'entusiasmo per il liberismo non gli impedisce di riconoscere che fino a quando esisteranno i governi accentrati e il lavoro sarà servo del capitale “''la libertà economica non sarà direttamente vantaggiosa che alla borghesia.''” In quel direttamente vi è una seconda riserva. Infatti egli vedeva nella libertà economica una molla di azione per la classe borghese, che egli afferma essere ingiusto considerare estranea al lavoro (Cfr. ''Oeuvres'', I, pp. 30 e segg.), e non poteva non riconoscere la funzione storica del capitalismo attivo. Interessanti sono anche i motivi delle simpatie del B. per il liberalismo nord-americano, poiché ci spiegano che cosa egli intendesse per proprietà.
Al collettivismo aderirono Bakounine e seguaci; ma vedendo in esso più che un progetto di forma economica, una formula di negazione della proprietà capitalista. Bakounine era entusiasta di Proudhon. Egli (Cfr. Oeuvres, I, 13-26-29) esalta il liberismo nord-americano [non erano ancora sorti i trusts], e dice “''La libertà dell'industria e del commercio è certamente una gran cosa, ed è una delle basi essenziali della futura alleanza internazionale fra tutti i popoli del mondo''.” E ancora: ''I paesi d'Europa ove il commercio e l'industria godono comparativamente della più grande libertà, hanno raggiunto il più alto grado di sviluppo''.” L'entusiasmo per il liberismo non gli impedisce di riconoscere che fino a quando esisteranno i governi accentrati e il lavoro sarà servo del capitale “''la libertà economica non sarà direttamente vantaggiosa che alla borghesia.''” In quel direttamente vi è una seconda riserva. Infatti egli vedeva nella libertà economica una molla di azione per la classe borghese, che egli afferma essere ingiusto considerare estranea al lavoro (Cfr. ''Oeuvres'', I, pp. 30 e segg.), e non poteva non riconoscere la funzione storica del capitalismo attivo. Interessanti sono anche i motivi delle simpatie del B. per il liberalismo nord-americano, poiché ci spiegano che cosa egli intendesse per proprietà.


:Il B. fa presente che il sistema liberista nord-americano “''attira ogni anno centinaia di migliaia di coloni energici, industriosi ed intelligenti,''” e non si impressiona punto all'idea che costoro divengano, o tentino divenire, proprietari.
:Il B. fa presente che il sistema [[liberista]] nord-americano “''attira ogni anno centinaia di migliaia di coloni energici, industriosi ed intelligenti,''” e non si impressiona punto all'idea che costoro divengano, o tentino divenire, proprietari.


:Anzi, si compiace che vi siano coloni che emigrano nel Far West e vi dissodino la terra, dopo essersela appropriata, e nota che “''la presenza di terre libere e la possibilità per l'operaio di diventare proprietario, mantiene i salari ad una notevole altezza ed assicura l'indipendenza del lavoratore''” (Cfr. Oeuvres, I, 29).
:Anzi, si compiace che vi siano coloni che emigrano nel Far West e vi dissodino la terra, dopo essersela appropriata, e nota che “''la presenza di terre libere e la possibilità per l'operaio di diventare proprietario, mantiene i salari ad una notevole altezza ed assicura l'indipendenza del lavoratore''” (Cfr. Oeuvres, I, 29).
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*Giuseppe Prezzolini, ''Gobetti e «La Voce»'', Firenze, Sansoni, 1971
*Giuseppe Prezzolini, ''Gobetti e «La Voce»'', Firenze, Sansoni, 1971
*Manlio Brosio, ''Riflessioni su Piero Gobetti'', Quaderni della Gioventù liberale italiana di Torino, 6, 1974
*Manlio Brosio, ''Riflessioni su Piero Gobetti'', Quaderni della Gioventù [[liberale]] italiana di Torino, 6, 1974
*Antonio Carlino, ''Politica e dialettica in Piero Gobetti'', Lecce, Milella, 1981  
*Antonio Carlino, ''Politica e dialettica in Piero Gobetti'', Lecce, Milella, 1981  
*Paolo Bagnoli, ''Piero Gobetti. Cultura e politica di un liberale del Novecento'', Firenze, Passigli, 1984  
*Paolo Bagnoli, ''Piero Gobetti. Cultura e politica di un [[liberale]] del Novecento'', Firenze, Passigli, 1984  
*AA. VV., ''Piero Gobetti e la Francia'', Milano, Franco Angeli, 1985
*AA. VV., ''Piero Gobetti e la Francia'', Milano, Franco Angeli, 1985
*Luigi Anderlini, ''Gobetti critico'', in ''Letteratura italiana. I critici'', vol. V, Milano, Marzorati, 1987, pp. 3233-3251
*Luigi Anderlini, ''Gobetti critico'', in ''Letteratura italiana. I critici'', vol. V, Milano, Marzorati, 1987, pp. 3233-3251
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== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
*[[Liberalismo]]
*[[Liberalismo]]
*[[Camillo Berneri]]
== Collegamenti esterni ==
== Collegamenti esterni ==
*[http://www.centrogobetti.it/ Il Centro Studi Piero Gobetti]
*[http://www.centrogobetti.it/ Il Centro Studi Piero Gobetti]
*[http://www.erasmo.it/liberale La Rivoluzione Liberale online]
*[http://www.erasmo.it/liberale La Rivoluzione Liberale online]
*[https://www.anarcopedia.org/index.php/Camillo_Berneri Camillo Berneri un anarchico tra Antonio Gramsci e Piero Gobetti]


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