66 514
contributi
K2 (discussione | contributi) m (Sostituzione testo - "Genova" con "Genova") |
K2 (discussione | contributi) |
||
Riga 72: | Riga 72: | ||
Essi erano negatori della morale e indirizzati verso i principi dionisiaci: danza, riso, leggerezza. Essi spesso si richiamavano a [[Nietzsche]], ma non perché appartenessero alla destra retrograda e nazionalista, bensì perché del filosofo tedesco essi recepivano un aspetto libertario e nemico dello ''status quo''. Per questo al dovere essi preferivano il piacere, alla tradizione la trasgressione, al culto del lavoro quello di lavorare il meno possibile; il ribellismo, la [[amore libero|libertà sessuale]], l'omosessualità, l'uso della droga, il nudismo, il rifiuto delle [[carcere|carceri]] e della [[psichiatria]] erano tutti valori che avrebbero dovuto costituire le fondamenta di una nuova società, ma che le cannonate del «Natale di Sangue» spazzarono via definitivamente. | Essi erano negatori della morale e indirizzati verso i principi dionisiaci: danza, riso, leggerezza. Essi spesso si richiamavano a [[Nietzsche]], ma non perché appartenessero alla destra retrograda e nazionalista, bensì perché del filosofo tedesco essi recepivano un aspetto libertario e nemico dello ''status quo''. Per questo al dovere essi preferivano il piacere, alla tradizione la trasgressione, al culto del lavoro quello di lavorare il meno possibile; il ribellismo, la [[amore libero|libertà sessuale]], l'omosessualità, l'uso della droga, il nudismo, il rifiuto delle [[carcere|carceri]] e della [[psichiatria]] erano tutti valori che avrebbero dovuto costituire le fondamenta di una nuova società, ma che le cannonate del «Natale di Sangue» spazzarono via definitivamente. | ||
=== La presa di posizione di | === La presa di posizione di «[[Umanità Nova]]» e delle organizzazioni anarchiche=== | ||
L'ala rivoluzionaria dei legionari, benché non propriamente anarchica, fu comunque influenzata dall'[[anarchia]] e da tutte le correnti rivoluzionarie della sinistra come il [[bolscevismo]]. Queste influenze sono peraltro evidenziate dal tentativo da parte di questi fiumani di contattare [[Errico Malatesta]] (quando nel [[1920]] l'anarchico fu arrestato insieme ad altri militanti, molti futuristi e legionari gli mandarono la propria [[solidarietà]]), i [[socialisti rivoluzionari]] e persino [[Lenin]]. Il giornale «La Testa di Ferro», diretto da [[Mario Carli]], divenne il loro organo ufficiale. | L'ala rivoluzionaria dei legionari, benché non propriamente anarchica, fu comunque influenzata dall'[[anarchia]] e da tutte le correnti rivoluzionarie della sinistra come il [[bolscevismo]]. Queste influenze sono peraltro evidenziate dal tentativo da parte di questi fiumani di contattare [[Errico Malatesta]] (quando nel [[1920]] l'anarchico fu arrestato insieme ad altri militanti, molti futuristi e legionari gli mandarono la propria [[solidarietà]]), i [[socialisti rivoluzionari]] e persino [[Lenin]]. Il giornale «La Testa di Ferro», diretto da [[Mario Carli]], divenne il loro organo ufficiale. | ||
[[File:Bandieraliberarepubblicadifiume.JPG|195px|thumb|left|Altra bandiera della Reggenza Italiana del Carnaro.]] | [[File:Bandieraliberarepubblicadifiume.JPG|195px|thumb|left|Altra bandiera della Reggenza Italiana del Carnaro.]] | ||
Riga 78: | Riga 78: | ||
: «Il quotidiano anarchico è il primo dei giornali sovversivi che ci manda un suo inviato speciale e che non si accontenta, per giudicarci, delle menzogne dei vari Zanella autonomi o comunisti. Rileviamo con piacere l'atto di onestà politica dell'organo di Malatesta» («La Testa di Ferro», [[6 giugno]] [[1920]]). | : «Il quotidiano anarchico è il primo dei giornali sovversivi che ci manda un suo inviato speciale e che non si accontenta, per giudicarci, delle menzogne dei vari Zanella autonomi o comunisti. Rileviamo con piacere l'atto di onestà politica dell'organo di Malatesta» («La Testa di Ferro», [[6 giugno]] [[1920]]). | ||
Scegliendo di parlare con | Scegliendo di parlare con «[[Umanità Nova]]» e accettando l'intervista dell'anarchico [[Randolfo Vella]], D'Annunzio affermò di essere «per il comunismo senza dittatura»; perplesso e meravigliato per l'affermazione, Vella domandò: «lei per il comunismo?». «Nessuna meraviglia, perché tutta la mia cultura è anarchica» - replicò D'Annunzio - «e poiché in me è radicata la convinzione che, dopo quest'ultima guerra, la storia scioglierà un novello volo verso un audacissimo progresso». Vella ribadì che «il suo sbarco a Fiume, più che comunista ed internazionalista», lo rivelava «ultranazionazionalista». «È mia intenzione» - rispose D'Annunzio - «di fare di questa città un'isola spirituale dalla quale possa irradiare un'azione, eminentemente comunista, verso tutte le nazioni oppresse. Io ho bisogno di non essere calunniato da voi sovversivi; poi vedrete che la mia opera non è nazionalista». <ref name="gabriele">Intervista a [[Gabriele D'Annunzio]], [[Umanità Nova]], [[9 giugno]] [[1920]].</ref> | ||
La permanenza di Vella a Fiume e i resoconti inviati a Milano, alla sede di «[[Umanità Nova]]», non migliorarono il giudizio della stampa anarchica nei confronti di D'Annunzio, ed essa continuò non solo ad essere sospettosa, ma giunse a denunciare pubblicamente, con forti attacchi, le scelte del poeta. Il [[20 luglio]] vennero posti in risalto, ancora una volta, i problemi degli operai fiumani e l'incompetenza di D'Annunzio nel non riuscire a migliorare le condizioni dei lavoratori. <ref>«La tragicommedia di Fiume, anziché giungere alla fase risolutiva, tende a perpetuarsi sotto gli auspici del governo italiano, il quale assiste passivo, ed interviene solo quando deve pagare la nota delle spese presentata dal divino cantore. La stampa sovversiva ed i deputati socialisti alla Camera strepitano invano: il governo della borghesia ha tutto l'interesse che D'Annunzio continui la sua parte di tragicomico sulle scene di Fiume; e perciò paga e chiude gli occhi alle vergogne e alle sopraffazioni che pochi capitalisti | La permanenza di Vella a Fiume e i resoconti inviati a Milano, alla sede di «[[Umanità Nova]]», non migliorarono il giudizio della stampa anarchica nei confronti di D'Annunzio, ed essa continuò non solo ad essere sospettosa, ma giunse a denunciare pubblicamente, con forti attacchi, le scelte del poeta. Il [[20 luglio]] vennero posti in risalto, ancora una volta, i problemi degli operai fiumani e l'incompetenza di D'Annunzio nel non riuscire a migliorare le condizioni dei lavoratori. <ref>«La tragicommedia di Fiume, anziché giungere alla fase risolutiva, tende a perpetuarsi sotto gli auspici del governo italiano, il quale assiste passivo, ed interviene solo quando deve pagare la nota delle spese presentata dal divino cantore. La stampa sovversiva ed i deputati socialisti alla Camera strepitano invano: il governo della borghesia ha tutto l'interesse che D'Annunzio continui la sua parte di tragicomico sulle scene di Fiume; e perciò paga e chiude gli occhi alle vergogne e alle sopraffazioni che pochi capitalisti | ||
esercitano su una popolazione affamata e sanguinante. In quella città martoriata si soffre, si muore» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', | esercitano su una popolazione affamata e sanguinante. In quella città martoriata si soffre, si muore» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «[[Umanità Nova]]», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> A D'Annunzio venne nuovamente rimproverato di essere sceso a patti col Consiglio nazionale fiumano, quest'ultimo accusato di tutelare gli interessi dei capitalisti fiumani. <ref>«I capitalisti fiumani, con a capo i membri del Consiglio nazionale, che dopo il concordato con il comandante D'Annunzio, dovevano agli operai assegnare un salario medio di L. 13; ora che hanno avuto la rivincita, ora che sono più forti, ritornano alle vecchie tabelle e pagano la fatica dei lavoratori a cinque a sei lire al giorno. Quando si pensa che a Fiume i generi di prima necessità, tranne che il pane, sono i più cari d'Italia. | ||
Quando si pensa che per l'arenamento delle industrie e del commercio, in una famiglia non lavora che uno solo, è facile comprendere in quale miseria si dibattano i lavoratori, mentre giungono alle loro orecchie le note allegre delle fanfare dannunziane» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', | Quando si pensa che per l'arenamento delle industrie e del commercio, in una famiglia non lavora che uno solo, è facile comprendere in quale miseria si dibattano i lavoratori, mentre giungono alle loro orecchie le note allegre delle fanfare dannunziane» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «[[Umanità Nova]]», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> Vella non fece a meno di elencare i personaggi più «filo bolscevichi» di cui si circondò D'Annunzio con lo scopo di sciogliere il Consiglio nazionale e liberarsi di quest'ultimo per governare autonomamente. <ref>«Quando governava “Cagoja”, lo scagliatore di fulmini sull'impresa fiumana, il comandante poeta, circondandosi di elementi sovversivi quali: Sissa (ex segretario di Bela Kun), Kochnitzky, Coselchi, ed altri ufficiali più o meno ribelli, aveva progettato di sciogliere il Consiglio nazionale e d'instaurare a Fiume i Soviety; redigendo a questo scopo un programma comunista. Anche col nuovo governo è salito il “brigante”, il “traditore”, che al capo gabinetto De Ambris promette di togliere il blocco, di venire a certi negoziati, di annettere al più presto possibile la città che doveva essere l'isola spirituale dalla quale doveva irradiare il comunismo , il poeta cambia rima, e non solo non scioglie il Consiglio nazionale, ma dà a questo una più indiscutibile libertà di sopraffazione» ([[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «[[Umanità Nova]]», [[20 luglio]] [[1920]]).</ref> Il giornalista giunse alla conclusione che Fiume era «diventata una città autocrate, dove il questore Giuseppe Dorini (sotto il governo austro ungarico Dorie) impera col pugno di ferro; e dove D'Annunzio disinvolto passa da un'incoerenza all'altra, credendo che sul campo della realtà si agisca come sui campi... dell'immaginazione». Vella si espresse parlando a nome degli anarchici italiani: | ||
«Noi anarchici pensiamo che è il momento di cessare simili vergogne; e che si lasci a Fiume quella libertà che né l'Italia né le a ltri nazioni borghesi potranno mai concederle». Seguì il commento della redazione: «Di quello che ci racconta il Vella non ci meravigliamo. Da D'Annunzio non c'era da aspettarsi altro». <ref>[[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', | «Noi anarchici pensiamo che è il momento di cessare simili vergogne; e che si lasci a Fiume quella libertà che né l'Italia né le a ltri nazioni borghesi potranno mai concederle». Seguì il commento della redazione: «Di quello che ci racconta il Vella non ci meravigliamo. Da D'Annunzio non c'era da aspettarsi altro». <ref>[[Randolfo Vella]], ''La vergogna di Fiume'', «[[Umanità Nova]]», [[20 luglio]] [[1920]].</ref> | ||
Istituita l'[[8 settembre]] la Reggenza del Carnaro, | Istituita l'[[8 settembre]] la Reggenza del Carnaro, «[[Umanità Nova]]» non mancò di commentare la notizia, pubblicando un articolo in prima pagina dieci giorni dopo l'evento: | ||
:«Poiché ogni tanto il pubblico, seccato della commedia fiumana, se ne disinteressa, e tutto minaccia di finire tra la generale indifferenza, il divo e immaginifico Vate dell'Italia futurista ne pensa qualche altra, che valga a richiamar l'attenzione e a far voltare la testa alla gente che passa. Tempo fa voleva fare di Fiume una repubblichetta bolscevica... per decreto reale; adesso ne fa una Reggenza. Abbiamo letto tempo fa nei giornaletti clandestini del fascismo quel lungo sproloquio da manicomio, misto di reminiscenze medioevali e di luoghi comuni modernissimi che voleva arieggiare una forma di legislazione assai buffa, in quanto ogni articolo di legge era qualcosa di vago e impreciso; buono per tutti i gusti, imitante un po' di salmi di Davide e un po' di sfoghi di Zarathustra. Con quel parto cerebrale pareva che D'Annunzio volesse dare le dimissioni da persona intelligente... Vero è che D'Annunzio è un intellettuale; e spesso gli intellettuali sono tutt'altro che intelligenti. Si possono scrivere volumi di bei versi e di prosa cesellata senza essere obbligati a capire come si sta al mondo, e che cosa sia la vita dei popoli. Quale “costituzione” possa essere immaginata da cervelli simili ognuno comprende. Anzi... non ci capisce niente!» <ref>''La Reggenza di Fiume'', | :«Poiché ogni tanto il pubblico, seccato della commedia fiumana, se ne disinteressa, e tutto minaccia di finire tra la generale indifferenza, il divo e immaginifico Vate dell'Italia futurista ne pensa qualche altra, che valga a richiamar l'attenzione e a far voltare la testa alla gente che passa. Tempo fa voleva fare di Fiume una repubblichetta bolscevica... per decreto reale; adesso ne fa una Reggenza. Abbiamo letto tempo fa nei giornaletti clandestini del fascismo quel lungo sproloquio da manicomio, misto di reminiscenze medioevali e di luoghi comuni modernissimi che voleva arieggiare una forma di legislazione assai buffa, in quanto ogni articolo di legge era qualcosa di vago e impreciso; buono per tutti i gusti, imitante un po' di salmi di Davide e un po' di sfoghi di Zarathustra. Con quel parto cerebrale pareva che D'Annunzio volesse dare le dimissioni da persona intelligente... Vero è che D'Annunzio è un intellettuale; e spesso gli intellettuali sono tutt'altro che intelligenti. Si possono scrivere volumi di bei versi e di prosa cesellata senza essere obbligati a capire come si sta al mondo, e che cosa sia la vita dei popoli. Quale “costituzione” possa essere immaginata da cervelli simili ognuno comprende. Anzi... non ci capisce niente!» <ref>''La Reggenza di Fiume'', «[[Umanità Nova]]», [[18 settembre]] [[1920]].</ref> | ||
Se già la prima parte dell'articolo non aveva mostrato un giudizio positivo, la seconda rivelò una presa di posizione netta, contraria alla Reggenza, chiarendo i motivi per i quali l'impresa era stata portata avanti così a lungo: | Se già la prima parte dell'articolo non aveva mostrato un giudizio positivo, la seconda rivelò una presa di posizione netta, contraria alla Reggenza, chiarendo i motivi per i quali l'impresa era stata portata avanti così a lungo: | ||
:«Noi non conosciamo D'Annunzio personalmente, e non sappiamo se la sua stravaganza è sincera oppure è d'uno che fa il matto per furberia. Certo è, a parte ogni considerazione personale, che la cosiddetta impresa di Ronchi [...] è stata e continua ad essere una impresa del militarismo italiano, condotta con la tolleranza del governo e con l'aiuto dello Stato Maggiore dell'Esercito, che in Italia fa il comodo suo da che c'è la guerra, con o senza il consenso del governo medesimo. L'impresa ha servito sin qui a molteplici usi. Anzitutto a far proseguire la vita di oziosi e vagabondi ad una quantità d'ufficialetti, che sarebbero dovuti tornare all'odiato lavoro del pane quotidiano, dopo finita la cuccagna della guerra. Poi a tener accesa sull'altra sponda dell'Adriatico una fiammella di guerra, che servisse a mantenere intorbidate le acque in modo da permettervi la pesca agli avventurieri della politica e della finanza. Terzo, a fare di Fiume una specie di campo trincerato del movimento anti proletario, un vivaio del teppismo bianco, ricattatore con i ricchi e aggressore dei poveri, un fulcro per la dittatura militare italiana [...]. Quarto, a rompere le tasche ai cittadini fiumani, rovinandone economicamente del tutto la città. [...] Noi siamo d'opinione che Fiume, come del resto pensavamo per Trieste, la Dalmazia, ecc. non acquisterebbe proprio nulla a passare sotto al dominio italiano, che non è affatto meglio dell'ex governo austriaco. Allo stesso modo nulla guadagnerebbe dall'essere sottoposta al regime jugoslavo. [...] La sua indipendenza come città libera, pur non essendo la soluzione ideale col perdurare del regime borghese e statale, sarebbe però sempre la soluzione migliore; ed è quello che auguriamo per ora alle povere città dell'Adriatico». <ref>''La Reggenza di Fiume'', | :«Noi non conosciamo D'Annunzio personalmente, e non sappiamo se la sua stravaganza è sincera oppure è d'uno che fa il matto per furberia. Certo è, a parte ogni considerazione personale, che la cosiddetta impresa di Ronchi [...] è stata e continua ad essere una impresa del militarismo italiano, condotta con la tolleranza del governo e con l'aiuto dello Stato Maggiore dell'Esercito, che in Italia fa il comodo suo da che c'è la guerra, con o senza il consenso del governo medesimo. L'impresa ha servito sin qui a molteplici usi. Anzitutto a far proseguire la vita di oziosi e vagabondi ad una quantità d'ufficialetti, che sarebbero dovuti tornare all'odiato lavoro del pane quotidiano, dopo finita la cuccagna della guerra. Poi a tener accesa sull'altra sponda dell'Adriatico una fiammella di guerra, che servisse a mantenere intorbidate le acque in modo da permettervi la pesca agli avventurieri della politica e della finanza. Terzo, a fare di Fiume una specie di campo trincerato del movimento anti proletario, un vivaio del teppismo bianco, ricattatore con i ricchi e aggressore dei poveri, un fulcro per la dittatura militare italiana [...]. Quarto, a rompere le tasche ai cittadini fiumani, rovinandone economicamente del tutto la città. [...] Noi siamo d'opinione che Fiume, come del resto pensavamo per Trieste, la Dalmazia, ecc. non acquisterebbe proprio nulla a passare sotto al dominio italiano, che non è affatto meglio dell'ex governo austriaco. Allo stesso modo nulla guadagnerebbe dall'essere sottoposta al regime jugoslavo. [...] La sua indipendenza come città libera, pur non essendo la soluzione ideale col perdurare del regime borghese e statale, sarebbe però sempre la soluzione migliore; ed è quello che auguriamo per ora alle povere città dell'Adriatico». <ref>''La Reggenza di Fiume'', «[[Umanità Nova]]», [[18 settembre]] [[1920]].</ref> | ||
Mentre il [[28 dicembre]] D'Annunzio riuniva il Consiglio nazionale pronto ad accettare un incontro con gli emissari del governo italiano, | Mentre il [[28 dicembre]] D'Annunzio riuniva il Consiglio nazionale pronto ad accettare un incontro con gli emissari del governo italiano, «[[Umanità Nova]]» si scagliò contro i nazionalisti: | ||
:«Dopo tutto gli stessi che parlano di paese “proletario”, son quelli che ne rendono più difficile la vita, sperperandone energia e danari nella messa in scena di quella commedia da miliardari che si rappresenta a Fiume sotto la direzione del capo comico D'Annunzio! Si potrebbe dire ai nazionalisti, che se l'Italia è una nazione proletaria, smettano di farle assumere cotest'aria da gran signora... » (Quand-même, “La grande proletaria”, | :«Dopo tutto gli stessi che parlano di paese “proletario”, son quelli che ne rendono più difficile la vita, sperperandone energia e danari nella messa in scena di quella commedia da miliardari che si rappresenta a Fiume sotto la direzione del capo comico D'Annunzio! Si potrebbe dire ai nazionalisti, che se l'Italia è una nazione proletaria, smettano di farle assumere cotest'aria da gran signora... » (Quand-même, “La grande proletaria”, «[[Umanità Nova]]», [[28 dicembre]] [[1920]]). | ||
Complici nell'umiliare l'Italia, sostennero gli anarchici di | Complici nell'umiliare l'Italia, sostennero gli anarchici di «[[Umanità Nova]]», furono anche i diplomatici italiani. <ref>«È da un anno e mezzo che la nostra diplomazia copre di ridicolo l'Italia in faccia a tutto il mondo. Ormai all'estero tutti han compreso la solenne mistificazione che il governo italiano ha inscenato a danno di tutto il popolo e nessuno piglia più sul serio le scalmane patriottiche di tutta la grande stampa italiana, foraggiata largamente dalla plutocrazia pescecanesca che sta succhiando sin l'ultima goccia di sangue a questo nostro disgraziato paese. [...] La questione di Fiume è sorta a guerra terminata. I capitalisti italiani hanno allora subito compreso la grande portata di una simile questione. Finché il problema di Fiume è aperto, niente smobilitazione e quindi tutta la cosiddetta | ||
bardatura di guerra che tanti miliardi ha fruttato al pescecanismo italiano doveva continuare. [... ] Il ritardo di un mese, di un solo giorno, nella soluzione del problema di Fiume rappresenta miliardi e milioni che i pescicani continuano a sottrarre alle casse dello stato» (''Fiume e la cuccagna del capitalismo'', | bardatura di guerra che tanti miliardi ha fruttato al pescecanismo italiano doveva continuare. [... ] Il ritardo di un mese, di un solo giorno, nella soluzione del problema di Fiume rappresenta miliardi e milioni che i pescicani continuano a sottrarre alle casse dello stato» (''Fiume e la cuccagna del capitalismo'', «[[Umanità Nova]]», [[28 dicembre]] [[1920]]).</ref> Quando a Fiume le ostilità cessarono, l'attenzione della stampa anarchica si concentrò, non tanto sui ribelli sconfitti, quanto sull'azione della borghesia italiana all'interno della vicenda. Essa avrebbe potuto trarre i propri vantaggi dal conflitto appena concluso, eliminando ogni pericolo sovversivo scaturito dall'esperienza fiumana. <ref>«La tragicommedia di Fiume sarà così finita; la borghesia italiana lascerà seppellire in silenzio i “cento regolari trucidati dagli arditi” e per qualche giorno speculerà sul ribasso dei cambi, per giocare al rialzo non appena sarà noto che il nuovo partito comunista avrà | ||
raccolto intorno a sé centomila aderenti! Perché tutta la logica borghese la logica del portafoglio è ferrea e precisa. [...] La borghesia italiana nella sua stragrande maggioranza si è schierata con il | raccolto intorno a sé centomila aderenti! Perché tutta la logica borghese la logica del portafoglio è ferrea e precisa. [...] La borghesia italiana nella sua stragrande maggioranza si è schierata con il | ||
rinunciatario e disfattista Giolitti contro l'italianissimo e puro patriota D'Annunzio: per questo vuole ad ogni costo con poco o molto spargimento di sangue non importa finirla con le gesta del pazzo poeta. | rinunciatario e disfattista Giolitti contro l'italianissimo e puro patriota D'Annunzio: per questo vuole ad ogni costo con poco o molto spargimento di sangue non importa finirla con le gesta del pazzo poeta. | ||
La borghesia vuol vivere in pace, vuole digerire tranquillamente il danaro insanguinato accumulato durante la guerra senza essere disturbata; che siano socialisti, anarchici, futuristi, poeti od arditi che la disturbano, al la borghesia non importa, ed essa distingue solo tra gli uni e gli altri per condannare i sovversivi a vent'anni, e i ribelli borghesi a venti giorni!» (''La logica borghese'', | La borghesia vuol vivere in pace, vuole digerire tranquillamente il danaro insanguinato accumulato durante la guerra senza essere disturbata; che siano socialisti, anarchici, futuristi, poeti od arditi che la disturbano, al la borghesia non importa, ed essa distingue solo tra gli uni e gli altri per condannare i sovversivi a vent'anni, e i ribelli borghesi a venti giorni!» (''La logica borghese'', «[[Umanità Nova]]», [[31 dicembre]] [[1920]]).</ref> | ||
=== Rapporti tra anarchici e futuristi fiumani=== | === Rapporti tra anarchici e futuristi fiumani=== |