Umanità Nova: differenze tra le versioni

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:«I capi fascisti, responsabili della rovina d'Italia, approfittando della debolezza a loro riguardo dimostrata dal governo Badoglio, hanno potuto rifugiarsi in Germania presso i loro degni compari, i nazisti, assassini del popolo tedesco, da dove diramano a mezzo radio l'ordine agli squadristi italiani di aiutare in tutti i modi i tedeschi che sono in Italia, allo scopo di far riconquistare al [[fascismo]] il potere. [...] Non esiste nella storia un esempio di più vile tradimento a danno del popolo italiano, ridotto in gran parte senza casa e privo di tutto».
:«I capi fascisti, responsabili della rovina d'Italia, approfittando della debolezza a loro riguardo dimostrata dal governo Badoglio, hanno potuto rifugiarsi in Germania presso i loro degni compari, i nazisti, assassini del popolo tedesco, da dove diramano a mezzo radio l'ordine agli squadristi italiani di aiutare in tutti i modi i tedeschi che sono in Italia, allo scopo di far riconquistare al [[fascismo]] il potere. [...] Non esiste nella storia un esempio di più vile tradimento a danno del popolo italiano, ridotto in gran parte senza casa e privo di tutto».


Con il crollo del [[fascismo]] (luglio [[1943]]) ed il successivo armistizio (settembre [[1943]]), il giornale, edito sotto la gestione della [[Federazione Anarchica Italiana]], viene subito contrassegnato, nella sua impostazione, da molte delle caratteristiche del pensiero libertario: organizzazione interna non definita in termini assolutamente rigidi, ma vincolata ai mandati congressuali, che ne stabiliscono anche le figure redazionali fisse; individuazione di una rete estesa di collaboratori frequenti; possibilità di ogni lettore di interagire con il giornale, tanto che un numero consistente degli articoli pubblicati sarà opera proprio di occasionali collaboratori; assoluta libertà circa gli argomenti da trattare e, soprattutto, riguardo al contenuto di essi; diffusione affidata in gran parte alle capacità dei militanti.  
Con il crollo del [[fascismo]] (luglio [[1943]]) ed il successivo armistizio (settembre [[1943]]), <ref>Il [[10 settembre]] [[1944]], a Firenze, il giornale aveva ripreso le pubblicazioni, ma era stato sequestrato dagli alleati liberatori e il suo tipografo, [[Lato Latini]], era stato condannato in novembre a molti mesi di prigione per averne stampato senza autorizzazione ottomila copie, dopo averlo redatto insieme a [[Ezio Puzzoli]], [[Augusto Boccone]] e [[Vittorio Monni]], sostenendo che le responsabilità degli orrori della guerra dovevano gravare, dal [[25 luglio]] in poi, anche «sulla monarchia e sul governo monarchico».</ref> il giornale, edito sotto la gestione della [[Federazione Anarchica Italiana]], viene subito contrassegnato, nella sua impostazione, da molte delle caratteristiche del pensiero libertario: organizzazione interna non definita in termini assolutamente rigidi, ma vincolata ai mandati congressuali, che ne stabiliscono anche le figure redazionali fisse; individuazione di una rete estesa di collaboratori frequenti; possibilità di ogni lettore di interagire con il giornale, tanto che un numero consistente degli articoli pubblicati sarà opera proprio di occasionali collaboratori; assoluta libertà circa gli argomenti da trattare e, soprattutto, riguardo al contenuto di essi; diffusione affidata in gran parte alle capacità dei militanti.  
[[Image:UN_geminal.jpg|thumb|300px|Una copia di ''UN'' davanti al Politeama Verdi di Carrara, città nella quale viene stampato il giornale.]]  
[[Image:UN_geminal.jpg|thumb|300px|Una copia di ''UN'' davanti al Politeama Verdi di Carrara, città nella quale viene stampato il giornale.]]  
La diffusione del giornale sarà strettamente correlata sia al tradizionale radicamento sociale degli [[anarchici]] sul territorio sia alle diverse fasi dell'evoluzione della situazione politica e sociale italiana. Con una certa approssimazione, è possibile constatare che da una tiratura di circa 13.000 copie del [[1944]], questa salì ad una media di 15.000/16.000 copie a numero, fino ad arrivare ad un massimo di 18.000, quota toccata nel [[1946]], per poi scendere progressivamente fino alle 10.000/10.500 copie dei primi anni '50. <ref>La maggior parte dei proventi (circa il 60%) era data dalla vendita diretta, mentre gli abbonamenti non superavano il 15% delle entrate; le zone di maggior diffusione erano quelle di consolidamento storico maggiore: Toscana, Lazio, Emilia-Romagna.</ref>
La diffusione del giornale sarà strettamente correlata sia al tradizionale radicamento sociale degli [[anarchici]] sul territorio sia alle diverse fasi dell'evoluzione della situazione politica e sociale italiana. Con una certa approssimazione, è possibile constatare che da una tiratura di circa 13.000 copie del [[1944]], questa salì ad una media di 15.000/16.000 copie a numero, fino ad arrivare ad un massimo di 18.000, quota toccata nel [[1946]], per poi scendere progressivamente fino alle 10.000/10.500 copie dei primi anni '50. <ref>La maggior parte dei proventi (circa il 60%) era data dalla vendita diretta, mentre gli abbonamenti non superavano il 15% delle entrate; le zone di maggior diffusione erano quelle di consolidamento storico maggiore: Toscana, Lazio, Emilia-Romagna.</ref>

Versione delle 10:53, 24 lug 2021

Testata del primo numero di Umanità Nova.

Umanità Nova è il giornale degli anarchici fondato nel 1920, nell'ambito dell'Unione Anarchica Italiana, da Errico Malatesta, accanto al quale si possono citare, tra i numerosi collaboratori e redattori storici, Gigi Damiani, Corrado Quaglino, Carlo Frigerio, Ettore Molinari, Nella Giacomelli, Luigi Fabbri, Armando Borghi, Camillo Berneri e Virgilia D'Andrea.

Il settimanale è gestito sia sotto il profilo economico che quello redazionale dalla Federazione Anarchica Italiana ed è stampato a Carrara, presso La Cooperativa Tipolitografica, che ne garantisce l'uscita. Viene spedito in tutta Italia grazie all'opera di volontari.

La redazione di «UN» è dal 2008 una redazione collegiale nazionale, espressione di alcuni gruppi ed di alcune individualità sparse sul territorio. Il mezzo telematico è quello prediletto per lo svolgimento delle riunioni redazionali (in cui non prevale la maggioranza, ma la sintesi) e che consente, nella pratica, di realizzare con maggiore efficacia il decentramento decisionale. Vi è apertura alle collaborazioni esterne.

Storia

I primi anni

Prima pagina del primo numero di Umanità Nova del 26-27 febbraio 1920.

La storia di Umanità Nova comincia nel 1909, quando a Ettore Molinari e Nella Giacomelli viene l'idea di trasformare in giornale quotidiano il pamphlet La Protesta Umana. Nel 1911, durante un convegno nazionale, il Fascio Comunista Anarchico di Roma propone un organo nazionale che sia portavoce del movimento anarchico, che sta tornando a rafforzarsi in Italia. [1] Nell'aprile del 1919, a Firenze, in un convegno nazionale che vede partecipare gran parte delle forze anarchiche italiane, sia di parte organizzativa che antiorganizzativa, si conviene sulla necessità di stringersi in una unione: l'Unione Comunista Anarchica Italiana. La stampa viene indicata come uno dei punti cardine [2]; in questo frangente Ettore Molinari e Nella Giacomelli propongono un quotidiano nazionale ed insieme a Emilio Spinaci ottengono il via libera per verificare le possibilità concrete di realizzare un quotidiano di tutti gli anarchici e cominciare a raccogliere fondi. Il nome Umanità Nova viene dato dalla stessa Giacomelli che spiega:

«Umanità Nova è il titolo del Quotidiano anarchico in progetto, titolo mite, quasi evangelico, non intonato, qualcuno dice, al concitato respiro della società in fermento, al tumultuoso avvicendarsi di eventi, al minaccioso delinearsi di azioni violente e di propositi audaci di quest'ora che viviamo. [...] Esso abbraccia nella sua significazione completa il massimo delle nostre aspirazioni, e ci segna il cammino per pervenirvi senza deviamenti. [...] Ci incamminiamo verso l'ineluttabile. La rivoluzione non è più un sogno; il comunismo libertario è una meta raggiungibile; l'ideale anarchico non è più un'utopia. Il grido della folla che esce tumultuoso dalle officine e sale dai campi sterminati e fecondi, rappresenta la più alta delle proteste umane contro la secolare sofferenza; Spartaco si accinge a spezzare le sue catene; le coscienze insorgono per la rinnovazione del mondo. Umanità Nova, meta suprema di tutte le nostre lotte e dei nostri dolori, noi ti adottiamo come simbolo luminoso di una visione vivente, e t'innalziamo al di sopra di tutte le folle, verso tutti i cuori, faro e bandiera di luce e di libertà».

A causa del blocco dei fondi, del ritardo della corrispondenza e di un decreto-legge che contingenta la carta a tutto scapito delle nuove testate, l'uscita del giornale è resa possibile grazie all'intervento risolutivo dei lavoratori delle cave di lignite del Valdarno, che, fornendo l'energia alle cartiere, comunicano che non faranno più consegne finché le stesse non avranno garantito la carta anche a Umanità Nova.

Il 9 ottobre 1919 viene pubblicata la “Circolare-Annuncio” della redazione del quotidiano e cominciano ad arrivare i fondi: Umanità Nova parte contando su una cassa di circa 200.000 lire. Così, il 26 febbraio 1920 esce il primo numero: 4 pagine, edizione serale, costo 10 centesimi. La prima tiratura è di 9.000 copie, ma nel giro di un mese sale a 40.000 (50.000 nei momenti più caldi: in alcune zone la tiratura supera quella de l'Avanti!); solo la penuria della carta ne limita la stampa. [3] Il giro di cassa supera il milione di lire. Un successo enorme, dunque, che si riflette non solo sul movimento anarchico, ma su una più vasta area di sinistra, oramai contigua al movimento e destinata a rimanervi per parecchi mesi, finché la situazione, con il fallimento dell'occupazione delle fabbriche, non prenderà tutt'altra piega.

La linea politica e l'audacia degli anarchici nelle lotte li fanno crescere in termini numerici e di peso. Se al Congresso di Firenze del 1919 sono convenuti 145 gruppi, nel luglio del 1920, a quello di Bologna, ne aderisconoo circa 700. In campo sindacalista l'USI passa da 58.000 tesserati alla fine del 1918, a 180.000 nella prima metà del 1919 e a 300.000 nel 1920. In campo confederale gli anarchici riescono a prendere ai riformisti segreterie strategiche come quella della FIOM di Torino, con Pietro Ferrero e Maurizio Garino. È un momento di eccezionale fortuna per l'anarchismo italiano, al quale contribuisce non poco il quotidiano. Questa grande incisività si manifesta ulteriormente nel corso dell'imponente movimento delle “occupazioni delle fabbriche” da parte delle maestranze. Basta scorrere le pagine del quotidiano del settembre del 1920 per avere un'idea della grande attività degli anarchici nelle fabbriche e nelle officine occupate e gestite dai lavoratori.

Ma la repressione non tarda ad arrivare e in ottobre viene arrestata la redazione di Umanità Nova quasi al completo, mentre centinaia di arresti e perquisizioni vengono effettuate in tutta Italia contro gli anarchici ed i sindacalisti rivoluzionari. Poco dopo è l'USI ad essere decapitata con l'arresto di tutto il Consiglio Generale. La polizia, però, non riesce a capacitarsi di come il giornale possa ancora uscire tutti i giorni con la redazione al completo in galera. La risposta si chiama Gigi Damiani, che non essendo cauto nella rete, ha contattato, in clandestinità, elementi rimasti fuori dall'ondata repressiva e creato una rete che gli permette di spostarsi in continuazione. In questo modo Gigi compila il giornale, che poi raggiunge Milano, dove viene regolarmente stampato.

La censura, la persecuzione e la chiusura

Il 29 febbraio 1920, a Milano, presso la palestra delle scuole di Porta Romana, si tiene un comizio, indetto dalla Lega proletaria mutilati e invalidi di guerra, al quale prendono parte i rappresentanti della sinistra e del sindacalismo, tra i quali gli anarchici Errico Malatesta e Pasquale Binazzi e, per l'USI, Armando Borghi. Ma la pacifica dimostrazione si rivela una tragica anticipazione dell'offensiva squadrista e statale dei due anni seguenti. Infatti, i manifestanti vengono ripetutamente caricati dai carabinieri che, facendo pure fuoco coi moschetti su un tram con a bordo alcuni manifestanti, causano due morti e cinque feriti. Alla fine del 1920 Malatesta, Armando Borghi e Corrado Quaglino, ovvero alcuni dei redattori e collaboratori più importanti del quotidiano anarchico, vengono arrestati con l'accusa di «cospirazione contro lo Stato», «associazione a delinquere» e reati a mezzo stampa e parola. Affiancando i fascisti alle forze dell'ordine, la consistenza delle testate del movimento anarchico passerà così da 28 nel 1921 a 3 nel 1926.

La vicenda di Umanità Nova (prima a Milano, con pubblicazioni interrotte il 23 marzo 1921 in concomitanza dei fatti del Diana [4], poi a Roma, dove dal 14 maggio 1921 esce a periodicità settimanale e varia fino alla chiusura definitiva il 2 dicembre 1922 [5]) è puntualmente seguita e documentata con uno speciale dossier della direzione generale di Pubblica Sicurezza: per il fatto che si tratta della realizzazione di un progetto editoriale ambizioso diretto da Malatesta, per il grande successo ottenuto dalla sottoscrizione che ha preceduto l'uscita del primo numero (135.000 lire i “fondi raccolti nel Regno” al gennaio 1920) e dalla prenotazione delle copie con pagamento anticipato (lire 6 per 100 copie), per il grande battage pubblicitario fatto anche di lotterie e feste alle case del popolo e per la costituzione ovunque di “comitati pro – Umanità Nova”. L'atto finale è la denuncia da parte della questura di Roma contro venti fra ex-redattori, corrispondenti e membri del consiglio di amministrazione. A ciò si aggiunge: il sequestro di un notevole plico di corrispondenza, di opuscoli e materiale di propaganda; la confisca della cassa del giornale (5.700 lire italiane, 300 marchi, 20.000 corone e 71.328 lire disponibili sul conto corrente presso il Credito Italiano; il sequestro di tutti i registri contabili. [6]

Il 28 ottobre 1922 Vittorio Emanuele III affida l'incarico di formare un nuovo governo a Mussolini. Umanità Nova spiega così la scelta di affidare l'esecutivo al capo delle camicie nere: [7]

«La borghesia, minacciata dalla marea proletaria che montava, incapace a risolvere i problemi urgenti della guerra, impotente a difendersi coi metodi tradizionali della repressione legale, si vedeva perduta ed avrebbe salutato con gioia un qualche militare che si fosse dichiarato dittatore ed avesse affogato nel sangue ogni tentativo di riscossa» (L'imbroglio parlamentare, 21 luglio 1922 [8]).

Umanità Nova, inoltre, ritiene i socialisti tra i responsabili dell'ascesa politica del fascismo: [9]

«Piuttosto l'avvento del Fascismo deve servire di lezione ai socialisti legalitari, i quali credevano, e ahimè! credono ancora, che si possa abbattere la borghesia mediante i voti della metà più uno degli elettori, e non vollero crederci quando dicemmo loro che se mai raggiungessero la maggioranza in Parlamento e volessero - tanto per fare delle ipoteri assurde - attuare il socialismo dal Parlamento, ne sarebbero cacciati a calci nel sedere!» (Mussolini al potere, 25 novembre 1922 [10]).

Il 30 ottobre 1922, subito dopo l'occupazione fascista di Roma, i locali in via Santa Croce vengono invasi e devastati. Dopo tre settimane di sosta forzata, il 22 novembre, trovata una tipografia disposta a stampare il giornale, mentre imperversa la furia devastatrice delle camicie nere, esce l'ultimo numero (n° 196) di Umanità Nova. [9]

La rinascita nel mondo

Terminata, forzatamente, l'esperienza italiana, Umanità Nova rinasce negli USA (Brooklyn) nel 1924-1925. [11] Vengono pubblicati 18 numeri con direttore Maris Baldini, pubblicista. La lotta al fascismo e la campagna per la liberazione di Sacco e Vanzetti rappresentano altri due aspetti di cui Umanità Nova si fa fortemente carico. Numerosi gli interventi con articoli ed analisi sulla situazione italiana e sul ruolo degli anarchici in questa fase: importanti ed interessanti alcuni scritti di Camillo da Lodi (pseudonimo di Camillo Berneri), Armando Borghi e, tra gli altri, Luigi Fabbri. L'edizione americana del giornale trova subito un largo consenso nella numerosa colonia degli esuli, ne è prova il completo esaurimento delle copie già dai primi numeri. Due numeri unici di Umanità Nova vengono pubblicati in Argentina (Buenos Aires) nel 1930 e nel 1932. [12] Dal 20 ottobre 1932 al 15 aprile 1933, a Puteaux [13], vengono pubblicati 10 numeri di Umanità Nova: Camillo Berneri ed Antonio Cieri, e con loro numerosi esuli libertari, sono gli artefici della rinascita del giornale, quindicinale, che vive alterne vicende legate alla repressione del foglio da parte delle autorità francesi. Il respiro internazionale di Umanità Nova abbraccia soprattutto la Russia e la Spagna. In una nuova condizione sociale ed in una nuova fase, Umanità Nova nasce con la volontà di essere un giornale con orizzonti internazionali che apra una finestra sulle lotte operaie in ogni paese. I primi mesi del 1933 è denso di avvenimenti d'importanza internazionale. A gennaio avviene una rivolta anarchica in Spagna che si conclude con l'arresto, la tortura e l'assassinio dei rivoltosi della Federazione Anarchica Iberica; al tempo stesso (30 gennaio) in Germania Hitler va al potere con conseguenti imbavagliamento della stampa, restrizione della libertà d'associazione e repressione degli oppositori. In un momento così importante e delicato della vita sociale, Umanità Nova, in esilio, è costretta ancora una volta a cessare le pubblicazioni per ordine dell'autorità francese. La protesta vive tre soli numeri: l'ultimo porta la data del 28 marzo 1933. Il giornale riapparirà, coronando anche il sogno di Camillo Berneri, clandestino in Italia nel 1943.

La seconda guerra mondiale e la Resistenza

Risorgiamo: con questo titolo, dopo un ventennio di forzata assenza, il 10 settembre 1943 Umanità Nova riprende in clandestinità le pubblicazioni. [14] Tra il settembre 1943 e l'ottobre 1944 gli articoli sono redatti non per semplice solidarietà alla lotta di una soggettività oppressa, ma allo scopo politico di esortare alla lotta antifascista. Il monito a “nulla abdicare” della lotta partigiana viene dalla lettera aperta alle donne, quasi un manifesto politico:

«E per la realizzazione di tutto questo lottiamo e lotteremo al fianco degli uomini, senza nulla abdicare, senza mai piegare, perché i nostri figli possano vivere in un'era in cui gli uomini saranno veramente degli uomini».

La ricostituzione dei partiti, le manifestazioni di piazza e la libertà di stampa continuano ad essere proibite e represse. Un sentire collettivo, determinato da questa situazione, e una crescente rivendicazione operaia dell'uscita dalla guerra, reclamata dai grandi scioperi che avevano bloccato le fabbriche a Napoli dal 17 al 20 agosto 1943, si riscontrano in tutti gli organi di stampa del fronte antifascista: dal comunista l'Unità al socialista Avanti!, dall'azionista L'Italia libera all'anarchico Umanità Nova. [15] Ulteriori elementi di analisi e indicazioni concrete si ritrovano anche nell'articolo Fascisti e nazisti all'opera, assai interessante anche perché rovescia l'accusa di tradimento utilizzata dalla propaganda nazifascista:

«I capi fascisti, responsabili della rovina d'Italia, approfittando della debolezza a loro riguardo dimostrata dal governo Badoglio, hanno potuto rifugiarsi in Germania presso i loro degni compari, i nazisti, assassini del popolo tedesco, da dove diramano a mezzo radio l'ordine agli squadristi italiani di aiutare in tutti i modi i tedeschi che sono in Italia, allo scopo di far riconquistare al fascismo il potere. [...] Non esiste nella storia un esempio di più vile tradimento a danno del popolo italiano, ridotto in gran parte senza casa e privo di tutto».

Con il crollo del fascismo (luglio 1943) ed il successivo armistizio (settembre 1943), [16] il giornale, edito sotto la gestione della Federazione Anarchica Italiana, viene subito contrassegnato, nella sua impostazione, da molte delle caratteristiche del pensiero libertario: organizzazione interna non definita in termini assolutamente rigidi, ma vincolata ai mandati congressuali, che ne stabiliscono anche le figure redazionali fisse; individuazione di una rete estesa di collaboratori frequenti; possibilità di ogni lettore di interagire con il giornale, tanto che un numero consistente degli articoli pubblicati sarà opera proprio di occasionali collaboratori; assoluta libertà circa gli argomenti da trattare e, soprattutto, riguardo al contenuto di essi; diffusione affidata in gran parte alle capacità dei militanti.

Una copia di UN davanti al Politeama Verdi di Carrara, città nella quale viene stampato il giornale.

La diffusione del giornale sarà strettamente correlata sia al tradizionale radicamento sociale degli anarchici sul territorio sia alle diverse fasi dell'evoluzione della situazione politica e sociale italiana. Con una certa approssimazione, è possibile constatare che da una tiratura di circa 13.000 copie del 1944, questa salì ad una media di 15.000/16.000 copie a numero, fino ad arrivare ad un massimo di 18.000, quota toccata nel 1946, per poi scendere progressivamente fino alle 10.000/10.500 copie dei primi anni '50. [17]

«UN» oggi

Umanità Nova si presenta settimanalmente in edizione cartacea come luogo di comunicazione e di incontro per interventi e riflessioni su fatti e vicende inerenti l'anarchismo sociale, i movimenti libertari, antiautoritari e anticlericali, il mondo del lavoro e il sindacalismo di base, l'azione diretta, le lotte sul territorio, gli spazi sociali e i percorsi autogestionari. Sebbene durante il corso della sua esistenza abbia dovuto continuamente scontrarsi con innumerevoli tentativi di soffocarne la voce, continua dalla caduta del fascismo (1945) ad uscire ininterrottamente, in maniera completamente autofinanziata e grazie al sostegno politico di quanti vi hanno trovato un mezzo coerente con gli obiettivi e le pratiche antistatali ed anticapitalistiche di emancipazione e di trasformazione rivoluzionaria che via via si sono prodotti nella società e nei momenti di lotta che ancora oggi, in epoca di globalizzazione e di restaurazione autoritaria, li perseguono.

Note

  1. Franco Schirone, Cronache Anarchiche, Zero in Condotta, 2010, p. 17.
  2. Franco Schirone, Cronache Anarchiche, Zero in Condotta, 2010, p. 19.
  3. Umanità Nova, Anno I, n° 1 p. 1, 26-27 febbraio 1920.
  4. La redazione venne data alle fiamme da una squadra fascista quale immediata rappresaglia alla strage del Diana, avvenuta poche ore prima.
  5. La sede viene totalmente distrutta e il giornale è costretto a sospendere definitivamente le pubblicazioni.
  6. Una situazione analoga si era verificata anche alla Spezia, dove le camicie nere avevano letteralmente distrutto la tipografia ed incendiato l'amministrazione de Il Libertario, e a Pisa nei confronti de L'Avvenire Anarchico.
  7. Franco Schirone, Cronache Anarchiche, Zero in Condotta, 2010, p. 96.
  8. Umanità Nova, Anno III, n° 167 p. 1, 21 luglio 1922.
  9. 9,0 9,1 Franco Schirone, Cronache Anarchiche, Zero in Condotta, 2010.
  10. Umanità Nova, Anno III, n° 195 p. 1, 25 novembre 1922.
  11. Leonardo Bettini, Bibliografia dell'anarchismo, crescita politica editrice, Firenze, 1976, p. 216.
  12. Leonardo Bettini, Bibliografia dell'anarchismo, crescita politica editrice, Firenze, 1976, p. 25.
  13. Leonardo Bettini, Bibliografia dell'anarchismo, crescita politica editrice, Firenze, 1976, p. 134.
  14. Franco Schirone, Cronache Anarchiche, Zero in Condotta, 2010, p. 247.
  15. Franco Schirone, Cronache Anarchiche, Zero in Condotta, 2010, p. 249.
  16. Il 10 settembre 1944, a Firenze, il giornale aveva ripreso le pubblicazioni, ma era stato sequestrato dagli alleati liberatori e il suo tipografo, Lato Latini, era stato condannato in novembre a molti mesi di prigione per averne stampato senza autorizzazione ottomila copie, dopo averlo redatto insieme a Ezio Puzzoli, Augusto Boccone e Vittorio Monni, sostenendo che le responsabilità degli orrori della guerra dovevano gravare, dal 25 luglio in poi, anche «sulla monarchia e sul governo monarchico».
  17. La maggior parte dei proventi (circa il 60%) era data dalla vendita diretta, mentre gli abbonamenti non superavano il 15% delle entrate; le zone di maggior diffusione erano quelle di consolidamento storico maggiore: Toscana, Lazio, Emilia-Romagna.

Bibliografia

  • Franco Schirone, Umanità Nova. 100 Anni: un secolo di battaglie anarchiche, 2020
  • Cronache Anarchiche, Franco Schirone, Zero in Condotta, 2010

Voci correlate

Collegamenti esterni