Tosca Tantini: differenze tra le versioni

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*[[rivoluzione spagnola|Rivoluzione spagnola]
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[[Categoria:Anarchiche|Tantini, Tosca]]
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Versione delle 17:49, 24 mar 2020

Tosca Tantini

Tosca Tantini (Bologna, 16 novembre 1913 - Francia, 29 marzo 1940) è stata un'anarchica italiana.

Biografia

Figlia di Giuseppe Tantini e Attilia Melonari, Tosca ha un fratello più grande di lei di 10 anni, Ferruccio, che in seguito aderirà al movimento anarchico.

Inizialmente Tosca si guadagna da vivere svolgendo la professione di gelataia. Proveniente da una famiglia antifascista, nel 1930, in piena epoca fascista, si trasferisce in Francia, dove ritrova il padre emigrato nel 1923. Divenuto anarchica come il fratello, alla fine del 1931 si trasferisce ad Arcueil (Ile de France, Francia) con il proprio compagno, l'anarchico Bruno Gualandi. In Francia, Tosca si occupa della distribuzione del quotidiano anarchico di Camillo Berneri Guerra di Classe.

Nell'agosto del 1936, in piena rivoluzione, insieme a suo fratello Ferrucio, si trasferisce a Barcellona per arruolarsi nella Sezione Italiana della «Columna Ascaso» insieme, tra gli altri, ad Antonio Calamassi, Pietro Morin, Giovanni Fontana, Carlo Cocco, Antonio Calamassi, Armando Malaguti, Leonida Mastrodicasa, Tintino Rasi (Auro d'Arcola), Azelio Bucchioni, Settimo Guerrieri, Arrigo Catani e Natale Matteucci.

Partecipa alle battaglie di Huesca e Almudévar, sul fronte d'Aragona, dove periranno molti anarchici, tra cui il suo stesso compagno. A Barcellona condivide un appartamento con altri anarchici italiani (Francesco Barbieri, Camillo Berneri, Leonida Mastrodicasa, Enzo Fantozzi e Dark Corsinovi). Nel maggio del 1937 è testimone diretta dell'arresto ad opera degli stalinisti di Camillo Berneri e Francesco Barbieri, che pochi giorni dopo saranno trovati morti. Più avanti scriverà una lettera ad Adalgisa Fochi, madre di Camillo Berneri, in cui le racconta gli ultimi momenti della vita di suo figlio.

«Verso sera vennero otto individui per eseguire una perquisizione. Fu solo allora che comprendemmo di essere chiusi in un cerchio dal quale difficilmente si sarebbe usciti. Ci guardammo preoccupati, solo Camillo sorrideva: “Non è il momento di sorridere” gli dicemmo. “Lo so – ci rispose - ma che volete farci? Chi poteva precedere una cosa simile? “Gli invasori cominciarono un via vai; asportarono molte cose fra cui in nostri materassi. Tutti eravamo nervosi per quanto succedeva, escluso il suo Camillo, che continuava a lavorare. “Lavorate anche voi – ci disse – nel lavoro troverete la calma.” A un certo momento uno della pattuglia incominciò ad osservare gli incartamenti che Berneri teneva sopra il tavolo da lavoro. Subito dopo l'investigatore uscì e per le scale lo sentimmo gridare: “Arriba està un assunto muy serio”. Poi diede disposizioni perché una camionetta venisse a prendere tutto. Fu solo allora che Berneri perdette la sua serenità, il suo ascetico viso si fece rosso infiammato, poi bianco. “Piuttosto che mi tocchino una sola cartella – ci disse – preferisco che mi taglino una gamba. Anche la vita sono disposto a dare, ma che non tocchino una carta.” Si rimise tosto a tavolino e, mano a mano, che il suo lavoro proseguiva, il suo viso si ricomponeva, tanto che la serenità ritornò nel suo sguardo. Verso le sei del giorno 5 lo pregammo di tralasciare e, cedendo alle nostre insistenze, venne nell'anticamera con noi. E poiché il mortaio tirava verso la nostra casa egli per distrarci faceva dello spirito e ci raccontava delle storielle divertenti. In quelle condizioni di spirito lo trovarono i carnefici, quando verso le sette vennero a prenderlo. Pochi istanti prima Berneri aveva preparatole scarpe e l'impermeabile a portata di mano, come presentisse di dovere uscire. Si vestì con la massima calma e, tranquillamente sulla soglia ci strinse la mano sorridendo, come per incoraggiarci. Che nobiltà d'animo,! Che coraggio!Dopo due giorni di ricerche l'ho rivisto all'ospedale clinico crivellato di pallottole. Gli occhi erano spalancati ed in essi si leggevano non la paura, ma il disprezzo. Il pugno alzato era chiuso come volesse colpire qualcuno. Quella tragica visione è scolpita nella mia memoria » [1]

Dopo questi eventi, alla fine del 1937, decide di far rientro a Parigi (Francia). Secondo la lettera di suo padre datata 13 giugno 1940, indirizzata al fratello Antonio in Italia ed intercettata dalla polizia fascista, Tosca Tantini è morta il 29 marzo 1940 in Francia.

Note

Voci correlate