Template:Evento

Da Anarcopedia.
Versione del 29 lug 2021 alle 03:49 di K2 (discussione | contributi) (Creata pagina con "{| style="background-color: #ffffff;" | style="vertical-align: top; width:100%; color=white" align="left" | == '''''Accadde oggi''''' == File:Bresci A.jpg|miniatura|left|[[G...")
(diff) ← Versione meno recente | Versione attuale (diff) | Versione più recente → (diff)
Jump to navigation Jump to search

Accadde oggi

Gaetano Bresci, ritratto di Fabio Santin.

La sera di domenica 29 luglio 1900, Gaetano Bresci uccise a Monza re Umberto I di Savoia, sparandogli contro tre colpi di pistola (o quattro, le fonti storiche non concordano). Il sovrano stava rientrando in carrozza nella sua residenza monzese dopo una premiazione in una società sportiva. L'omicidio - immortalato in una celebre tavola del pittore Achille Beltrame per la «Domenica del Corriere» - avvenne sotto gli occhi della popolazione festante che salutava il monarca. Bresci si lasciò catturare senza opporre resistenza.

Immediatamente dopo l'arresto dichiarò:

«Ho attentato al Capo dello Stato perché è responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta e fa difendere. Concepii tale disegnamento dopo le sanguinose repressioni avvenute in Sicilia in seguito agli stati d'assedio emanati per decreto reale. E dopo avvenute le altre repressioni del '98 ancora più numerose e più barbare, sempre in seguito agli stati d'assedio emanati con decreto reale».

Il processo, la condanna e la morte

Il processo contro Bresci fu istruito in brevissimo tempo. Il 29 agosto 1900, cioè un mese esatto dopo il delitto, Bresci comparve nella corte d'Assise di Piazza Beccaria a Milano. La sentenza era scontata in partenza. Bresci aveva chiesto come difensore il deputato socialista Filippo Turati, ma questi aveva declinato l'incarico e fu sostituito dall'avvocato anarchico Francesco Saverio Merlino.

L'imputato mantenne un contegno conforme al personaggio che rappresentava. Freddo e distaccato, quasi sereno, ascoltò la lettura del capo d'accusa (per la verità retorico fino all'inverosimile) senza mostrare né pentimento né spavalderia.

Scontò la pena nel penitenziario di S. Stefano, presso Ventotene (Isole Ponziane) e per poterlo controllare a vista venne edificata per lui una speciale cella di tre metri per tre, priva di suppellettili.

Morì il 22 maggio 1901 "suicidato" dallo Stato e probabilmente venne ucciso anche prima di questa data ufficiale. Le autorità divulgarono la notizia del suo suicidio: impiccato per mezzo di un lenzuolo o un asciugamani.

Alcune coincidenze: un carcerato di Santo Stefano condannato all'ergastolo ottenne la grazia, il direttore raddoppiò il suo stipendio.

Vi è incertezza anche sul luogo della sua sepoltura: secondo alcune fonti, fu seppellito assieme ai suoi effetti personali nel cimitero di S. Stefano; secondo altre, il suo corpo venne gettato in mare. Le sole cose rimaste di lui sono il suo cappello da ergastolano (andato distrutto durante una rivolta di carcerati nel dopoguerra) e la rivoltella con cui compì il regicidio.