Sacco e Vanzetti

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Sacco e Vanzetti

Ferdinando Sacco (Torremaggiore, Foggia, 22 aprile 1891 - Charlestown, 23 agosto 1927), conosciuto come Nicola, e Bartolomeo Vanzetti (Villafalletto, 11 giugno 1888- Charlestown, 23 agosto 1927) furono due anarchici italiani che vennero arrestati, processati e giustiziati negli Stati Uniti negli "anni '20", con l'accusa di omicidio di un contabile e di una guardia di una fabbrica di scarpe. Sulla loro colpevolezza vi furono molti dubbi già  all'epoca del loro processo; non vennero nemmeno assolti dopo che un altro uomo ammise, nel 1925, la responsabilità  di quei crimini.

Sacco, di origine pugliese, di professione faceva il ciabattino mentre Vanzetti - che gli amici chiamavano Tumlin, ed era originario di Villafalletto, Cuneo - gestiva una rivendita di pesci. Furono giustiziati sulla sedia elettrica a Dedham, Massachusetts, il 23 agosto 1927.

Brevi note biografiche sul periodo italiano

  • Ferdinando Sacco (solo in seguito, in Messico, si farà  chiamare Nicola) nasce a Torremaggiore (attualmente in provincia di Foggia) il 22 aprile 1891 in una numerosissima famiglia, padre, madre e 17 figli. Vissuto in una famiglia di agricoltori tutto sommato benestanti, commercianti di vino e olio, a nove anni lascia la scuola per iniziare a lavorare nei campi di famiglia. Ferdinando ama la vita all'aria aperta ed è affascinato dalla tecnologia dei primi macchinari adoperati in alcuni lavori agricoli, però è voglioso di vivere nuove esperienze, in particolare è affascinato dall'America, che tutti dicono essere la terra dove è possibile raggiungere la felicità . Ed è per questo che decide di emigrare, per cercare la felicità .
  • Bartolomeo Vanzetti nasce a Villafalletto (attualmente in Piemonte) l'11 giugno 1888. All'età  di 13 anni il padre lo obbliga a lavorare come apprendista in diverse pasticcerie, un mestiere che non gli piaceva soprattutto che Bartolomeo amava stare all'aperto. Un paio di anni di apprendistato mineranno la sua salute e soprattutto faranno nasce in lui un certo rancore verso il padre, che per quanto gli volesse bene aveva con lui atteggiamenti eccessivamente autoritari. In seguito, divenuto orfano di madre, sceglie di allontanarsi dall'autorità  del padre, che voleva farlo lavorare nella caffetteria di famiglia, emigrando verso gli USA : è il 9 giugno 1908.[1]. Come Sacco, ciò che spinse Vanzetti non era la miseria, ma il desiderio di costruirsi una nuova vita, che nel suo paese non era più particolarmente stimolante specialmente dopo la morte dell'amata madre.

L'immigrazione negli USA

Arrivarono negli USA - Sacco nel 1909 e Vanzetti nel 1908 - senza conoscersi tra loro. Sacco, che aveva quasi diciotto anni, emigra col fratello maggiore Sabino[2], Vanzetti venti. Quest'ultimo, al processo, descriverà  così l'esperienza dell'immigrazione: «Al centro immigrazione, ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America».

E in seguito scrisse: «Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era la Terra promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me».

Sacco, che in Italia aveva fatto diversi lavori, si stabilisce a Milford (Massachusetts), dove è presente una folta comunità  foggiana che praticamente lece sentire quasi come fosse a casa. Dopo essere stato impiegato in lavori di bassa manovalanza, Sacco fece un corso di specializzazione come operaio calzaturiero, trovando poi lavoro quasi immediatamente in una fabbrica di calzature nella stessa Milford. Si sposò e andò ad abitare in una casa con giardino, che si poteva permettere in quanto riceveva una buona paga da operaio specializzato. Con la moglie ebbe un figlio, Dante, e una figlia, Ines. Lavorava sei giorni la settimana, dieci ore al giorno. Pur essendo un lavoratore relativamente privilegiato, Sacco si sentiva vicino alle sofferenze dei lavoratori immigrati sfruttati e oppressi da una classe padronale senza scrupoli. Per questo inizialmente si avvicinò alla attività  dell'IWW, poi dal 1913 prese a frequentare il «Centro di Studi Sociali» di Milford che lo introdusse nel movimento anarchico.

Lettore e sostenitore del giornale anarchico Cronaca Sovversiva di Luigi Galleani, cominciò a partecipare con grande perseveranza alle manifestazioni operaie dell'epoca, attraverso le quali i lavoratori chiedevano salari più alti e migliori condizioni di lavoro. A causa di queste attività  venne arrestato il 3 dicembre 1916, per aver partecipato ad una manifestazione di solidarietà  in favore degli operai di Mesabi (Minnesota). Vanzetti fece molti lavori, prendeva tutto ciò che gli capitava. Si spostò in diverse città  degli USA, lavorando in varie trattorie, in una cava, in un'acciaieria e in una fabbrica di cordami, la Plymouth Cordage Company. Leggeva molto: Marx, Charles Darwin, Victor Hugo, Gorkij, Lev Tolstoj, Emile Zola e Dante furono tra i suoi autori preferiti. Dal 1912 divenne un accanito lettore di Cronaca Sovversiva, per il quale a volte scriverà  anche degli articoli, e fece la conoscenza di molti esponenti dell'anarchismo statunitense. A Plymouth (Massachusetts) fu lungamente ospite della famiglia dell'anarchico Vincenzo Brini, che era un vero e proprio punto di riferimento per tutti gli anarchici e gli immigrati in difficoltà . Nel 1916 Vanzetti guidò uno sciopero contro la Plymouth nonostante già  non lavorasse più per questa fabbrica.

In Messico per sfuggire alla coscrizione

Cronaca Sovversiva, testata del 30° numero, del 22 luglio 1916

Nel 1917 il governo americano decise di entrare nel conflitto della prima guerra mondiale e stabilì che tutti i cittadini maschi residenti sul suolo americano dovessero registrarsi agli uffici della leva, quantunque rischiassero di essere chiamati alle armi solo quelli con la cittadinanza americana. Vanzetti, che nel frattempo aveva fatto richiesta per ottenere la cittadinanza, era tra questi; Sacco invece, aveva ancora la cittadinanza italiana quindi avrebbe solo dovuto registrarsi.

Furono questi momenti di intensi dibattiti, Galleani invitò gli anarchici a non registrarsi e a darsi alla clandestinità . Gli anarchici del Massachusetts si ritrovarono a Boston per discutere sul da farsi. Fu in quell'occasione che Sacco e Vanzetti si conobbero, stringendo rapporti anche con altri importanti anarchici della zona come Mario Buda e Carlo Valdinoci, ecc.

Tutto il collettivo galleanista del Massachussetts decise di fuggire in Messico, a Monterrey, dove Vanzetti si fece chiamare Bartolomeo Negrini, mentre Sacco utilizzò lo pseudonimo Nicola Mosmacotelli[3]. L'esilio in Messico, come detto, serviva per evitare la chiamata alle armi durante la prima guerra mondiale, non certo per vigliaccheria ma per non dover collaborare agli interessi di classe portati avanti da Stato e capitale. Non solo, molti pensavano che la rivoluzione russa avrebbe incendiato tutta l'Europa, quindi il Messico poteva essere solo una tappa prima del nuovo ritorno in Italia per partecipare a quella rivoluzione che ritenevano fosse prossima.

Ma la rivoluzione non veniva e le difficoltà  di sopravvivenza in Messico, per questo il gruppo, alla spicciolata decise di far rientro negli Stati Uniti.

Di nuovo negli USA: attività  insurrezioniste

Anche in esilio, il gruppo aveva proseguito nelle sue attività  contro la violenza padronale e istituzionale [4], organizzando una serie di innumerevoli attentati contro le autorità  americane e collaborando con gli anarchici messicani impegnati nella rivoluzione.

Sacco, che continuò a farsi chiamare Nicola pur avendo abbandonato il cognome della madre, si stabilì a Brockton, nei pressi del quale trovò lavoro in una fabbrica calzaturiera. Vanzetti, che invece riprese ad utilizzare il suo nome e cognome originale, fece rientro a Plymouth, dove sbarcava il lunario con diverse occupazione, in particolare nella bella stagione era impegnato come pescivendolo.

Nick e Bart, che ormai avevano anche stretto una stabile amicizia, frequentavano il Gruppo Autonomo di Boston, da dove venivano coordinate numerose attività  a cui lor spesso partecipavano in quanto militanti riconosciuti come tali:

«Credevano tutti e due nell'Idea. Non si fermavano a pensare cosa potesse succedere loro. "Se muoio muio ma questo era quello che volevo fare". Questo era il loro modo di pensare. Erano diversi tra loro: Sacco era irritabile; Vanzetti era calmo, pensieroso e aveva una spiegazione per tutto. Ma erano entrambi militanti e pronti a fare qualsiasi cosa fosse stata necessaria per raggiungere la loro bella idea.» [5]

In quel periodo proseguivano gli attentati violenti di matrice anarchica, che l'FBI poi attribuirà  in gran parte agli anarchici del Massachussets; in uno di questi (2 giugno 1919), diretto contro il procuratore Palmer, morì a causa della prematura esplosione della bomba l'ex-editore di «Cronaca Sovversiva» e collaboratore di Galleani Carlo Valdinoci.

«Voi non avete dimostrato pietà  nei nostri confronti! Noi faremo lo stesso. E deportateci! Noi vi faremo saltare in aria!» (Manifesto degli anarchici americani)
«Voi avete provocato lo scontro. Voi ci avete rinchiuso deportato e ucciso. Noi accettiamo la sfida. Il proletariato ha il diritto di proteggersi in quanto la sua stampa è stata soffocata, le bocche imbavagliate, intendiamo parlare per esso con la voce della dinamite» (Volantino trovato davanti a casa del procuratore Plamer)[6]

Arresto e reazioni anarchiche

Nicola e Bartolomeo tornarono nel Massachussets dopo la guerra, ma non sapevano di essere inclusi in una lista di sovversivi compilata dal Ministero di Giustizia, nè di essere pedinate dagli agenti segreti USA. Nella stessa lista era incluso anche un amico di Vanzetti, il tipografo Andrea Salsedo. Questi, il 3 maggio 1920, morì in circostanze misteriose (suicida o assassinato) dopo essere stato arrestato e trattenuto illegalmente con il compagno Elia, volando giù dalla finestra del quattordicesimo piano di un edificio appartenente al Ministero di Giustizia (una storia affine a quella di Giuseppe Pinelli...). Sacco e Vanzetti organizzarono un comizio per far luce su questa vicenda, comizio che avrebbe dovuto avere luogo a Brockton il 9 maggio. Purtroppo gli eventi seguenti impedirono la realizzazione della manifestazione.

Il 5 maggio 1920, probabilmente grazie ad una "soffiata", Nick e Bart vennero fermati alle 22:00 mentre erano sul tram che li doveva portare a Brockton. Durante la perquisizione furono trovati nei loro cappotti volantini anarchici e alcune armi.

In Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti, Paul Avrich ritiene che Sacco e Vanzetti siano stati arrestati sul tram, di rientro da un incontro con Mario Buda (questi possedeva un'automobile) e Ferruccio Coacci, nel corso del quale avrebbero dovuto liberarsi di diversi kg di dinamite e altro materiale compromettente. Infatti, poichè il gruppo anarchico di Boston era al corrente che Andrea Salsedo e Roberto Elia, dopo essere stati arrestati illegalmente e torturati, avevano confessato di aver stampato il volantino Plain Words per conto di Nicola Recchi. Inoltre avevano fatto forse altri nomi di compagni coinvolti negli attentati del 2 giugno 1919 (in uno di questi morì l'anarchico Carlo Valdinoci), per questo si aspettavano nuove perquisizioni e per questo credevano fosse urgente liberarsi di tutto ciò che era compromettente. Nicola Sacco addirittura aveva intenzione di mettersi al sicuro facendo rientro in Italia, visto che aveva già  svolto diverse pratiche per potersi imbarcare da New York per ritornare a Torremaggiore.

I due furono fermati, ma probabilmente la polizia aveva come obiettivo Buda e Coacci, ritenuti complici della rapina insieme a Riccardo Orciani. Sacco e Vanzetti erano convinti di essere stati fermati per la loro implicazione negli attentati del 2 giugno e solo dopo seppero di essere stati arrestati per una rapina. Essere trattato come un delinquente comune fece infuriare Nicola Sacco:

«Se sono arrestato per l'Idea sono contento di soffrire. Se devo, sono pronto anche a morire. Ma mi hanno arrestato per una roba da gangster.»[7]

Dopo tre giorni d'interrogatori i due vennero accusati dal procuratore Gunn Katzamnn anche di una rapina avvenuta a South Baintree, un sobborgo di Boston, circa un mese prima del loro arresto (15 aprile 1920), in cui erano stati assassinati due uomini, il cassiere della ditta - il calzaturificio «Slater and Morrill» - e una guardia giurata. Vanzetti fu accusato anche della rapina ai danni di un furgone che trasportava le paghe degli operai di un calzaturificio, compiuta il 24 dicembre 1919 a Bridgewater.

Alle accuse della magistratura contro i due, la comunità  anarchica italo-americana risponde immediatamente con una serie di azioni dirette. In particolare, il 16 settembre un carretto carico di esplosivo defraga accanto alla sede della banca “Morgan & Stanley” e la Borsa valori. Morirono 38 persone e altre duecento vengono ferite.

Le autorità  statunitensi risposero prontamente e l'inchiesta fu affidata a William J. Flynn, direttore tra il 1919 e il 1921 del Bureau of Investigation, battè immediatamente la pista anarchica, rivolgendo le proprie attenzioni in particolare su cinque uomini: Mario Buda, un anarchico romagnolo amico di Sacco e Vanzetti che però non sarà  mai incriminato ufficialmente anche a causa della sua clamorosa fuga in Italia [8], Coacci (già  stato iscritto nelle liste di deportazione verso l'Italia, partì in fretta e furia da Ellis Island il 16 aprile), Orciani (riuscì a dimostrare la propria innocenza con un alibi di ferro, dal momento che all'ora della rapina del 15 aprile si trovava al lavoro) ed infine Sacco e Vanzetti, che alla fine rinarrano gli unici accusati del crimine.

Il processo e la condanna

I tre processi (nel primo processo Vanzetti fu condannato a 12 anni di carcere per la prima rapina; nel secondo - 14 luglio 1921 - i due vennero invece condannati a morte) che seguirono e le successive condanne a morte furono utilizzate in chiave politica, ovvero per dare un esempio a tutti i militanti della sinistra. Non c'era nessuna prova a loro carico, addirittura alcune testimonianze li scagionavano. Addirittura non si tenne conto della confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros, che ammise di aver preso parte alla rapina e di non aver mai visto Sacco e Vanzetti.

Alla base del verdetto di condanna - a parere di molti - vi furono da parte di polizia, procuratori distrettuali, giudice e giuria pregiudizi e una forte volontà  di perseguire una "politica del terrore" suggerita dal ministro della giustizia Palmer e culminata nella vicenda delle deportazioni. Sotto questo aspetto, Sacco e Vanzetti venivano considerati due "agnelli sacrificali" utili per testare la nuova linea di condotta contro gli avversari del governo. Erano infatti immigrati italiani con una comprensione imperfetta della lingua inglese (migliore in Vanzetti, che terrà  un famoso discorso, in occasione della lettura del verdetto di condanna a morte); erano inoltre note le loro idee politiche radicali. Il giudice Webster Thayer li definì senza mezze parole due anarchici bastardi.

Si trattava di un periodo della storia americana caratterizzato da una intensa paura degli anarchici (vedi Anarchist Exclusion Act) e soprattutto dei comunisti, la paura rossa del 1917 - 1920. Sacco e Vanzetti, non erano comunisti, ma avevano avuto piccoli precedenti con la giustizia per le attività  politiche, ma erano conosciuti dalle autorità  locali come militanti radicali che erano stati coinvolti in scioperi, agitazioni politiche e propaganda contro la guerra.

Il Comitato di Difesa e la posizione degli intellettuali

Aldino Felicani, fondatore del Comitato di Difesa

Il Comitato di Difesa Sacco-Vanzetti fu costituito il 9 maggio 1920, immediatamente dopo l'arresto, da un gruppo di compagni anarchici alla cui guida vi era l'amico di Vanzetti Aldino Felicani. Il Comitato si occupò di reperire fondi per la difesa legale dei due anarchici, pubblicare articoli e scritti vari che evidenziassero la natura politica e discriminatoria (di classe e di razza, contro gli immigrati) del procedimento processuale. All'interno del Comitato entrarono a far parte anche liberali, democratici, socialisti e intellettuali a favore della giustizia e della libertà  d'espressione. Le divergenze tra interne tra gli anarchici e i moderati crearono problemi nello sviluppo di una strategia univoca, tuttavia esse cercarono di essere appianate mediante l'intervento di figure intermediarie come Gardner Jackson, giornalista del Boston Globe.

Molti scrittori e artisti in genere contribuirono a svelare il crimine che si stava compiendo ai danni dei due anarchici italiani: si può citare l'opera di Upton Sinclair intitolata Boston e U.S.A. di John Dos Passos; sul piano artistico si possono menzionare i quadri di Ben Shahn o le caricature di Robert Minor. Non meno importante fu la critica alle procedure processuali irregolari, denunciate da Henry L. Mencken (uomo non di sinistra, ma uno dei primi ad intervenire in sostegno a Sacco e Vanzetti) e Felix Frankfurter (professore di diritto ad Harvard)[9].

Molti altri famosi intellettuali, compresi Dorothy Parker, Edna St. Vincent Millay, Bertrand Russell, John Dos Passos, Upton Sinclair, George Bernard Shaw e H. G. Wells, sostennero a favore di Nick e Bart una campagna per giungere ad un nuovo processo; l'iniziativa, tuttavia, non approderà  ad alcun risultato.

La protesta e l'esecuzione

«Quando le sue ossa, signor Thayer, non saranno che polvere, e i vostri nomi, le vostre istituzioni, non saranno che il ricordo di un passato maledetto, il suo nome - il nome di Nicola Sacco - sarà  ancora vivo nel cuore della gente. Noi dobbiamo ringraziarvi. Senza di voi saremmo morti come due poveri sfruttati: un buon calzolaio, un bravo pescivendolo......E mai, in tutta la nostra vita, avremmo potuto sperare di fare tanto in favore della tolleranza, della giustizia, della comprensione fra gli uomini.» (La Tragedia di Sacco e Vanzetti, Francis Russell.)

All'inizio Sacco e Vanzetti furono difesi dalla comunità  italiana (un ruolo importante lo ebbe anche il giornale anarchico «L'Adunata dei Refrattari» e il comitato in loro difesa, promosso negli USA da Aldino Felicani)), una delle più sfruttate e oppresse in quel periodo negli USA, poi soprattutto dai marxisti e dal movimento anarchico internazionale: «Le Libertaire», è il primo giornale francese a parlarne, a cui presto si aggiungerà  Soccorso rosso internazionale e l'Internazionale comunista. Tutti insieme riuscirono a smuovere le coscienze di molti intellettuali, addirittura l'ateo anarchico francese Louis Lecoin non esitò a ichiedere al papa di intervenire. [10]

I comunisti americani fecero sentire la propria voce di protesta solo nel 1927 con l'intenzione di trarne un vantaggio politico[9]. In molti paesi del mondo sorsero comitati in difesa di Sacco e Vanzetti e ovunque ci furono manifestazioni. A molte ambasciate americane furono inviati pacchi bomba come segno estremo di protesta, ma fu tutto inutile. Secondo recenti "scoperte", parrebbe che anche Mussolini si sia mosso in difesa dei due anarchici italiani. [11]

Quando il verdetto di morte fu reso noto, si tenne una manifestazione davanti al palazzo del governo, a Boston. La manifestazione durò ben dieci giorni, fino alla data dell'esecuzione sulla sedia elettrica : Charlestown, 23 agosto 1927. Il corteo attraversò il fiume e le strade sterrate fino alla prigione di Charlestown. La polizia e la guardia nazionale li attendevano dinanzi al carcere e sopra le sue mura vi erano mitragliatrici puntate verso i manifestanti.

Dopo la morte dei due anarchici, due catafalchi furono eretti nella camera ardente. Kenneth Whistler vi si recò e spiegò sui catafalchi un enorme striscione, sul quale era scritta una frase pronunciata dal giudice Thayer, rivolta a un amico, pochi giorni dopo aver pronunciato la sentenza: «Hai visto che cosa ho fatto a quei due bastardi anarchici, l’altro giorno?».

La loro esecuzione innescò rivolte popolari anche a Londra, Parigi e in diverse città  della Germania.

Discorsi e scritti di Sacco e Vanzetti

Da un discorso di Vanzetti

Sacco e Vanzetti si ritenevano vittime del pregiudizio sociale e politico. Vanzetti, in particolare, ebbe a dire rivolgendosi per l'ultima volta al giudice Thayer:

«Io non augurerei a un cane o a un serpente, alla più bassa e disgraziata creatura della Terra; io non augurerei a nessuna di queste ciò che io ho dovuto soffrire per cose di cui io non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui io sono colpevole. Io sto soffrendo perché io sono un radicale, e davvero io sono un radicale; io ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano» [...] (dal discorso di Vanzetti del 19 aprile 1927, a Dedham, Massachusetts)

Ed è proprio in questo senso che oggi molti anarchici sostengono che i loro compagni ingiustamente incarcerati o uccisi non sono affatto innocenti; sono invece perseguitati perché sono ciò che sono, e dal punto di vista del potere, sostengono, non vi è alcun errore di giudizio.

Lettera di Sacco al figlio Dante

«Mio carissimo figlio e compagno,
sin dal giorno che ti vidi per l'ultima volta ho sempre avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro inseparabile amore potesse così tragicamente finire!

Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante il nostro lungo calvario.

Sacco (a destra) e Vanzetti ( a sinistra) in manette

Noi protestiamo oggi, come protestammo ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà . Se cessai il mio sciopero della fame, lo feci perchè in me non era rimasta ormai alcuna ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i miei cari amici e compagni di vita, non di morte. Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo, se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre, nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che domandano soccorso. Aiuta i perseguitati e le vittime perchè essi saranno i tuoi migliori amici, essi sono i compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità  e libertà  per tutte le povere cenciose folle del lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e sarai amato dai tuoi simili. Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi era la vita e la gioia spensierata - a soli pochi passi di distanza dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena! Tutto ciò mi faceva pensare a te e ad Ines insistentemente, e vi desideravo tanto, oh, tanto, figli miei! Ma poi pensai che fu meglio che tu non fossi venuto a vedermi in quei giorni, perché nella cella di morte ti saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza avrebbe potuto avere nel futuro. D'altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa crudele forma di persecuzione e di morte infame. Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già  fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà  meno infelice. E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio, perchè io ti amo tanto, tanto... I migliori miei fraterni saluti per tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno.

Nicola Sacco»

Incitamento alla vendetta

In quello che risulterà  essere una sorta di testamento prima della condanna, Sacco e Vanzetti firmano un articolo dal titolo Il giorno dell'esecuzione si avvicina e i prigionieri avvertono: "la salute è in voi!", che nel giugno del 1916 compare sulle pagine di Protesta Umana, organo del Comitato di Difesa Sacco-Vanzetti, che si conclude con queste parole:

«Compagni, Amici, Lavoratori!: Noi vi gridiamo: "La salute è in voi! Ricordatelo: La salute è in voi!”»

Come riportato da Paul Avrich in Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti (Nova Delphi Libri, 2015, 400 pp), quel La salute è in voi! è un esplicito riferimento ad un omonimo opuscolo insurrezionale redatto dai seguaci di Luigi Galleani, nei quali si spiegava come fabbricare bombe artigianali e innescare ovunque la rivolta sociale.

Sacco e Vanzetti prima di morire faranno numerose dichiarazioni, scritte e orali, in cui inciteranno i compagni a rispondere alla violenza dello Stato con altrettanta violenza, un atteggiamento questo tipico dei galleanisti:

«Se dobbiamo morire per un crimine che non abbiamo commesso, vogliamo vendetta, vendetta nel nostro nome, nel nome della nostra vita e della nostra morte...Farò una lista degli spergiuri che ci hanno assassinato...Voglio riuscire ad arrivare a vedere la morte di Thayer...Infiammerò gli animi degli uomini.» (Bartolomeo Vanzetti) [12]
«Siamo orgogliosi di morire e cadremo come cadono gli anarchici. E ora a voi fratelli, compagni!» (Nicola Sacco) [13]

Rivivrei per fare le stesse cose

Ho da dire che sono innocente. In tutta la mia vita non ho mai rubato, non ho mai ammazzato, non ho mai versato sangue umano, io. Ho combattuto per eliminare il delitto. Primo fra tutti: lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. E se c'è una ragione per la quale sono qui è questa, e nessun'altra. Una frase, una frase signor Katzmann, mi torna sempre alla mente: “Lei signor Vanzetti, è venuto qui nel paese di Bengodi per arricchire”. Una frase che mi dà  allegria. Io non ho mai pensato di arricchire. Non è questa la ragione per cui sto soffrendo e pagando. Sto soffrendo e pagando per colpe che effettivamente ho commesso. Sto soffrendo e pagando perché sono anarchico. E mi sun anarchic! Perché sono italiano... e io sono italiano. Ma sono così convinto di essere nel giusto che se voi aveste il potere di ammazzarmi due volte, e io per due volte potessi rinascere, rivivrei per fare esattamente le stesse cose che ho fatto. Nicola Sacco... il mio compagno Nicola! Sì, può darsi che a parlare io vada meglio di lui. Ma quante volte, quante volte, guardandolo, pensando a lui, a quest'uomo che voi giudicate ladro e assassino, e che ammazzerete... Quando le sue ossa signor Thayer non saranno che polvere, e i vostri nomi, le vostre istituzioni non saranno che il ricordo di un passato maledetto, il suo nome, il nome di Nicola Sacco, sarà  ancora vivo nel cuore della gente. (Rivolgendosi a Sacco) Noi dobbiamo ringraziarli. Senza di loro noi saremmo morti come due poveri sfruttati. (Tornando a rivolgersi alla Corte) Un buon calzolaio, un bravo pescivendolo, e mai in tutta la nostra vita avremmo potuto sperare di fare tanto in favore della tolleranza, della giustizia, della comprensione fra gli uomini. Voi avete dato un senso alla vita di due poveri sfruttati!»[14]
Commemorazione di Sacco e Vanzetti (Carrara, 1° maggio 2010)

Riabilitazione postuma

Dopo la morte dei due anarchici, il Comitato continuò nella sua opera, questa volta in difesa della memoria di Sacco e Vanzetti: Elizabeth Glendower Evans, Mary Donovan, e Elizabeth Gurley Flynn furono alcune delle figure più importanti nella creazione del Sacco e Vanzetti Memorial.

In America, dopo la morte dei due anarchici, numerosi attentati si susseguirono come gesto di vendetta rispetto all'esecuzione. Uno dei più clamorosi fu quello del 1928, quando una bomba devastò l'abitazione del giudice Webster Thayer, responsabile della condanna di Sacco e Vanzetti. La deflagrazione non colpì l'obiettivo, perchè il giudice era assente, ma ferì la moglie e una domestica di Thayer.

Il 23 agosto 1977, esattamente 50 anni dopo, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis emanò un proclama che assolveva i due uomini dal crimine, dicendo:

«Io dichiaro che ogni stigma ed ogni onta vengano per sempre cancellati dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.»

Note

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Cinema e Musica

Tra le tante opere dedicate a Sacco e Vanzetti, si riportano qui le seguenti:


Here's to you Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph!
Vi rendo omaggio Nicola e Bart
Per sempre riposate qui nei nostri cuori
Il momento estremo e finale è vostro
Quell'agonia è il vostro trionfo!

Bibliografia

  • Paul Avrich, Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti, Nova Delphi Libri, 2015.
  • Andrea Comincini, Sacco e Vanzetti, Le ragioni di una congiura, Nova Delphi, Roma, 2014.
  • Andrea Comincini, Sacco e Vanzetti, Altri dovrebbero aver paura, Nova Delphi, Roma, 2012.
  • Bartolomeo Vanzetti, Non Piangete La Mia Morte", "Nova Delphi Libri, Roma, 2010.
  • Lorenzo Tibaldo, Lettere e scritti – editi e inediti – di Sacco e Vanzetti a 85 anni dalla morte, Claudiana, Torino, 2012.
  • Fernanda Sacco, I miei ricordi di una tragedia familiare, Torremaggiore, 2008.
  • Lorenzo Tibaldo, Sotto un cielo stellato. Vita e morte di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, Claudiana, Torino, 2008.
  • Alberto Gedda, Gridatelo dai tetti, autobiografia e lettere di Bartolomeo Vanzetti, Fusta Editore, Saluzzo, 2005.
  • Luigi Botta, Sacco e Vanzetti: giustiziata la verità , prefazione di Pietro Nenni, Edizioni Gribaudo, Cavallermaggiore, 1978.
  • Howard Fast, Sacco e Vanzetti, Edizioni di Cultura Sociale, Roma, 1953.

Voci correlate

Collegamenti esterni

Testi vari

Video

Siti web

de:Sacco und Vanzetti en:Sacco and Vanzetti eo:Proceso de Sacco kaj Vanzetti pl:Bartolomeo Vanzetti es:Sacco e Vanzetti

  1. Altre brevi note biografiche
  2. Rientrato in Italia, diventerà  sindaco socialista di Torremaggiore
  3. Nicola era il nome di uno dei suoi fratelli, Mosmacotelli quello della madre.
  4. Il governo americano attuò una serie di leggi volte a reprimere l'organizzazione dei proletari (si veda Anarchist Exclusion Act) e contemporaneamente utilizzò le forze militari per letteralmente massacrare i lavoratori in lotta: es. Massacro di Ludlow (1914),Everett (1916), Centralia (1919)
  5. «Intervista con C. Silvestri». Citato da Paul Avrich, Ribelli in paradiso, pag 263
  6. Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti
  7. Paul Avrich, Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti, pag 330
  8. Nella penisola Buda diventerà  un informatore della polizia fascista dell'OVRA. Alcuni ritengono che abbia svolto il ruolo di provocatore anche prima degli anni '30, quando ufficialmente fu assoldato dai fascisti come agente provocatore
  9. 9,0 9,1 Sacco e Vanzetti o le passioni militanti
  10. da "Latradizionelibertaria.over-blog.it"
  11. Mussolini segreto: aiutò Sacco e Vanzetti
  12. The road to freedom, agosto 1929 (cit. da Paul Avrich, Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti, pag 344
  13. The road to freedom, agosto 1927 (cit. da Paul Avrich, Ribelli in paradiso. Sacco, Vanzetti e il movimento anarchico negli Stati Uniti, pag 344
  14. Fonte:A-Rivista anarchica