Rivolta dei Canuts: differenze tra le versioni

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[[File:Revolte des Canuts - Lyon 1831 - 1.jpg|thumb|right|310px|La rivolta dei ''canut'' a Lione: « Vivere liberi lavorando o morire combattendo »]]Con la '''rivolta dei Canuts''' (''canuts'': operai delle manifatture della seta) si intende definire le due rivolte popolari di Lione (novembre [[1831]] e aprile [[1834]]) contro lo sfruttamento e i salari da fame a cui erano costretti gli operai in genere e i setaioli in particolare.
[[File:Revolte des Canuts - Lyon 1831 - 1.jpg|thumb|right|310px|La rivolta dei ''canut'' a Lione: « Vivere liberi lavorando o morire combattendo »]]Con la '''rivolta dei Canuts''' (''canuts'': operai delle manifatture della seta) si intende definire le due rivolte popolari di Lione (novembre [[1831]] e aprile [[1834]]) contro lo sfruttamento e i salari da fame a cui erano costretti gli operai in genere e i setaioli in particolare.


== Contesto storico ==
== Contesto storico ==


Una delle conseguenze della [[rivoluzione industriale]] fu il progressivo abbandono della terra da parte dei contadini e il trasferimento di migliaia e migliaia di uomini e donne dalla campagna alle città , solleticati dalle promesse di un miglioramente del loro tenore di vita.
Una delle conseguenze della [[rivoluzione industriale]] fu il progressivo abbandono della terra da parte dei contadini e il trasferimento di migliaia e migliaia di uomini e donne dalla campagna alle città, solleticati dalle promesse di un miglioramente del loro tenore di vita.
Dietro queste promesse si nascondeva però la terribile realtà  che li aspettava: fame, quartieri degradanti, sfruttamento, immoralità  crescente, [[Violenza sulle donne|violenza sulle donne]] e sui bambini (aumento del numero delle nascite illegittime, dei bambini abbandonati e degli infanticidi) ed ubriachezza molesta. Padri, madri e bambini lavoravano nell'industria tessile dalle 13 alle 15 ore al giorno; tre quarti dei bambini morivano prima di diventare adulti. Per l'operaio della manifattura vivere è non morire» <ref>Citazione del filosofo Guépin</ref>, lo [[sciopero]] era vietato, il libretto operaio obbligatorio. Il povero era considerato immorale, brutto, sporco e cattivo, nonché pericoloso:
Dietro queste promesse si nascondeva però la terribile realtà che li aspettava: fame, quartieri degradanti, sfruttamento, immoralità crescente, [[Violenza sulle donne|violenza sulle donne]] e sui bambini (aumento del numero delle nascite illegittime, dei bambini abbandonati e degli infanticidi) ed ubriachezza molesta. Padri, madri e bambini lavoravano nell'industria tessile dalle 13 alle 15 ore al giorno; tre quarti dei bambini morivano prima di diventare adulti. Per l'operaio della manifattura vivere è non morire» <ref>Citazione del filosofo Guépin</ref>, lo [[sciopero]] era vietato, il libretto operaio obbligatorio. Il povero era considerato immorale, brutto, sporco e cattivo, nonché pericoloso:
:  «I barbari che minacciano la società  non vengono dal Caucaso né dalle steppe della Tartaria. Stanno nei sobborghi delle nostre città  industriali» («Journal des Débats», [[1831]] <ref name="agire">[http://capireperagire.blog.tiscali.it/2005/04/08/ 9-14 aprile 1834: la rivolta operaia di Lione]</ref>.)
:  «I barbari che minacciano la società non vengono dal Caucaso né dalle steppe della Tartaria. Stanno nei sobborghi delle nostre città industriali» («Journal des Débats», [[1831]] <ref name="agire">[http://archive.is/mUlJq 9-14 aprile 1834: la rivolta operaia di Lione]</ref>.)


Contemporaneamente però, con la nascita del [[movimento operaio]], sorse anche uno spirito nuovo, rivoluzionario, che intendeva non accettare questo stato di cose e si riprometteva di cambiarle (in [[Gran Bretagna]] è del [[1810]] lo slogan «Pane o sangue»). Fu questa la seconda rivolta dei "setaioli", dopo quella di Vienna del [[1819]], quando gli operai fecero sentire la propria voce contro l'introduzione di nuovi macchinari che, oltre ad essere alienanti, minacciavano seriamente il posto di lavoro di tanti operai e operaie. Molti di questi macchinari, in perfetto stile [[Ned Ludd|luddista]], furono letteralmente distrutti dalla rabbia popolare.   
Contemporaneamente però, con la nascita del [[movimento operaio]], sorse anche uno spirito nuovo, rivoluzionario, che intendeva non accettare questo stato di cose e si riprometteva di cambiarle (in [[Gran Bretagna]] è del [[1810]] lo slogan «Pane o sangue»). Fu questa la seconda rivolta dei "setaioli", dopo quella di Vienna del [[1819]], quando gli operai fecero sentire la propria voce contro l'introduzione di nuovi macchinari che, oltre ad essere alienanti, minacciavano seriamente il posto di lavoro di tanti operai e operaie. Molti di questi macchinari, in perfetto stile [[Ned Ludd|luddista]], furono letteralmente distrutti dalla rabbia popolare.   
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[[Image:Black flag waving.png|thumb|left|Su alcuni drappi neri i canuts lionesi scrissero il loro proclama di lotta: «Vivere lavorando o morire combattendo»]]
[[Image:Black flag waving.png|thumb|left|Su alcuni drappi neri i canuts lionesi scrissero il loro proclama di lotta: «Vivere lavorando o morire combattendo»]]
Gli operai delle industrie della seta (si calcola che i tessitori – '''''canuts''''' - arrivarono ad essere contemporaneamente fino a 30.000.) risiedevano e lavoravano nel quartiere dei Traboules, caratterizzati da passaggi coperti, vie e piazze strettissime tra altissimi palazzi.  
Gli operai delle industrie della seta (si calcola che i tessitori – '''''canuts''''' - arrivarono ad essere contemporaneamente fino a 30.000.) risiedevano e lavoravano nel quartiere dei Traboules, caratterizzati da passaggi coperti, vie e piazze strettissime tra altissimi palazzi.  
Il [[18 ottobre]] [[1831]] i canuts si rivolsero al prefetto del Rodano, Louis Bouvier-Dumolart, per ottenere salari più alti e la riduzione dell'orario giornaliero di lavoro. Naturalmente, grazie anche alla ipocrisia del prefetto che a parole si era dimostrato disponibile a fungere da intermediario con i proprietari, le richieste dei canuts furono respinte il [[10 novembre]] [[1831]]. In quell'occasione il presidente del consiglio Casimir Périer dichiarò: «Gli operai si devono mettere in testa che per loro non c'è altro rimedio che la pazienza e la rassegnazione» <ref name="agire">[http://capireperagire.blog.tiscali.it/2005/04/08/ 9-14 aprile 1834: la rivolta operaia di Lione]</ref>.
Il [[18 ottobre]] [[1831]] i canuts si rivolsero al prefetto del Rodano, Louis Bouvier-Dumolart, per ottenere salari più alti e la riduzione dell'orario giornaliero di lavoro. Naturalmente, grazie anche alla ipocrisia del prefetto che a parole si era dimostrato disponibile a fungere da intermediario con i proprietari, le richieste dei canuts furono respinte il [[10 novembre]] [[1831]]. In quell'occasione il presidente del consiglio Casimir Périer dichiarò: «Gli operai si devono mettere in testa che per loro non c'è altro rimedio che la pazienza e la rassegnazione» <ref name="agire">[http://archive.is/mUlJq 9-14 aprile 1834: la rivolta operaia di Lione]</ref>.


Quest'atteggiamento causò il sollevamento degli operai: il [[21 novembre]] [[1831]] occuparono il quartiere della Croce Rossa (situato su una collina di Lione), obbligarono i lavoratori a fermare la loro attività  ed innalzarono barricate decisi a resistere. Su alcuni [[simbolismo anarchico|drappi neri]] i rivoltosi scrissero il loro proclama: «'''''Vivre en travaillant ou mourir en combattant'''''» (“Vivere lavorando o morire combattendo”). <ref>«La bandiera di lotta del movimento operaio era tradizionalmente quella rossa, usata come segnale di adunata in varie manifestazioni, in particolare nella Comune di Parigi (1871). [http://www.anarca-bolo.ch/a-rivista/321/33.htm ...]» </ref>
Quest'atteggiamento causò il sollevamento degli operai: il [[21 novembre]] [[1831]] occuparono il quartiere della Croce Rossa (situato su una collina di Lione), obbligarono i lavoratori a fermare la loro attività ed innalzarono barricate decisi a resistere. Su alcuni [[simbolismo anarchico|drappi neri]] i rivoltosi scrissero il loro proclama: «'''''Vivre en travaillant ou mourir en combattant'''''» (“Vivere lavorando o morire combattendo”). <ref>«La bandiera di lotta del movimento operaio era tradizionalmente quella rossa, usata come segnale di adunata in varie manifestazioni, in particolare nella Comune di Parigi (1871). [http://www.arivista.org/?nr=321&pag=33.htm ...]» </ref>


Il [[22 novembre|22]] gli operai presero possesso della caserma del Bon Pasteur e delle armi ivi conservate. Molti edifici dell'esercito e della guardia nazionale furono attaccati e incendiati. Gli operai diventarono “padroni” della città , che però venne evacuata dalle [[autorità ]] con una violenta battaglia. Alla fine si conteranno 100 morti e 263 feriti tra i militari e 69 morti e 140 feriti tra i civili. Nella notte tra il [[22 novembre|22]] e il [[23 novembre|23]] le massime [[autorità ]] cittadine, il generale Rouget e il sindaco Prunelle, abbandonarono frettolosamente la città .
Il [[22 novembre|22]] gli operai presero possesso della caserma del Bon Pasteur e delle armi ivi conservate. Molti edifici dell'esercito e della guardia nazionale furono attaccati e incendiati. Gli operai diventarono “padroni” della città, che però venne evacuata dalle [[autorità]] con una violenta battaglia. Alla fine si conteranno 100 morti e 263 feriti tra i militari e 69 morti e 140 feriti tra i civili. Nella notte tra il [[22 novembre|22]] e il [[23 novembre|23]] le massime [[autorità]] cittadine, il generale Rouget e il sindaco Prunelle, abbandonarono frettolosamente la città.


La notizia dell'insurrezione fu accolta a Parigi con grande stupore. Il presidente del Consiglio francese, Casimir Perier, accusò i [[Saint-Simon|saint-simoniani]] di fare propaganda in favore delle rivolte sociali. Il [[25 novembre]] Perier si espresse dinanzi alla camera deputati annunciando che il duca d'Orlèans, figlio maggiore del re, ed il maresciallo Soult, ministro della guerra, si sarebbero messi alla testa di un esercito di 20.000 uomini per riconquistare Lione. I due attesero pazientemente che la calma fosse rientrata a Lione, così il [[3 dicembre]], senza spargimento di sangue, ma anche senza alcuna negoziazione e promesse, i soldati entrarono in città . 90 operai furono fermati, 11 di loro arrestati e poi liberati nel giugno [[1832]]. Casimir Perier dichiarò che la rivolta era stata organizzata «contro la libertà  del commercio e dell'industria» <ref>[http://fr.wikipedia.org/wiki/R%C3%A9volte_des_Canuts#La_reprise_en_main Révolte des Canuts]</ref> e che la società  non si sarebbe lasciata minacciare impunemente. Ed infatti, tre anni dopo, le istituzioni reagirono violentemente all'ennesima rivolta dei canuts.
La notizia dell'insurrezione fu accolta a Parigi con grande stupore. Il presidente del Consiglio francese, Casimir Perier, accusò i [[Saint-Simon|saint-simoniani]] di fare propaganda in favore delle rivolte sociali. Il [[25 novembre]] Perier si espresse dinanzi alla camera deputati annunciando che il duca d'Orlèans, figlio maggiore del re, ed il maresciallo Soult, ministro della guerra, si sarebbero messi alla testa di un esercito di 20.000 uomini per riconquistare Lione. I due attesero pazientemente che la calma fosse rientrata a Lione, così il [[3 dicembre]], senza spargimento di sangue, ma anche senza alcuna negoziazione e promesse, i soldati entrarono in città. 90 operai furono fermati, 11 di loro arrestati e poi liberati nel giugno [[1832]]. Casimir Perier dichiarò che la rivolta era stata organizzata «contro la libertà del commercio e dell'industria» <ref>[http://fr.wikipedia.org/wiki/R%C3%A9volte_des_Canuts#La_reprise_en_main Révolte des Canuts]</ref> e che la società non si sarebbe lasciata minacciare impunemente. Ed infatti, tre anni dopo, le istituzioni reagirono violentemente all'ennesima rivolta dei canuts.


== Seconda insurrezione (1834)==
== Seconda insurrezione (1834)==


«Nel [[1834]] i ''canuts'', operai setaioli, alleati ai repubblicani delle sezioni dei “Diritti dell'uomo”, insorgevano a Lione contro il progetto di legge sulle associazioni (approvato il [[10 aprile]] [[1834]]) che aggravava le sanzioni che già  colpivano le associazioni dei lavoratori, equiparando le responsabilità  di ogni associato a quelle dei capi e deferendo scioperanti e associati alla Carte dei Nobili (Pairs) e [[Stato]]. Il [[9 aprile]] si scatenava la battaglia.  
«Nel [[1834]] i ''canuts'', operai setaioli, alleati ai repubblicani delle sezioni dei “Diritti dell'uomo”, insorgevano a Lione contro il progetto di legge sulle associazioni (approvato il [[10 aprile]] [[1834]]) che aggravava le sanzioni che già colpivano le associazioni dei lavoratori, equiparando le responsabilità di ogni associato a quelle dei capi e deferendo scioperanti e associati alla Carte dei Nobili (Pairs) e [[Stato]]. Il [[9 aprile]] si scatenava la battaglia.  
 
Quasi 6000 operai occupavano la città tra il Pont de Pierre e il Pont du Concert, la piazza Bellecourt e il Palazzo di Giustizia, dove si stava svolgendo un processo contro sei operai “mutualismi” per lo sciopero di febbraio. Il governo impiegava 15 000 uomini di truppa per prendere nella città alta la Croix-Rousse, fortezza degli insorti, quando già la cavalleria aveva caricata la folla in piazza St. Jean. Dopo cinque giorni di lotta sanguinosa (si calcola che perirono 1200 persone <ref>Secondo altre fonti i morti sarebbero circa 600 tra i lionesi e 400 tra le forze della [[repressione]]</ref> e che furono sparati 170000 colpi di fucile e 1700 di cannone, dalle batterie piazzate sulle colline sovrastanti Lione) la rivolta era domata, dopo che Thiers <ref name="Thiers ">  Louis Adolphe Thiers (1797-1877). Storico e statista francese. Fu Ministro degli interni; represse i moti di Lione (1831) e di Parigi (1848). Concluse “degnamente” la sua carriera come Presidente della Repubblica di Versailles e massacratore della [[la Comune di Parigi (1871)|Comune]]. </ref> aveva ingiunto ai soldati di agire senza riguardi. Alla notizia della sollevazione lionese, le sezioni parigine dei “Diritti dell'Uomo” presero le armi. Thiers fece subito arrestare tutti i capi e al suo ordine di non concedere quartiere 40 000 soldati, al comando di quattro generali, diedero corso alla [[repressione]] che si rivelò durissima: in una sola casa di Via Transnonain furono trovati 12 cadaveri orribilmente mutilati, di donne, vecchi e bambini. Il generale Bugeaud aveva detto alla truppa: "Uccidete tutti, non abbiate pietà, non date requie" e a un comandante della Guardia Nazionale: "Dovete abbattere 3000 faziosi". Del massacro sono famosi i disegni di Honoré Daumier.» <ref>Fonte: [[Bakunin]], ''[[Stato e Anarchia]]'', edizioni Feltrinelli, pag. 178, nota 105</ref>


Quasi 6000 operai occupavano la città  tra il Pont de Pierre e il Pont du Concert, la piazza Bellecourt e il Palazzo di Giustizia, dove si stava svolgendo un processo contro sei operai “mutualismi” per lo sciopero di febbraio. Il governo impiegava 15 000 uomini di truppa per prendere nella città  alta la Croix-Rousse, fortezza degli insorti, quando già  la cavalleria aveva caricata la folla in piazza St. Jean. Dopo cinque giorni di lotta sanguinosa (si calcola che perirono 1200 persone <ref>Secondo altre fonti i morti sarebbero circa 600 tra i lionesi e 400 tra le forze della [[repressione]]</ref> e che furono sparati 170000 colpi di fucile e 1700 di cannone, dalle batterie piazzate sulle colline sovrastanti Lione) la rivolta era domata, dopo che Thiers <ref name="Thiers ">  Louis Adolphe Thiers (1797-1877). Storico e statista francese. Fu Ministro degli interni; represse i moti di Lione (1831) e di Parigi (1848). Concluse “degnamente” la sua carriera come Presidente della Repubblica di Versailles e massacratore della [[la Comune di Parigi (1871)|Comune]]. </ref> aveva ingiunto ai soldati di agire senza riguardi. Alla notizia della sollevazione lionese, le sezioni parigine dei “Diritti dell'Uomo” presero le armi. Thiers fece subito arrestare tutti i capi e al suo ordine di non concedere quartiere 40 000 soldati, al comando di quattro generali, diedero corso alla [[repressione]] che si rivelò durissima: in una sola casa di Via Transnonain furono trovati 12 cadaveri orribilmente mutilati, di donne, vecchi e bambini. Il generale Bugeaud aveva detto alla truppa: "Uccidete tutti, non abbiate pietà , non date requie" e a un comandante della Guardia Nazionale: "Dovete abbattere 3000 faziosi". Del massacro sono famosi i disegni di Honoré Daumier.» <ref>Fonte: [[Bakunin]], ''Stato e Anarchia'', edizioni Feltrinelli, pag 178, nota 105</ref>
==Note==
==Note==
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== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
*[[Ned Ludd]]
*[[Ned Ludd]]

Versione delle 18:58, 31 gen 2020

La rivolta dei canut a Lione: « Vivere liberi lavorando o morire combattendo »

Con la rivolta dei Canuts (canuts: operai delle manifatture della seta) si intende definire le due rivolte popolari di Lione (novembre 1831 e aprile 1834) contro lo sfruttamento e i salari da fame a cui erano costretti gli operai in genere e i setaioli in particolare.

Contesto storico

Una delle conseguenze della rivoluzione industriale fu il progressivo abbandono della terra da parte dei contadini e il trasferimento di migliaia e migliaia di uomini e donne dalla campagna alle città, solleticati dalle promesse di un miglioramente del loro tenore di vita. Dietro queste promesse si nascondeva però la terribile realtà che li aspettava: fame, quartieri degradanti, sfruttamento, immoralità crescente, violenza sulle donne e sui bambini (aumento del numero delle nascite illegittime, dei bambini abbandonati e degli infanticidi) ed ubriachezza molesta. Padri, madri e bambini lavoravano nell'industria tessile dalle 13 alle 15 ore al giorno; tre quarti dei bambini morivano prima di diventare adulti. Per l'operaio della manifattura vivere è non morire» [1], lo sciopero era vietato, il libretto operaio obbligatorio. Il povero era considerato immorale, brutto, sporco e cattivo, nonché pericoloso:

«I barbari che minacciano la società non vengono dal Caucaso né dalle steppe della Tartaria. Stanno nei sobborghi delle nostre città industriali» («Journal des Débats», 1831 [2].)

Contemporaneamente però, con la nascita del movimento operaio, sorse anche uno spirito nuovo, rivoluzionario, che intendeva non accettare questo stato di cose e si riprometteva di cambiarle (in Gran Bretagna è del 1810 lo slogan «Pane o sangue»). Fu questa la seconda rivolta dei "setaioli", dopo quella di Vienna del 1819, quando gli operai fecero sentire la propria voce contro l'introduzione di nuovi macchinari che, oltre ad essere alienanti, minacciavano seriamente il posto di lavoro di tanti operai e operaie. Molti di questi macchinari, in perfetto stile luddista, furono letteralmente distrutti dalla rabbia popolare.

A Lione, per due volte (1831 e 1834) questo nuovo spirito, non remissivo e non disposto più a chinare la testa, emerse fragorosamente al grido di «vivere lavorando o morire combattendo».

Prima insurrezione (1831)

Su alcuni drappi neri i canuts lionesi scrissero il loro proclama di lotta: «Vivere lavorando o morire combattendo»

Gli operai delle industrie della seta (si calcola che i tessitori – canuts - arrivarono ad essere contemporaneamente fino a 30.000.) risiedevano e lavoravano nel quartiere dei Traboules, caratterizzati da passaggi coperti, vie e piazze strettissime tra altissimi palazzi. Il 18 ottobre 1831 i canuts si rivolsero al prefetto del Rodano, Louis Bouvier-Dumolart, per ottenere salari più alti e la riduzione dell'orario giornaliero di lavoro. Naturalmente, grazie anche alla ipocrisia del prefetto che a parole si era dimostrato disponibile a fungere da intermediario con i proprietari, le richieste dei canuts furono respinte il 10 novembre 1831. In quell'occasione il presidente del consiglio Casimir Périer dichiarò: «Gli operai si devono mettere in testa che per loro non c'è altro rimedio che la pazienza e la rassegnazione» [2].

Quest'atteggiamento causò il sollevamento degli operai: il 21 novembre 1831 occuparono il quartiere della Croce Rossa (situato su una collina di Lione), obbligarono i lavoratori a fermare la loro attività ed innalzarono barricate decisi a resistere. Su alcuni drappi neri i rivoltosi scrissero il loro proclama: «Vivre en travaillant ou mourir en combattant» (“Vivere lavorando o morire combattendo”). [3]

Il 22 gli operai presero possesso della caserma del Bon Pasteur e delle armi ivi conservate. Molti edifici dell'esercito e della guardia nazionale furono attaccati e incendiati. Gli operai diventarono “padroni” della città, che però venne evacuata dalle autorità con una violenta battaglia. Alla fine si conteranno 100 morti e 263 feriti tra i militari e 69 morti e 140 feriti tra i civili. Nella notte tra il 22 e il 23 le massime autorità cittadine, il generale Rouget e il sindaco Prunelle, abbandonarono frettolosamente la città.

La notizia dell'insurrezione fu accolta a Parigi con grande stupore. Il presidente del Consiglio francese, Casimir Perier, accusò i saint-simoniani di fare propaganda in favore delle rivolte sociali. Il 25 novembre Perier si espresse dinanzi alla camera deputati annunciando che il duca d'Orlèans, figlio maggiore del re, ed il maresciallo Soult, ministro della guerra, si sarebbero messi alla testa di un esercito di 20.000 uomini per riconquistare Lione. I due attesero pazientemente che la calma fosse rientrata a Lione, così il 3 dicembre, senza spargimento di sangue, ma anche senza alcuna negoziazione e promesse, i soldati entrarono in città. 90 operai furono fermati, 11 di loro arrestati e poi liberati nel giugno 1832. Casimir Perier dichiarò che la rivolta era stata organizzata «contro la libertà del commercio e dell'industria» [4] e che la società non si sarebbe lasciata minacciare impunemente. Ed infatti, tre anni dopo, le istituzioni reagirono violentemente all'ennesima rivolta dei canuts.

Seconda insurrezione (1834)

«Nel 1834 i canuts, operai setaioli, alleati ai repubblicani delle sezioni dei “Diritti dell'uomo”, insorgevano a Lione contro il progetto di legge sulle associazioni (approvato il 10 aprile 1834) che aggravava le sanzioni che già colpivano le associazioni dei lavoratori, equiparando le responsabilità di ogni associato a quelle dei capi e deferendo scioperanti e associati alla Carte dei Nobili (Pairs) e Stato. Il 9 aprile si scatenava la battaglia.

Quasi 6000 operai occupavano la città tra il Pont de Pierre e il Pont du Concert, la piazza Bellecourt e il Palazzo di Giustizia, dove si stava svolgendo un processo contro sei operai “mutualismi” per lo sciopero di febbraio. Il governo impiegava 15 000 uomini di truppa per prendere nella città alta la Croix-Rousse, fortezza degli insorti, quando già la cavalleria aveva caricata la folla in piazza St. Jean. Dopo cinque giorni di lotta sanguinosa (si calcola che perirono 1200 persone [5] e che furono sparati 170000 colpi di fucile e 1700 di cannone, dalle batterie piazzate sulle colline sovrastanti Lione) la rivolta era domata, dopo che Thiers [6] aveva ingiunto ai soldati di agire senza riguardi. Alla notizia della sollevazione lionese, le sezioni parigine dei “Diritti dell'Uomo” presero le armi. Thiers fece subito arrestare tutti i capi e al suo ordine di non concedere quartiere 40 000 soldati, al comando di quattro generali, diedero corso alla repressione che si rivelò durissima: in una sola casa di Via Transnonain furono trovati 12 cadaveri orribilmente mutilati, di donne, vecchi e bambini. Il generale Bugeaud aveva detto alla truppa: "Uccidete tutti, non abbiate pietà, non date requie" e a un comandante della Guardia Nazionale: "Dovete abbattere 3000 faziosi". Del massacro sono famosi i disegni di Honoré Daumier.» [7]

Note

  1. Citazione del filosofo Guépin
  2. 2,0 2,1 9-14 aprile 1834: la rivolta operaia di Lione
  3. «La bandiera di lotta del movimento operaio era tradizionalmente quella rossa, usata come segnale di adunata in varie manifestazioni, in particolare nella Comune di Parigi (1871). ...»
  4. Révolte des Canuts
  5. Secondo altre fonti i morti sarebbero circa 600 tra i lionesi e 400 tra le forze della repressione
  6. Louis Adolphe Thiers (1797-1877). Storico e statista francese. Fu Ministro degli interni; represse i moti di Lione (1831) e di Parigi (1848). Concluse “degnamente” la sua carriera come Presidente della Repubblica di Versailles e massacratore della Comune.
  7. Fonte: Bakunin, Stato e Anarchia, edizioni Feltrinelli, pag. 178, nota 105

Voci correlate