Rinuncia ai diritti d'autore

Da Anarcopedia.
Jump to navigation Jump to search
La versione stampabile non è più supportata e potrebbe contenere errori di resa. Aggiorna i preferiti del tuo browser e usa semmai la funzione ordinaria di stampa del tuo browser.

Nascita

Con l'avvento della tecnica della stampa e la contemporanea nascita del copyright sull'editoria la "rinuncia dei diritti d'autore" ha rappresentato quella forma di protesta che alcuni autori hanno voluto adottare contro i privilegi che si erano venuti a creare sulla produzione dei libri e che rappresentavano solo un controllo ed un limite alla loro diffusione.

Per gli anarchici il principio della "rinuncia ai diritti d'autore" poteva valere, sia in senso assoluto, come vera e propria avversione alla proprietà intellettuale, sia in senso relativo come rinuncia ai vantaggi economici magari per solidarietà nei confronti di altri.

Così, ad esempio, Lev Tolstoj, che era contro la professione dell'intellettuale, rinunciò ai diritti d'autore sulle opere scritte dopo la propria conversione, per aiutare i contadini del suo paese a riscattare la terra.

Nell'arte

Un intero movimento artistico, quello dei Situazionisti di Guy Debord, Gil Wolman, Raoul Vaneigem ed altri, nell'elaborare la teoria del "détournement” avevano adottato la pratica della rinuncia ai diritti d'autore a favore del Pubblico Dominio, come forma di libertà dell'arte completamente slegata da meccanismi di mercificazione, dichiarando: «Poiché persistiamo nella nostra inimicizia verso le regole della proprietà, ancorché intellettuale, questo testo non è sottoposto ad alcun copyright, sicché è riproducibile ovunque, anche senza citare la fonte».

La posizione degli anarchici

Benché non manchi chi, come Lysander Spooner [1], ha difeso la proprietà intellettuale riconducendola ad un diritto naturale, la posizione degli anarchici è spesso critica sia nei confronti dei diritti d'autore (con particolare riferimento ai diritti di utilizzazione economica) sia nei confronti dei brevetti. La negazione della proprietà intellettuale è, infatti, presente, in varia misura, negli scritti di importanti esponenti dell'anarchismo: da Pierre Joseph Proudhon [2] a Benjamin Tucker [3]. Lo stesso Tolstoj, anarchico e romanziere, dichiarò sui quotidiani Russkie Vedomosti e Novoe Vremja di aver rinunciato ad ogni diritto d'autore sulle proprie opere.

La posizione della stampa anarchica

L'espressa rinuncia ai diritti d'autore non ha mai incontrato un grande seguito da parte della stampa e delle case editrici anarchiche e libertarie. In molti casi, forse per disinteresse al tema del copyright, tipicamente legato ad aspetti commerciali, manca una c.d. nota di copyright, l'assenza della quale viene però interpretata dalle leggi dello Stato come una riserva assoluta dei diritti d'autore. Quando, invece, una nota è presente, essa è generalmente di questo tenore (senza comunque l'utilizzazione del simbolo ©, che indica il copyright di Stato): la riproduzione del testo è consentita purché se ne citi la fonte e si rispetti il contenuto (esempio tratto da un testo stampato da La Cooperativa Tipolitografica di Carrara). La richiesta di citare la fonte e di rispettare il contenuto si lega fondamentalmente all'esigenza di impedire la diffusione di falsi originali o estratti contenenti distorsioni o manipolazioni, esigenza comprensibile soprattutto quando si tratta di materiale propagandistico o contenente opinioni personali. Il panorama è comunque variegato: alcune case editrici libertarie si riservano espressamente ogni diritto d'autore, limitandosi ad apporre sui loro prodotti il simbolo ©, altre adottano licenze open content (principalmente le licenze Creative Commons, giacché son le più diffuse), altre ancora dichiarano i propri testi nocopyright (è questo il caso di Nautilus, che utilizza note come questa: «Questo testo non è sottoposto ad alcun copyright. Tutti i diritti sono liberi a norma della collaborazione, solidarietà e mutuo appoggio tra le persone che amano il sapere e l'informazione libera. Qualunque parte di questo libro può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altro, senza l'autorizzazione né nostra né d'alcun altro. Ogni fotocopia che eviti l'acquisto di un libro favorisce la trasmissione di un modo di diffondere la conoscenza che rischia d'essere appannaggio di pochi. È caldeggiata quindi la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, anche ad uso interno e didattico. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica agisce in favore di chi desidera sapere e conoscere, avvantaggia un sapere avverso al censo e opera in favore della cultura di tutti. NOCOPYRIGHT»).

Il dibattito su Anarcopedia

La rinuncia ai diritti d'autore (patrimoniali, morali, derivati e connessi) viene oggi praticata all'estero, soprattutto nei paesi anglosassoni, da tutti quegli autori che, nel combattere la proprietà privata, rilasciano le proprie opere nel Pubblico Dominio rendendole a disposizione di tutti, anche se di fatto però questa disponibilità è solo teorica in quanto le opere, per essere divulgate, finiscono per ritornare sotto copyright sotto mentite spoglie.

La legislazione italiana sul diritto d'autore, a differenza dei paesi anglosassoni, ritiene il diritto morale "irrinunciabile" e pertanto la rinuncia ai diritti d'autore assume significato solo dal punto di vista di diritti patrimoniali ed il Pubblico Dominio si limita in pratica solo a quelle opere i cui diritti d'autore sono scaduti. A tal proposito sulle pagine virtuali della "nostra" Anarcopedia si è sviluppato un intenso e vivace dibattitto dal quale sono scaturite diverse posizioni.

Contro il concetto del Pubblico Dominio anglosassone concepito ad arte solo per permettere a ciascuno, legalmente, di poter lucrare sulle opere di altri autori, espropriandole proprio in virtù della loro rinuncia totale ai diritti d'autore e di fatto vanificando le loro intenzioni anticopyright, Altipiani azionanti propone, tanto in Italia quanto a livello internazionale, la "rinuncia volontaria ai diritti d'autore" del Pubblico Dominio Antiscadenza come una sorta di Pubblico Dominio Anarchico contro la proprietà intellettuale attuata in funzione però della divulgazione delle opere stesse, che essendo pubblicate almeno una prima volta, non possono più, legalmente, essere oggetto di plagio. Si tratta pertanto non affatto di un Pubblico Dominio all'anglosassone al servizio del copyright, bensì di un pubblico dominio anarchico, detto anche "antiscadenza", perché basato non già sulla semplice scadenza del periodo di detenzione dei diritti, bensì sulla rinuncia volontaria dei diritti d'autore esercitata per combattere il copyright e tutte le numerose forme di permesso d'autore che si sono sviluppate sempre e solo per difendere il concetto di copyright che ne è alla base. Col Pubblico Dominio Antiscadenza, sebbene si rinunci in senso legale a tutti i diritti d'autore a ai benefici economici che ne derivano, a differenza del PD anglosassone si continuerebbe a citare il nome dell'autore e si provvederebbe a realizzare tramite una editoria non a fini di lucro la stampa dell'opera on demand (su richiesta), la qual cosa vanificherebbe anche ogni tentativo di plagio da parte di altri.

Diversa è la posizione sviluppata da K2, confluita nell'elaborazione di un manifesto anarcopyright, nel quale si afferma: «Giacché la conoscenza è un bene collettivo e l'anarchia non è il caos, ma una società in cui il diritto e/o i principi etici regolamentano i rapporti sociali, riteniamo che tale diritto naturale e/o tali principi etici debbano regolamentare anche gli aspetti relativi al diritto (quello naturale, non quello positivo dello Stato) d'autore. In altre parole, non rinneghiamo, in chiave "comunista", la proprietà intellettuale (anche se la terminologia non è di nostro gradimento: noi parliamo di maternità intellettuale), ma il fatto che essa sia esclusiva: vogliamo impedire che essa possa creare sperequazioni sociali ed economiche. L'anarcopyright ha un fine ben preciso: non quello di impedire ad uno scrittore di vendere il suo libro, non quello di impedire al musicista di ricevere dei compensi per le proprie composizioni, non quello di promuovere la povertà uguale per tutti, ma quello di non consentire ad alcuno la possibilità di arricchirsi in modo esclusivo attraverso l'altrettanto esercizio esclusivo dei diritti d'autore. Affinché ciò avvenga, è necessario un diritto naturale sulla base del quale l'autore non abbia diritti esclusivi. Tuttavia, essendo l'anarcopyright, nella futura società anarchica come nella presente, una libera scelta individuale e non, in chiave "comunista", un'imposizione calata dall'alto sulla base di chissà quale "diritto naturale rivelato", i sostenitori dell'anarcopyright non hanno la pretesa di escludere le opinioni altrui (nemmeno quelle di chi veda nella formula tutti i diritti riservati una forma di diritto naturale). Pertanto, il sostenitore dell'anarcopyright applica la sua teoria dichiarando che sull'opera e sui suoi derivati non esistono diritti esclusivi (nessun diritto su questa voce e sui suoi derivati è riservato): in questo modo chi non condivide l'anarcopyright non potrà modificare l'opera ed acquisire diritti esclusivi sull'opera modificata. E non potrà farlo, non perché è il diritto dello Stato ad impedirlo, ma perché ad impedirlo è il diritto naturale che l'anarcopyright rappresenta.».

Prima ancora, l'anarcopediano A★G, aveva pubblicato un articolo intitolato Anti-Licenza Anarchica, definita come «una evoluzione anarchica dei concetti di licenza copyleft e di pubblico dominio». «Con una anti-licenza l'autore esprime il desiderio che la propria opera possa essere condivisa e modificata liberamente da altre persone, e rifiuta intromissioni dello Stato. Le anti-licenze dovrebbero: a) non contenere riferimenti o fare affidamento a leggi dello Stato; b) rifiutare la proprietà intellettuale, o almeno impedire che venga utilizzata per opprimere le persone (ad esempio, se inventi una cura salvavita, potresti richiedere che la paghino le persone ricche, ma non chi vive in condizioni di indigenza). Altre caratteristiche desiderabili: a) essere brevi (più semplici da interpretare, con meno ambiguità) o contenere anche solo un paragrafo (in maniera che possa essere allegato al termine della pagina di Anarcopedia, per esempio); b) essere comprensibili (dovrebbero essere tradotte in qualsiasi lingua).».

Voci correlate

Concetti

Personalità contro i diritti d'autore

Collegamenti esterni

Note