Proprietà

Nel campo del diritto la proprietà (in latino proprietas da proprius) è considerato il potere diretto ed immediato su un oggetto o un bene. È quindi ritenuto un diritto reale concede la facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, fatti salvi i limiti e con il rispetto degli obblighi previsti dall'ordinamento giuridico.

Cartina che rappresenta le quattro fasi della civiltà Kurgan [1], che impose la "cultura" patriarcale fondata sulla proprietà privata di beni, esseri umani ed animali.

Il movimento anarchico ha sempre considerato la "proprietà privata" un furto e un sopruso da combattere, anche se diverse fazioni (specie quelle anarco-individualiste) si sono storicamente espresse in favore del "possesso" dei beni, ma non della "proprietà".

Proprietà in senso giuridico

Diritto di Proprietà

In Diritto, la proprietà designa il diritto d'esercitare un completo controllo su un bene, sono a quando non si va contro la legge. Il Codice Civile la definisce come «il diritto di godere e disporre delle cose nella maniera più assoluta, a condizione che non se ne faccia un uso vietato dalle leggi o dai regolamenti». La distinzione di proprietà di un bene si distingue in:

  • usus: il diritto di utilizzo di un bene.
  • fructus: il diritto di cogliere i frutti di un bene.
  • abusus: il diritto di distrugge e/o modificare in toto o in parte un bene di cui si gode.

Questi tre diritti possono essere separati, smembrando così il concetto di proprietà. Questo può tradursi così in uso, usufrutto e enfiteusi\servitù. Il proprietario può supportare di servitù varie, spesso banali (come l'obbligo di superare le onde radio), ma a volte più restrittiva (diritto di precedenza).

Caratteristica della Proprietà

Il bene, oggetto della proprietà, può essere materiale o immateriale:

  • proprietà materiale: è la più intuitiva ed è formata dalle cose tangibili.
  • proprietà intellettuale: è un'invenzione moderna, designa l'insieme dei principi giuridici che mirano a tutelare i frutti dell'inventiva e dell'ingegno umani. Il termine “intellettuale” si lega al concetto di creatività e ingegno umano (beni immateriali), mentre “proprietà” fa riferimento alla vendita o cessione della stessa a un altro individuo.

Cenni storici sulla proprietà privata

Per tutta la preistoria il concetto di proprietà privata è stato praticamente sconosciuto all'umanità. La proprietà privata si impose con l'avvento del patriarcato, frutto – secondo Riane Eisler, Marija Gimbutas ed altri storici – della invasione dei nomadi-pastori Kurgan che si imposero violentemente sulle pacifiche società gilaniche (dominanti in gran parte dell'Europa, e non solo, fino al 4-2000 a.c). Nel tempo la proprietà privata verrà considerata incredibilmente e paradossalmente espressione di libertà, nonostante ciò abbia significato impedire a gran parte degli esseri umani di poter godere di beni sempre appartenuti alla collettività [2] e la costituzione di un sistema gerarchico fondato sul potere dei pochi sulla moltitudine.

Durante il Medioevo prevalse la distinzione tra l'uso di un bene e il suo pieno possesso: es. la terra del feudatario era concesso in beneficio dal sovrano. Il feudatario non era quindi proprietario della terra, teoricamente il Signore ne poteva revocare la concessione quando voleva. In epoca moderna si afferma il principio che un bene immobile (soprattutto la terra) appartiene a chi può dimostrare un legittimo possesso di esso. In questo caso, il bene di cui si rivendica la proprietà non è una contea o un principato (con tutto quello che questi contenevano) ma semplicemente una porzione di terra, fabbricato, strumenti, macchinari per il lavoro, ecc; su queste proprietà si afferma il diritto di disporne assolutamente e pienamente, innalzando quindi il cardine portante del moderno capitalismo.

Resistenze culturali e fisiche all'idea proprietaristica si ebbero in ogni fase storica (dai primi cristiani alle varie occupazioni di terre e ai vari precursori degli anarchici e dei comunisti) sino alle critiche maggiormente articolate dei marxisti e degli anarchici. Mentre i primi si espressero sempre per il collettivismo, gli anarchici si divisero in collettivisti e favorevoli al “possesso” (Proudhon e gli anarco-individualisti statunitensi) individuale e al godimento dei frutti del proprio lavoro. In ogni caso il possesso non può essere confuso con la proprietà privata e gli anarchici, qualunque sia la corrente-tendenza di appartenenza nulla hanno a che spartire con gli anarco-capitalisti, fautori della più becera privatizzazione in nome di una degenerata interpretazione dei pensatori anarchici.

Gli anarchici e la proprietà privata

Il capitalismo è contraddistinto da due elementi fondamentali: la proprietà privata ed il lavoro salariato, anche se senza proprietà privata verrebbe a mancare il fondamento dello sfruttamento del lavoro salariato. Inoltre, la proprietà dei mezzi di produzione è solo possibile se esiste uno Stato, con i suoi apparati di coercizione a disposizione dei proprietari.

La proprietà privata è la radice della coercizione, della gerarchia autoritaria e dell'èlite privilegiata. Come con la monarchia, il lavoratore è la vittima del capitalista, dovendo obbedire agli ordini, alle leggi e decisioni. «Il primo uomo che recintò un pezzo di terra e disse “questo è mio”, trovando gente abbastanza ingenua da credergli, era il vero fondatore della società civile. Quanti crimini, guerre, omicidi, quanti misteri ed orrori potevano essere risparmiati all'umanità, se quell'uomo che vide erigere il primo steccato o riempire il primo fossato, avesse urlato agli altri uomini: “Attenti ad ascoltare quest'impostore; siete persi se avete scordato che i frutti della terra sono di tutti e che la terra non è proprietà di nessuno.» (Jean-Jacques Rousseau - 1996, p.84).

Per capire bene la proprietà privata, bisogna distinguere tra una “proprietà” ed un “possesso”. La “proprietà” è un monopolio su certi oggetti o privilegi protetti dallo stato, che potrebbero essere usati per lo sfruttamento d'altri. Un “possesso”, d'altra parte, è l'occupazione di certi oggetti che non possono essere usati per sfruttare altri (l'auto, il frigo, lo spazzolino da denti ecc.). Per esempio, la casa dove uno vive è un possesso, invece se uno affitta questa casa ad altri, diventa una proprietà. Come, se uno usa un trapano per lavorare, questo trapano è un possesso, ma se assume un altro per usare il trapano, sistematicamente, il trapano diventa una proprietà. Anche se inizialmente, potrebbe essere difficile distinguere, questa distinzione aiuta moltissimo a capire la natura del capitalismo. Questa differenziazione peraltro è il cardine della critica proudhoniana alla proprietà.

Si tende ad usare la parola “proprietà” per tutto, dallo spazzolino da denti alla multinazionale, ma sono due cose diverse e con impatti sociali molto diversi. La differenza tra una proprietà ed un possesso si può vedere dai tipi di relazioni autoritari che generano. Per esempio, sul posto di lavoro, si capisce subito chi determina come debbano essere usati gli “oggetti” e chi effettivamente li debba usare. Questo porta ad un sistema quasi totalitario. Nella società anarchica, non esisterebbero proprietà, ma soltanto possessi. Le case, come i mezzi di produzione, sarebbero possessi di chi li occupa, ma non ci sarebbe mai un diritto di proprietà, come nel sistema attuale.

Pëtr Kropotkin affermava che lo stato era “lo strumento per stabilire monopoli in favore della minoranza regnante”. Mentre certi di questi monopoli sono visibili, altri non si vedono e non hanno bisogno della forza per essere mantenuti.

Ci sono quattro tipi di proprietà che sono protetti dallo Stato:

  • Il potere di dare credito e denaro (la base del capitalismo bancario).
  • La terra e le costruzioni (la base degli affitti).
  • I mezzi di produzione (la base del capitalismo industriale).
  • Le idee e le invenzioni (la base del copyright o “proprietà intellettuale”).

Mantenendo queste forme di proprietà, il capitalismo assicura che le condizioni oggettive dell'economia favoriscano il capitalista, con gli operai liberi soltanto di accettare i contratti di lavoro. Finché lo stato manterrà il controllo delle quattro condizioni suddette, il lavoratore può soltanto sognare l'emancipazione, ma non avverrà mai.

Il sistema attuale non può essere riformato, e quindi va distrutto, perché l'esistenza dello stato, “protettore” del monopolio dei poteri politici, giuridici, legislativi, militari e finanziari, permette l'esistenza dello sfruttamento, le classi sociali, l'oppressione ecc.

Anche certi sostenitori del capitalismo, riconoscono che la proprietà privata fu creata con la forza. Ma queste ammissioni contraddicono l'esistenza stessa della proprietà. L'utilizzo della forza rende illegittimo l'acquisizione di un oggetto. Il furto e vendita di un oggetto non rende la proprietà di un oggetto legittimo, tranne quando è acquistato in buon fede, ma certamente, questo non è il caso. Quindi, se l'iniziale acquisizione dell'oggetto era illegittimo, tutti i diritti seguenti sono pure loro illegittimi. L'appropriazione della terra necessita di uno stato che ne difenda il diritto. Senza uno stato, il popolo potrebbe liberamente usufruire delle risorse della terra per soddisfare i loro bisogni ed esigenze. Quindi, il privilegio e la proprietà sono la conseguenza dello stato.

Ci sono due tipi di libertà: “libertà da qualcosa” e “libertà di fare”.

«La libertà da qualcosa», significa non essere soggetto a dominazioni, sfruttamenti, repressioni o forme di degradazione e umiliazione. Invece, «la libertà di fare» significa essere in grado di sviluppare ed esprimere i propri talenti, abilità e potenzialità nel modo più completo.

Entrambi i tipi di libertà implicano il bisogno di autogestione, responsabilità ed indipendenza. Quindi, il capitalismo e la proprietà privata sono la negazione della libertà.

Gli anarchici e la proprietà intellettuale

Benché non manchi chi, come Lysander Spooner [3], ha difeso la proprietà intellettuale riconducendola ad un diritto naturale, la posizione degli anarchici è spesso critica sia nei confronti dei diritti d'autore (con particolare riferimento ai diritti di utilizzazione economica) sia nei confronti dei brevetti. La negazione della proprietà intellettuale è, infatti, presente, in varia misura, negli scritti di importanti esponenti dell'anarchismo: da Pierre Joseph Proudhon [4] a Benjamin Tucker [5]. Lo stesso Tolstoj, anarchico e romanziere, dichiarò sui quotidiani Russkie Vedomosti e Novoe Vremja di aver rinunciato ad ogni diritto d'autore sulle proprie opere.

Voci correlate

Collegamenti esterni

Note

  1. Kurgan I, regione del Dnieper/Volga, prima metà del IV millenio a. C. Apparentemente si evolve dalle culture del bacino del Volga, si includono come sottogruppi le culture di Samara e Seroglazovo. Kurgan II–III, seconda metà del IV millenio a. C. Include le culture di Sredny Stog e di Maykop del nord del Caucaso. Kurgan IV o cultura di Yamna, prima metà del III millenio a. C., si estende a tutta la regione delle steppe dal fiume Oural fino alla Romania
  2. Es. L'editto delle chiudende
  3. The Law of Intellectual Property; or An Essay on the Right of Authors and Inventors to a Perpetual Property in their Ideas, 1855
  4. Les majorats littéraires, 1862
  5. Anarchism and Copyright, 1888; The Attitude of Anarchism Toward Industrial Combinations, 1899