Olmo Losca

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Olmo Losca

Olmo Losca (10 agosto 1969) è un poeta e scrittore libertario italiano.

Biografia

Olmo Losca nasce nell'estate del 1969 in quel contesto politico-sociale che vide gli e le anarchiche venire tirate in causa per ogni nefandezza. Una campagna denigratoria che culminò, a breve, nell'accusa terrificante di essere i mandanti della strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969). Il padre (Giulio Scapaticci) anarchico, tra i fondatori di quella corrente pittorica degli anni '50 denominata, dai giornalisti Giorgio Kaisserlian e Marco Valsecchi (nella prima esposizione italiana del 1956), "Realismo Esistenziale" ha vissuto quel momento storico. Il padre, poi rinchiuso (in momenti diversi) in manicomio, vivrà periodi di forte espressione artistica (dipingendo incessantemente) legati a periodi di esistenzialismo solitario. Fino alla sua morte, avvenuta nel 2006, non smise mai di ritrarre il disagio delle città (con le loro periferie) e la natura morta (ultimo avamposto alla ghettizzazione sociale).

L'adolescenza

Olmo inizia a scrivere poesie dall'età di 14 anni. Inizialmente guardando i poeti francesi esistenzialisti (Rimbaud, Baudelaire, Verlaine), dove comincia a "destrutturare" i versi dei grandi poeti (in una sorta di adolescenziale "gioco" alla metrica). La sua età e la sua propensione-condizione di timidezza e introversione sociale (figlio di un ex-internato e quindi isolato da molti dei suoi coetanei) lo spingono a crearsi un mondo parallelo fatto di solitudine, fantasia, versi e prosa a lui ancora "incomprensibili" e complicati. Inizia a leggere i grandi pensatori libertari dell'800 e del 900. Scrive poesie sociali (innamorato di Pietro Gori e Virgilia D'Andrea) brevissime e scarne. La poesia sociale come sguardo poetico-politico non lo abbandonerà più. Per un periodo vive con il padre in una casa occupata nella zona Brera di Milano, sucessivamente frequenta e abita in un centro sociale di Bologna e in uno di Genova. A 18 anni parte per un viaggio che lo porterà in giro per l'Europa per diverso tempo. I periodi spagnoli, tedeschi e di Parigi contribuiranno alla sua formazione artistico-poetica.

Il periodo milanese

Rientrato in Italia, a Milano, inizia e conclude innumerevoli lavori per sostenersi. Consegna i giornali, lavora in piccole aziende pubblicitarie e, nei momenti di pausa, porta i volantini libertari inserendoli nelle caselle postali (una sorta di volantinaggio sui generis; invece che la pubblicità mette i volantini politici). Nel 1994, inizia una parentesi più lunga in una grande fabbrica di Milano (Pirelli), sostenendo i 3 turni per 5 anni. In quel periodo cambia tre case. Nel 1997 si allontana dalle grandi associazioni animaliste che seguiva fin dagli anni '80 (WWF, Greenpeace, LAV) e partecipa alle prime manifestazioni italiane anarco-animaliste formate da poche decine di persone che seguivano le orme di Barry Horne (l'antispecista anarchico inglese morto nel 2001 dopo tre scioperi della fame), segue il movimento anarchico e approfondisce, in particolare, il pensiero di Malatesta, Goldman, Galleani, Kropotkin. Nel 1999, a 30 anni, decide di vendere tutto, licenziarsi, e trasferirsi in montagna. La sua vita cambia, completamente. Inizia a fare il contadino, il boscaiolo, l'apicoltore e parallelamente ricomincia a scrivere (riprendendo la poesia e le novelle che aveva "abbandonato" anni prima).

La montagna: poesia visiva e versi nei passi

Inizialmente, Olmo Losca lavora facendo i mercatini dei piccoli contadini, vendendo marmellate, miele e borse in canapa naturale fatte a mano. Questo modo di sostenersi anche se, decisamente, con meno profitto della fabbrica, lo aiuta a scrivere e ad aprirsi, totalmente, verso quel mondo naturale che non conosce. Comincia a scrivere fiabe e novelle per giovani. Approfondisce lo studio dei grandi poeti latino americani (Cortazar, Neruda, Mendes). Riprende il discorso della poesia "animalista" (un approccio poetico nei confronti degli altri animali che era nei suoi versi già da ragazzo quando manifestava, nel 1985, contro le pelliccerie). Nasce cosi, in lui, la poesia sociale antispecista. Nasce proprio osservando il circostante e la fatica della sopravvivenza negli altri corpi animali. Nel 2001, a luglio, è a Genova e vede la repressione da vicino, più avanti testimonierà la sua esperienza in serate dedicate a quelle giornate. Nel novembre dello stesso anno partecipa ai funerali di Barry Horne. Le escursioni in alta montagna vicino a casa (della durata anche di qualche giorno in tenda) lo aiutano a comprendere il silenzio e il rispetto della solitudine cercata. I versi cominciano a uscire con meno fatica e l'ascolto dei rumori della foresta lo spingono a scivere nuove novelle e racconti del bosco.

Il rifugio: il sogno solidale dei viandanti

Intanto la sua esperienza come abitante delle "Alte valli" lo avvicina anche ai rifugi alpini, dove ne gestisce uno per due anni e questo periodo lo porta a collaborare con altri gestori alle "Vie" degli escursionisti. Conclude (per ragioni politiche legate allo sfruttamento animale) l'esperienza, nel 2010, di apicoltore "diverso" (le etichette del miele erano immagini di anarchici e anarchiche storiche con una brevissima biografia: questo strano modo di etichettare i vasetti di miele lo porterà in diverse manifestazioni e giornate libertarie in giro per l'Italia). Non potendo più lavorare solo come contadino (le entrate, senza il miele, erano inferiori alle uscite), inizia a collaborare, dal 2012, nei rifugi di alta quota. Le stagioni nei rifugi cambiano le dinamiche economiche. Lavorando 5 mesi l'anno, riesce a sostenersi per gli altri 7 e la sua scrittura ha così il tempo necessario per essere sviluppata ulteriormente. Dal 2013 riprende, in modo profondo, a scrivere poesie (soprattutto disarticolando le innumerevoli che aveva scritto dai 16 anni ai 35), completa dei racconti, pubblica novelle e articoli di critica sociale, saggi sull'antispecismo (che lo porteranno a fare diverse conferenze in Italia) e approfondimenti di ecologia radicale. Nel 2017 apre un sito Internet e un canale YouTube (dove legge i versi accompagnandosi con la musica), e inizia a pubblicare libri. Attualmente sta lavorando a un progetto-libro di fiabe per adulti legate alla questione animale e a un libro di poesie intimiste.

La poesia sociale secondo Olmo Losca

Olmo Losca durante un reading
Les Poésies de l'Orme – anarchismo e questione animale

«La prosa sociale rientra a tutti gli effetti nella poesia classica ma, nello stesso istante, è anche colonna portante nella lotta politica. Per politica, naturalmente, s'intende quella spinta rivoluzionaria che ha mosso gli individui, nella storia, per ottenere la libertà individuale e collettiva e non certo la politica dei partiti, che nulla hanno a che fare con la politica dell'esistente. Ogni cosa che facciamo, nella vita, è impregnata di politica. Ogni scelta che decidiamo o subiamo è una scelta politica. Anche quella ipotesi in cui neghiamo, per pigrizia o superficialità, la politica, è una scelta politica. In ogni singolo movimento che realizziamo nella vita (lavorativo, alimentare, sociale o artistico), stiamo compiendo una scelta ben precisa di politica. Ecco perché la poesia sociale, come movimento artistico, è internazionalista e libertaria».

«Paradossalmente si potrebbe pensare che la poesia classica e quella sociale siano due mondi differenti, due binari che non possono unirsi. In realtà sono soltanto due note in un pentagramma, due ricami diversi della stessa maglia. Per suonare, la poesia ha bisogno di tutte le note. La poesia è di tale urto e ampiezza che non si può abbeverare a una sola fonte. Come la pittura, la scultura, lo scritto, la musica, anche la poesia può essere abbracciata, accarezzata, baciata o stracciata, colpita, disgregata. Nel mio caso ho sempre sentito la poesia come una brezza delicata marina e, subito dopo, la tempesta, una giornata torrida e il freddo pungente dell'inverno. A volte riposante altre volte insonne. I versi in prosa corrono delicati sul filo della terra seminandola e, nello stesso tempo, la bagnano con l'uragano. La poesia sociale è tutto questo e ancora di più. Una lotta esasperata, persa ma non sconfitta, una sintesi perfetta della natura che ci circonda. La natura è pura poesia e la poesia sociale la difende».

«In sintesi, la poesia sociale chiede l'autogestione, il mutuo appoggio, il libero scambio di sensazioni, l'autonomia di tutti, la vita. E non lo chiede al potere insindacabile del Sistema o a sapienti seduti sui troni, non a "culture" che non ci appartengono, ma al vento. Lo chiede alla burrasca che rende sordi, alle montagne celate dalle nubi che fanno il cammino difficoltoso, al richiamo della sorgente che esplode in mille gocce, agli zoccoli che attraversano i deserti, agli ululati e ai bramiti. Lo chiede alla natura stessa, unica e sola legge a cui prestiamo obbedienza».

Sentieri in cammino

«La poesia sociale è, incontrovertibilmente, anarchica. Cosa significa in altri termini? È il continuare a farsi domande, non seguire la massa, interrogarsi secondo dopo secondo. Finalmente perdere e allontanare il concetto di "Vincere e vinceremo". Distruggere i circuiti costruiti sulla nostra schiena fin dall'infanzia, destabilizzare la processione religiosa del Sistema, tuffarsi in nuove avventure e abbandonare la certezza per l'incertezza, scardinare le serrature della mente. La poesia sociale è come il pennello per il pittore, lo scalpello per lo scultore, la lastra fotografica, le quinte, il violino, l'arpa. È un'arma. Un'arma affilata contro gli stereotipi, l'omologazione, il sonnifero sociale, la classificazione e la sua confusione a decibel infiniti. È armonia e antipatia, struttura discordante, disturbante. È guerriglia del pensiero, amica della fantasia e nemica della competizione. Dipinge, suona, comprime il corpo e poi lo lascia andare, sogna e trasmette incubi, cambia la prospettiva, reagisce irrazionalmente, perde il controllo, raccoglie l'istinto e lo fa volare. Sopravvive testarda in un mondo che ci vuole tutti uguali. La poesia sociale è tutto questo quando il "questo" non è ancora sufficiente. È un impervio sentiero pieno di sassi, una frana pronta a precipitare sui luoghi comuni, una massicciata che corrode le reti metalliche della morale, un tramonto sferzato da aria pulita, un orizzonte dove lo sguardo non ha impedimenti, una giornata frizzante dove la bora trascina via le nebbie, una località senza barriere o confini, un luogo dove non esistono più le convinzioni di proprietà, la religione sostenibile nei movimenti della salvaguardia dell'ambiente, dell'abolizione, della genuflessione al mito, all'idolo».

«Come diceva il grande poeta sociale polacco Wojaczek: "Ogni essere umano ha la sua corda sensibile: il problema è di scoprirla e farla vibrare. Siamo tutti vittime di questo sistema. Coloro che dicono che ci sono superiori e inferiori, intelligenti e stupidi, eroi e codardi, saggi e irragionevoli sono quelli che vogliono mantenere, stringere, legittimare le catene. Guardatevi da chi in modo arrogante, clericale, borghese, autoritario divide gli oppressi in giusti e sbagliati. Saranno gli stessi che nella burrasca vi lasceranno affogare... ". Ed è in quello sguardo che Wojaczek si mosse nella sua breve vita (si suicidò a 26 anni). La poesia sociale ha fatto e fa paura, ha impresso spesso slanci alle rivoluzioni del passato (la rivoluzione messicana di Zapata) e del presente (la guerriglia dei Mapuche in Patagonia), ha subito repressioni feroci (centinaia sono i poeti sociali uccisi dal 1920 a oggi), ha conosciuto il confino, la disperazione, la violenza, la mistificazione, l'insabbiamento, lo scherno e la menzogna, ma ha continuato a esistere. E continuerà fino a quando esisteranno poeti sociali che imprimeranno con l'inchiostro l'arma della riflessione, dell'emancipazione, dell'autodeterminazione, della libertà.»

«Virgilia D'Andrea (la poetessa anarchica amica di Malatesta) ripeteva spesso che i versi in poesia se in direzione dello sfruttato, dell'oppresso, sono armi contro l'autorità, il fascismo, il totalitarismo. Ma se, viceversa, sono omologati al potere, allora si tramutano in lenzuoli che coprono la verità, in sacchi di canapa che nascondono i crimini. La poesia nella storia è stata usata per liberare ma anche, purtroppo, per rinchiudere. In tutto questo la poesia sociale ha un compito ben preciso: strappare quei lenzuoli e bruciare quei sacchi.»

«Il poeta sociale africano Ken Saro-Wiwa prima di essere impiccato nel 1994, "colpevole" per il suo impegno a favore degli ultimi e dell'ambiente, disse: "Tutti noi siamo di fronte alla storia. Io sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente. Così ho dedicato tutte le mie risorse materiali ed intellettuali a una causa nella quale credo totalmente, sulla quale non posso essere zittito. Non ho dubbi sul fatto che, alla fine, la mia causa vincerà e non importa quanti processi, quante tribolazioni io e coloro che credono con me in questa causa potremo incontrare nel corso del nostro cammino. Né la prigione né la morte potranno impedire la nostra vittoria finale".»

«Ecco perché dico sempre che la poesia e la noia (cioè quel luogo comune che indica nei versi un afflato noioso e inutile) sono come l'acqua e l'olio; non si possono mischiare. È altresì vero che spesso i poeti che ci fanno studiare nelle aule della scolarizzazione sono sempre gli stessi, tediosi, ripetitivi e decisamente oscuri (senza dare giudizi, naturalmente). I poeti e le poetesse sono un baratro esistenziale indecifrabile (e spesso usati loro malgrado), ma la poesia non ha una sola direzione, infinite sono le sue direzioni. Basta seguire quel sentiero che all'apparenza è più impervio ma che in cima alla salita apre l'orizzonte a una tale moltitudine di colori che anche la luce ha timore ad avvicinarsi, ad accecare.»

Libri

  • Per la casa editrice francese Éditions du Monde Libertaire (la casa editrice della federazione anarchica francofona) pubblica nel maggio del 2019 "Les Poésies de l'Orme – anarchismo e questione animale", una raccolta di poesie sociali scelte. Il libro è bilingue (francese/italiano). [1]
  • Per la Cassa Anti-repressione pubblica nel febbraio 2020 "Sentieri in Cammino" un libro di racconti sociali dove in forma di "novelle brevi" affronta le diseguaglianze e le oppressioni nei confronti degli ultimi. [2]

Note

  1. Articolo di Maddalena Porcelli, Umanità Nova, 1 settembre 2019
  2. «Questi sono racconti, storie, novelle, destinate al vento di grecale. Quel vento freddo e impetuoso che ognuno di noi ha nel cuore. Una sorta di vento che investe un sentiero scomodo e lastricato di ostacoli, un "Vento sbagliato" parafrasando Faber. Lo sbaglio non è in funzione delle storie in sé, che vado a raccontare, ma della consapevolezza che queste storie trasportano: la libertà. E come sappiamo tutti, le storie di libertà, in questa società, sono quasi sempre sbagliate. L'osservare la libertà, cioè il concetto più bello che possiamo immaginare, per il potere è sempre sinonimo di errore. Il potere non vuole la libertà, anzi, ne obbliga la schiavitù dei nostri corpi. Ma non potrà mai obbligarci a non pensare, a non sognare, a non desiderare. Può toglierci tutto ma non il desiderio di emancipazione e di speranza. La speranza come costruzione del futuro in una dimensione nostra a prescindere dal luogo in cui siamo. L'Utopia possibile e concreta. Continueremo a sentire il vento anche se con le ali bruciate e ferite dal dolore. Le storie sono semplici come sono semplici le avventure dentro di noi; solchiamo i mari in piccole barche sbattute dal vento ma non affondiamo mai. Anche se la burrasca vuole inghiottirci. Ogni racconto è un impulso a viaggiare stando fermi, a sperimentare, a costruire. Ci sono i racconti sociali, quelli contro i generi imposti dalla società, quelli del freddo di montagna e della calura estiva. Il mio augurio è quello di conservare intatto il nostro essere bambini e bambine, il nostro sguardo sognante verso la libertà. Potrei definirlo un libro in cammino, cioè quello spazio temporale che non ha tempo e spazio. Il cammino che non conosce né direzioni né traguardi ma solo passi. Passi che non si fermano fino a quando non decidiamo noi se fermarli. Nessun'altro. Questo è il significato del titolo: "Sentieri in cammino". Quello sguardo unico e irripetibile che abbiamo a prescindere dalla geografia dove siamo nati, a dispetto dei confini o delle etnie. Lo sguardo non ha nulla di questo. Non ha colore o appartenenza, non ha obblighi o divieti. Lo sguardo è quella sensazione che ci riscalda in inverno, che ci dà sentimento e amore. Lo sguardo è un modo semplice per indicare che siamo tutti uguali, nelle differenze. Lo sguardo del bambino in mezzo al mare che, tra le onde, scrive al padre è lo stesso sguardo del senzatetto nelle vie anonime delle città, ed è lo stesso di quel marinaio che, deriso da tutti, ha come amica una capra solitaria o di Paloma, la ragazza "strana". Lo sguardo non ha barriere o sbarre, non ha recinzioni o muri. Lo sguardo vola come il cormorano in autunno, sale in cielo e sprofonda negli abissi marini subito dopo. Come dico sempre: la solitudine è un concetto che in solitudine non esiste. Così come quel cormorano che alla vista sembra solitario, è in realtà un meraviglioso spirito libero. Solo agli occhi degli altri ma gioioso ai suoi. Nonostante la vita, nonostante il dolore, nonostante la rabbia o lo sconforto. Nonostante le sconfitte o le perdite. Così siamo noi: cormorani che volteggiano liberi tagliando la pioggia, la burrasca, la tormenta, la siccità, la privazione, la fame e le disuguaglianze, le percosse e le umiliazioni. Non dimentichiamo mai chi siamo; spiriti unici e irripetibili. Creature che, nonostante una vita di "errori", siamo ancora capaci di volare. Siamo ancora capaci di amare.» (estratto dalla prefazione al libro).

Voci correlate

Collegamenti esterni

Interviste