Nathalie Lemel

Nathalie Duval Lemel (Brest, Finistère, 24 agosto 1826 - Ivry-sur-Seine, Val-de-Marne, 25 maggio 1921), fu una femminista, socialista e comunarda francese.

Nathalie Lemel

Biografia

Nathalie Duval nasce in una famiglia di modesti commercianti che la fanno studiare fino a dodici anni e poi l'impiegano presso un rilegatore di libri. Nella bottega artigiana lavora anche Jérôme Lemel, che Nathalie sposa nel 1845 e ne ha tre figli. Nel 1849 la famiglia Lemel si trasferisce a Quimper dove apre un negozio di libri che però fallisce nel 1861. I Lemel emigrano allora a Parigi.

Nella capitale Nathalie lavora ancora come operaia rilegatrice. I bassi salari provocano frequenti scioperi e nel 1865 Nathalie, che ha aderito alla I Internazionale, viene eletta delegata sindacale, [1] distinguendosi per determinazione nell'impegno sindacale e politico, battendosi in particolare per la parità di salario tra uomo e donna. I rapporti della polizia la descrivono come un'esaltata, perché « si occupa di politica, in fabbrica legge a voce alta cattivi giornali e frequenta assiduamente i clubs ».

Nel 1868 si separa dal marito, ormai alcolizzato e contrario a che la moglie si occupi di politica, e prosegue la sua militanza, fondando con Eugène Varlin e altri operai la cooperativa « La Ménagère », che si occupa di alimentazione arrivando a occupare 8.000 addetti distribuiti in quattro stabilimenti, e la trattoria « La Marmite », che Nathalie dirige e dove fa la cuoca: frequentata da operai e artigiani, vi si spende poco e si parla di politica.

La Comune

Il 18 marzo 1871 Parigi si costituisce in Comune insurrezionale. L'11 aprile Nathalie fonda e dirige con Elisabeth Dmitrieff l'Union des femmes. Quando la reazione del governo borghese di Versailles si fa più intensa e in maggio l'esercito entra a Parigi, Nathalie combatte, con altre cinquanta donne, sulle barricate di place Pigalle, prendendosi anche cura dei feriti.

Massacrati 25.000 parigini e schiacciata la Comune rivoluzionaria, per disperazione Nathalie tenta il suicidio. Il 21 giugno è arrestata e condannata dal Consiglio di guerra alla deportazione nella Nuova Caledonia. È malata ma rifiuta la domanda di grazia che i suoi amici vorrebbero presentare a suo nome: il 14 dicembre 1873 sbarca con Louise Michel e altre deportate nell'isola Ducos. Come la Michel, e diversamente dalla maggioranza dei deportati, nel 1878 solidarizza con gli abitanti, i Kanaki che, colonizzati e sfruttati dai francesi, si sono rivoltati contro gli oppressori.

Amnistiata nel 1879, torna a Parigi, prosegue l'attività politica e si mantiene lavorando nella tipografia del giornale di opposizione L'Intransigeant. I suoi figli non le sopravvivono e Nathalie passa gli ultimi anni vecchissima, sola, cieca e in miseria, all'ospizio di Ivry-sur-Seine, dove muore nel 1921. Nel 2006, il Consiglio del III arrondissement di Parigi ha deliberato di intitolarle una piazza, inaugurata l'8 marzo 2007, presso i luoghi dove ella abitò e dove sorgeva la sede della sezione parigina della I Internazionale. Altre vie, nella città natale di Brest e a Quimper, portano il suo nome.

Note

  1. In realtà i sindacati erano formalmente vietati dal regime napoleonico, ma gli operai aggiravano il divieto costituendo club o «società operaie» che di fatto erano dei sindacati.

Bibliografia

  • Eugène Kerbaul, Une Bretonne révolutionnaire et féministe, Pantin, Éditions Le Temps des cerises, 1997

Voci correlate