Mir

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Copertina della rivista obščina

Il mir, che ha la sua origine nell'epoca medioevale, era l'assemblea comunitaria dei villaggi della Russia zarista. Con l'abolizione della servitù della gleba, il mir assunse un ruolo centrale nella gestione comunitaria della terra, chiamata obščina, che venne concessa ai contadini russi dietro sostanzioso “riscatto”.

Il mir

L'anarchico Bakunin nel suo Stato e anarchia individua nel Mir la predisposizione naturale e storica del popolo russo verso l'autogestione e la collettivizzazione delle terre: «Tutta la terra appartiene al popolo...il diritto di godimento non appartiene all'individui ma al Mir...l'autogoverno comune del Mir...[dimostra...]...la palese ostilità della comunità nei confronti dello Stato...» [1].

Il Mir assunse maggiore importanza con l'abolizione della servitù della gleba (decreto dello Zar Alessandro II del 3 marzo 1861), risultato di un lungo processo storico che ebbe il suo culmine nelle ribellioni del XIX secolo.

Le rivolte popolari

Herzen (nell'immagine) l'obščina non fu altro che il "seme della futura società socialista"

L'800 russo fu un continuo susseguirsi di rivolte, portate avanti sia da parte degli strati più poveri della popolazione (la più importante fu in realtà messa in atto da Pugacev nel XVIII secolo, il quale fu poi condannato allo squartamento nel 1775) che dai ceti privilegiati (vedi moti decambristi del 1825). Allo sviluppo di queste lotte contribuirono non poco i romanzi e i testi di intellettuali e di personalità come Nikolaj Gavrilovic Cernysevskij, Ivan Turgenev, Aleksandr Puskin, Petr Lavrov ecc., molti dei quali erano stati in esilio in Occidente ed avevano conosciuto la realtà aberrante dell'industrializzazione. Questi, invece di celebrarla, l'avevano condannata senza mezzi termini, promovendo la socializzazione delle terre unitamente ad un'appropriata utilizzazione della tecnologia occidentale, in funzione però dell'alleviamento della fatica dei lavoratori e non del loro sfruttamento; anche gli anarchici, Kropotkin in testa, contribuirono notevolmente a questa lotta, risultando decisivi anche nello sviluppo del percorso che portò all'abolizione della servitù della gleba.

Il mir e la gestione dell'obščina

Con il termine obščina si indica la “comune” agricola contadina russa, in opposizione alle attività agricole individuali, che presero corpo in seguito all'abolizione nel 1861 della servitù della gleba. Mentre l'obščina fa riferimento al fattore terra della comune, il mir era il vero e proprio organo direttivo della stessa: il mir non solo aveva il compito di distribuire le terre ai singoli contadini, i quali non divenivano proprietari ma usufruttuari, ma anche garantire collettivamente il versamento delle tasse, la restituzione del riscatto per l'abolizione della servitù, il reclutamento militare ecc. Tuttavia, la reale autonomia individuale all'interno del mir era fortemente limitata dalla sua strutturazione gerarchica, riflesso dell'organizzazione piramidale della Russia zarista, secondo cui il potere decisionale spettava esclusivamente agli uomini e agli anziani dell'assemblea.

Il senso dell'obščina e della proprietà comunitaria della terra è evidenziato dal seguente documento:

«Il suolo appartiene alla totalità, ma se ne lascia il godimento alla comunità [contadina]. Questa non può alienarlo né in tutto né in parte. In essa il singolo non può mai essere proprietario, sebbene ogni membro della comunità abbia con tutti gli altri uguale diritto allo sfruttamento [...]. In seno alla comunità abbia con tutti gli altri uguale diritto allo sfruttamento [...] In seno alla comunità non vi sono che usufruttuari: quindi per il suolo non esiste diritto di eredità. Il figlio non eredita il campo paterno, e riceve la sua porzione non in forza del diritto ereditario, ma quale membro della comunità» [2].

Nonostante tutte le contraddizioni, secondo Aleksandr Ivanovič Herzen l'obščina non fu altro che il seme di una futura società socialista e contribuì ad un fermento culturale che portò, nel 1878, all'uscita di un'omonima rivista, nella quale erano riunite tutte le tendenze socialiste, tra cui quelle anarchiche.

Michail Bakunin nel celeberrimo Stato e anarchia, analizzò accuratamente limiti e potenzialità del mir

C'é da dire che l'idea insita nell'obščina e nel mir non furono nuove od estranee alla storia dell'umanità, basterebbe pensare per esempio alle comunità agricole del neolitico (vedi società gilaniche), e comunque essa contribuì anche alla promozione di attività artistiche, oltre allo sviluppo di movimenti comunitaristi autogestionari o cooperativi.

Limiti e potenzialità rivoluzionarie del mir

Bakunin vedeva nel mir un organismo con enormi potenzialità rivoluzionarie, anche se il limite che individuò in questa struttura era «l'isolamento e la separazione dei contadini [del mir]. L'anarchico russo riteneva prioritario operare per «collegare tra essi i mir isolati», affinché i contadini «non si sentano più isolati ma sappiano invece che dietro di loro...c'è l'immenso, sterminato mondo delle masse operaie che si preparano allo scoppio universale» [3].

Egli pensava quindi che affinché il mir potesse adempiere a queste funzioni sarebbe stato quindi indispensabile contrastare le derive antiautoritarie e patriarcali, che infettavano tanto il mir (diritto di voto ai soli uomini e agli anziani) quanto il resto della società zarista, di modo che l'assemblea popolare potesse finalmente assumere un ruolo guida sia nella fase pre-rivoluzionaria che nell'ambito della vera e propria rivoluzione sociale.

Proprio perché le insurrezioni proseguirono lo zar limitò l'autonomia dei mir, ripristinando alcune vecchie forme di autocrazia russa, ma come risultato si ebbe la radicalizzazione delle proteste: nel 1881 lo zar Alessandro II fu assassinato dai populisti di Volontà del Popolo. Il mir fu poi definitivamente abolito nel 1905 in seguito alla riforma agraria voluta dal ministro Stolypin.

Note

  1. Stato e anarchia, da pag. 242 a pag 243, edizione Feltrinelli
  2. Storia e storiografia Vol II, Antonio Desideri
  3. Stato e anarchia, da pag 246 a pag 253, edizioni Feltrinelli

Voci correlate

Collegamenti esterni