Mapuche

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Manifestazione mapuche in difesa dei prigionieri politici

I Mapuches, letteralmente « Popolo della Terra » in mapudungun, sono gli abitanti aborigeni della zona centro-meridionale del Cile e dell'Argentina. [1]

Terminologia mapuche essenziale. Origine e significato

Il termine Mapuche deriva dalla fusione di due parole in lingua Mapudungun (mapu significa «la terra» e dungun significa «parlare»): Che, «Popolo» e Mapu, «della Terra». In Spagnolo sono anche indicati come araucanos (Araucani), il cui significato sarebbe riconducibile a due scuole di pensiero: la prima sostiene che nasca dalla parola Quechua awqa (che significa «Ribelle»), la seconda fa derivare il termine dal nome geografico Mapuche Ragko, che vuol dire «acqua argillosa».

Con Wall Mapu, Wallmapu o Wajmapu (mapudungún: wall mapu, 'terra mapuche') si definisce la nazione mapuche che culturalmente, geograficamente e storicamente è stata abitata in diversi gradi nel territorio del Cono Sur de América (Cono meridionale) [2]: dal rio Mapocho per il nord fino all'arcipelago di Chiloé per il sud — nella riviera sudorientale dell'oceano Pacifico — e dalla latitudine sud di Buenos Aires fino alla Patagonia — nella riviera sud-occidentale dell'oceano Atlantico.

Organizzazione sociale ed etnie

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi Società e Antropologia anarchica.

I Mapuche, la cui economia si basa da sempre sull'agricoltura, sviluppano la propria organizzazione sociale in famiglie estese con un antenato comune (chiamate "lof"), sotto la direzione di un "lonko" o capo, sebbene in tempi di guerra vari lof possano unirsi per andare a costituire gruppi più larghi detti rehues (una sorta di tribù) guidati da un "toqui" («portatore d'ascia»). Anche in tempi di grandi calamità o altri gravi problemi che coinvolgano grandi estensioni di territorio, vari rehues si riuniscono per generare i cosiddetti aillarehues, a capo dei quali c'è il Mapu-toqui.

I Mapuche sono una etnia variegata composta da numerosi gruppi che condividono tra loro una stessa struttura sociale, religiosa ed economica, così come una eredità linguistica comune. Attualmente i gruppi etnici principali in cui si suddividono i mapuche sono:

  • Pehuenche nell'Alto Biobío.
  • Lafkenches («Gente del mare/gente dell'ovest») sulla costa delle province di Cautín e Valdivia.
  • Huilliches nelle province di Osorno e Chiloé (questi ultimi preferiscono essere chiamati "veliches").
  • Nagche («Gente di giù») e wenteche («Gente di su») nelle province di Malleco e Cautín. Il primo termine viene usato per chi abita nella regione detta Depresión Intermedia; il secondo per gli abitanti della Precordigliera andina.

La lotta per la terra

Exquisite-kfind.png Vedi Intervista ai Mapuche.

Dalla scoperta dell'America in poi, le comunità native mapuche portano avanti una dura lotta contro i coloni prima e contro lo Stato del Cile poi, rivendicando il diritto del possesso collettivo dei terreni della regione dell'Araucanía, nel centro-sud del Cile. Le forme di lotta vanno dal pacifismo al sabotaggio e all'azione diretta violenta.

Il conflitto mapuche-cileno o questione mapuche-cilena assume tale denominazione solo con la fine della dittatura Pinochet, il ritorno alla democrazia rappresentativa nel 1990 [3] [4] e la nascita del Consejo de Todas las Tierras.

«Dall'inizio degli anni '90 le rivendicazioni indigene hanno ripreso forza, in particolare attuando il cosiddetto “recupero produttivo” delle terre, che consiste nell'occupare terreni che erano di proprietà delle comunità e ricominciare a seminarli. Un'altra forma di lotta è il sabotaggio delle imprese forestali, ad esempio dei mezzi come camion, ecc. I mapuche, per scelta, non fanno uso di violenza fisica verso le persone durante le loro azioni. Queste forme di lotta sono state attuate soprattutto nelle provincie di Malleco (regione dell'Araucania) e di Arauco (regione del Bìo Bìo). In particolare, la zona compresa tra le municipalità di Ercilla e Collipulli è chiamata “la zona rossa del conflitto mapuche”, dove c'è un vero e proprio “conflitto a bassa intensità”, tra lo stato cileno e i suoi cittadini mapuche. Questo significa un altissimo grado di militarizzazione del territorio, continue incursioni con i mezzi dei vari corpi di polizia all'interno delle comunità, irruzioni armate nelle case, con la scusa di effettuare arresti o perquisizioni, uso di violenza, minacce, intimidazione, e infine le numerosissime denunce verso gli appartenenti alle comunità in lotta, con le accuse più disparate e largo utilizzo della prigione preventiva e delle leggi speciali di sicurezza. A questo si aggiungono le le violenze delle forze di sicurezza privata delle forestali e dei gruppi paramilitari.» [5]

Nel 1993 viene approvata la Ley de Desarrollo Indígena (Legge di Sviluppo Indigena), che promuoveva la cooperazione tra Stato e referenti mapuche. Nel 1997 la pacificazione entrò in crisi quando l'impresa ENDESA España iniziò la costruzione di una seconda centrale idroelettrica nella zona di Alto Bío Bío (con il nome di Ralco). Alcuni dei mapuche-pehuenche che abitavano in zona non vollero abbandonare la terra appellandosi al fatto che l'organismo denominato Corporación Nacional de Desarrollo Indígena (CONADI) aveva bocciato il mega progetto idroelettrico. A questo punto il Presidente cileno Eduardo Frei, del tutto arbitrariamente, destituì il presidente del CONADI e autorizzò l'allagamento di centinaia di ettari di terra appartenenti alle comunità mapuche. Nella stessa epoca, inizia anche lo sfruttamento delle piantagioni forestali, che erano state impiantate durante la dittatura militare di Pinochet nelle terre concesse al popolo Mapuche dal governo di Salvador Allende, ma che in seguito erano cadute nelle mani di vari potentati economici. Gli interessi delle compagnie del legname che sfruttano le foreste in territorio Mapuche; la paura degli agricoltori che coltivano terreni usurpati alle comunità mapuche e la crescente violenza alla fine del 1990 nella zona, porterà il Senato a esprimere in un rapporto la sua preoccupazione per l'intensificarsi del conflitto. [6] Tuttavia, questa relazione venne messa in discussione perché contiene le testimonianze di oltre 15 allevatori cileni e di solo un rappresentante Mapuche.

Relativamente all'Argentina, esiste da tempo un contenzioso tra i mapuche e Benetton [7] e tra le comunità dei Mapuche di Neuquén (uno Stato dell'Argentina meridionale) e le multinazionali petrolifere come la Chevron. [8]

La repressione

Alcuni casi di omicidi polizieschi e violenze istituzionali

Diverse organizzazioni mapuche hanno energicamente denunciato la criminalizzazione della lotta sociale che portano avanti da tanti anni. Sono stati denunciati innumerevoli attacchi contro le loro comunità, che hanno coinvolto anche bambini. Il 30 ottobre 2007, il 13enne Patricio Queipul Millanao è stato ferito al petto da almeno sei spari della polizia. [9] A questo va aggiunto il caso che nel gennaio 2001 coinvolse Daniela Ñancupil, fatta oggetto prima di spari d'arma da fuoco e poi, l'anno seguente, misteriosamente rapita da civili, i quali le intimarono di non preoseguire nella sua attività in favore dei mapuche. [10] Altri casi di omicidi di Stato contro i mapuche sono stati quelli dio Alex Lemun, Jaime Mendoza Collio, Matías Catrileo, Patricia Troncoso e quello recentissimo di Rodrigo Elicer Melinao Licán. [11]

Nel frattempo, nel marzo 2007, il Comitato per i diritti umani ha relazionato sulle pratiche di criminalizzazione del movimento sociale Mapuche, esortando il governo cileno a rivedere la Legge Antiterrorismo in vigore dall'epoca di Pinochet, che le autorità utilizzano ancor oggi per somministrare pene pesantissime a indigeni e solidali impegnati nella lotta. Il Comitato ha anche esortato il governo cileno a consultarsi con le comunità indigene prima di concedere licenze per lo sfruttamento economico della terra contesa e di garantire che in nessun caso l'operazione in questione metta a repentaglio i diritti riconosciuti nel Patto.

Repressione durante il governo Lagos

Durante il governo del socialista Ricardo Lagos, la risposta dello Stato alla lotta dei Mapuche fu durissima: la repressione contro gli attivisti mapuche da un lato fa uso degli strumenti legalitari per giustificare la violenza istituzionale che provocò per esempio la morte del giovane Alex Lemun Saavedra (caduto vittima degli spari dei carabineros il 12 novembre 2002), dall'altro gli stessi strumenti servirono per mettere fuori legge l'organizzazione Coordinadora Arauco-Malleco (fondata nel 1998 a Tranaquepe) ed arrestare molti attivisti della stessa, tra cui Pascual Pichun e Aniceto Norin, condannati a 5 anni e un giorno per «minaccia di incendio terroristico».

Lotta contro carcere e Legge Antiterrorismo

Nel 2010 e 2011, molti prigionieri mapuche hano portato avanti uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni carcerarie in cui erano detenuti e contro l'applicazione della legge Antiterrorrismo. Iniziato il 12 luglio 2010, lo sciopero è andato avanti sino all'anno seguente con protagonisti persone diverse, tuttavia ci sono stati mapuche che portarono avanti lo sciopero per oltre 80 giorni.

La Legge Antiterrorista è stata applicata per proteggere le forze dello Stato che con violenza hanno maltrattato anziani, bambini e donne, assassinando giovani come Alex Lemun, Johnny Cariqueo, Matias Catrileo e Jaime Mendoza Collio. Quasi tutti questi fatti sono stati denunciati dal Dr. Rodolfo Stavenhagen quando era relatore speciale sui Diritti Umani e Libertà Fondamentali dei Popoli Indigeni delle Nazioni Unite. Anche la Commissione Pastorale Mapuche della Zona Meridionale, appartenente alla Chiesa Cattolica, dopo l'omicidio di Jaime Mendoza Collio, nell'agosto del 2009, ha dichiarato: «Come Chiesa abbiamo notato la nostra preoccupazione per la progressiva criminalizzazione delle rivendicazioni mapuche, riducendole ad un problema di polizia... ». [12]

Note

Bibliografia

  • Ray Leslie, La lingua della terra. I Mapuche in Argentina e Cile, BFS Edizioni, 2010
  • Claudio Ceotto, Mapuche. Un popolo invisibile, Edizioni Youcanprint, 2012

Voci correlate

Collegamenti esterni