Libertinismo

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Théophile de Viau, libertino francese

Il libertinismo è un termine che indica quell'insieme delle dottrine dei «liberi pensatori» del Seicento diffusesi in Italia, Francia, Olanda e Germania, professanti idee radicali spesso in contrasto con le Chiese.

Esistono due accezioni del termine libertino (dal latino libertinus, ovvero lo schiavo libero, affrancatosi dal padrone): nella prima, il libertino è colui che contesta i dogmi religiosi (soprattutto) e scientifici, è un libero pensatore affrancato dalla metafisica religiosa, scientifica e dall'etica religiosa; l'accezione comune, quella attuale, è quella detta morale: il libertino è colui che va oltre la morale convenzionale e la sensibilità borghese del momento. I libertini della morale ritengono che poiché Dio non esiste, allora tutto, sessualmente e non, è lecito (alcuni eccessi – profanazione di luoghi sacri, blasfemia, ecc – contribuirono però a gettare enorme discredito su questo aspetto del libertinismo).

Libertinismo: storia e pensiero

«Questo mondo è una miseria, e l'altro non è che una chimera. Fortunato chi f... e beve. Io affiderò la mia vita alla fortuna pregando il buon Dio che sia così fino alla fine quando un Diavolo mi trascini via.» (Claude de Blot l'Eglise)

Il libertinismo non può in alcun modo essere considerato una dottrina omogenea o un movimento, ma un movimento controculturale nato nel XVI secolo in Italia (Cardano, Paracelse ecc.) per poi diffondersi in altri paesi, soprattutto in Inghilterra ed in Francia dove raggiungerà il suo apogeo nel XVIII secolo.

In rapporto ai maggiori eventi culturali e politici, il libertinismo va concepito sullo sfondo della rinascita critica del pensiero antico tipici dell'Umanesimo e del Rinascimento e, soprattutto, nel quadro di instabilità politico sociale indotto dall'esplosione dei movimenti protestanti e quindi dalle diatribe di natura teologica e storica tra cattolici e protestanti che, nel fornire una copia abbondante di materiale storico ed esegetico, alla fine stimolarono lo scetticismo delle menti più critiche nel confronto del fenomeno religioso istituzionalizzato.

A ciò si deve aggiungere anche la progressiva esigenza di razionalizzazione degli apparati statuali nel loro ormai secolare processo di rafforzamento e ricerca del consenso sociale, nonché della ricerca della loro massima efficienza a cui il clero cattolico fungeva più da ostacolo sia per il suo conservatorismo socioeconomico, che lo facevano essere una struttura portante del feudalesimo in un modo che il capitalismo mercantile rendeva invece sempre più dinamico ed in mutamento, sia ideologico, a cui ogni novità in campo scientifico e filosofico suonava come minaccia al suo totalitarismo dottrinario che inducevano l'apparato di produzione del sapere cattolico a porre al centro di ogni forma di sapere innovatore la Bibbia, ritenuta fonte di ogni sapere certo ed infallibile.

Di fronte quindi al laicismo dilagante, sostenuto come esigenza dai ceti medi come dai gestori del potere, la Chiesa cattolica fu più duramente colpita rispetto ad altre realtà sociali. La penetrazione di una mentalità affaristica borghese efficientistica e razionale portò come conseguenza anche la nascita di uno strato crescente di intellettuali che diedero sempre più coscienza del proprio valore, ponendosi progressivamente in diretta concorrenza e conflitto con gli esponenti sia del clero dediti all'elaborazione del sapere ortodosso sia con i centri di produzione accademica del sapere legati a concezioni teologico metafisiche ritenute oramai di intralcio al sapere moderno.

La proliferazione e ristrutturazione dei saperi avvenuta tra i secoli XV e XVIII - astronomia, fisica, chimica, fisiologia - nonché l'enorme acquisizione di dati etnologici ed antropologici dovuti alle esplorazioni e scoperte geografiche, testimoniava inoltre della validità dell'approccio laico al sapere soprattutto a concedere maggiore libertà di espressione delle opinioni entro certi limiti, soprattutto dopo un secolo di guerre di religioni che fecero piombare l'Europa in un periodo di pura violenza gratuita in nome di una verità assoluta.

È su questo sfondo storico che singole individualità e gruppi di individui intrapresero l'analisi critica delle istituzioni e delle ideologie dando vita al razionalismo Illuministico che attirò a sé molti elementi intellettuali legato alle istituzioni accademiche o alle facoltà teologiche, interessati ad un confronto razionale sul sapere. Da questa vasta piattaforma di ampia intesa programmatica ed epistemologica, molti esponenti dalla gran mole di dati oramai disponibile nei vari campi del sapere, elaborarono ipotesi di varia natura concernenti la religione, l'uomo, l'anima, il sapere, la società, il potere, che suscitarono spesso la loro condanna e rovina e spesso anche la loro vita.

Ciò indusse molti di loro ad elaborare clandestinamente le loro ipotesi spesso tratte da varie parti dei maggiori sistemi filosofici e scientifici del tempo e portate alle conseguenze più estreme. La circolazione delle loro opere fu per molto tempo anche manoscritta, affidandosi alla copia pura e semplice. Nei periodi o meglio ancora nelle città in cui maggiore era la tolleranza, e cioè soprattutto Londra, Amsterdam o varie località della Svizzera, a volte fu loro anche possibile stampare copie delle loro opere ed attraverso canali non ufficiali la diffusione in patria in modo clandestino spesso, durante soprattutto il XVIII secolo, sotto la voluta distrazione della censura o della polizia.

Il libertinismo fu quindi fondamentalmente un movimento speculativo improntato al materialisti [1], i libertini riscoprirono Epicuro e ritennnero che tutto nell'universo fosse costituito da materia (anche l'anima secondo Pierre Gassendi), la quale è la sola a poter imporre le sue leggi. I libertini ripudiarono tanto i principi dogmatici religiosi che quelli scientifici. I primi, principalmente quelli creazionisti, furono allora confutati dalle nuove scoperte scientifiche e geografiche (l'universo è infinito, la terra non è al centro dell'universo ecc.); i secondi descrivevano un mondo perfettamente ordinato e spiegabile dalle leggi scientifiche e dagli scienziati. In qualche modo quest'ordine era accordabile con la fede divina e pertanto da contrastare.

Il libertinismo, come già detto, non ha prodotto una filosofia omogenea; nonostante ciò negli scritti dei libertini è riscontrabile la critica — storica e teorica — della religione rivelata. Le credenze cristiane furono per loro non più che superstizioni. E al teismo, cioè alla fede in un Dio personale e provvidente, i libertini — quando non fecero professione di ateismo — sostituirono il deismo, dottrina che asserisce l'esistenza di un Essere supremo raggiungibile attraverso i suoi effetti naturali dalla ragione dell'uomo, ma che tuttavia è disinteressato alle vicende umane.

Libertinismo radicale ed erudito

Giulio Cesare Vanini, libertino radicale messo al rogo nel 1619

Sino al primo quarto del 1600 il libertinismo prevalentemente assunse toni radicali, in cui si distinsero le figure del pugliese Giulio Cesare Vanini e Theophile de Viau (poeta francese). Verso il 1615 un gruppo di poeti atei (Boisrobert, Tristan l'Hermité, Saint-Amant e Theophile de Viau), autoproclamatisi “anticristo”, presero a diffondere anonimamente e clandestinamente i loro testi, come d'altronde poi faranno in seguito molti altri autori non conformi: la letteratura filosofica clandestina comparve a partire dal '500 ed il '600, e poi soprattutto nel settecento [2]

In un'epoca in cui la monarchia francese fondava la propria autorità sulla legittimità divina, si può facilmente immaginare come i libertini fossero ritenuti una minaccia per l'ordine costituito: stato, nobiltà, chiesa e tradizione in generale. Proprio per questo, nel 1619, Giulio Cesare Vanini fu messo al rogo e dopo qualche anno prese a diffondersi il cosiddetto libertinismo erudito (Pierre Gassendi, Vayer, Naudè), pur se rimasero anche molti pensatori radicali, spesso addirittura conciliatore nei confronti del potere, anche se mantenne lo spirito critico e antisistemico. I contenuti più radicali li troviamo nell'opera anonima Theofrastus redivivus, pubblicata intorno al 1660, che si rifà al De tribus impostoribus, risalente al medioevo (fu attribuito a Federico II ma anch'esso pubblicato anonimo): Dio non esiste, gli uomini hanno creduto in Lui per superstizione; il potere si serve della religione per mantenere una gerarchia funzionale ai dominatori.

Nella gran parte dei libertini le loro conoscenze avevano un carattere elitario, strettamente individualistico e sprezzantemente antipopolare; in molti casi i libertini ritenevano che le masse dovessero restare sotto il giogo della superstizione religiosa e dell'autorità istituzionale al fine di mantenere l'ordine costituito. Nonostante ciò, volenti o nolenti, la loro attività contribuì allo sviluppo di tematiche ateistiche e antiautoritarie in generale.

Eredità del libertinismo e aspetti libertari

Jean Meslier

La libertà dall'oppressione ideologica e la libertà di pensiero fu richiesta in primo luogo dai libertini per loro stessi e poi in maniera più astratta per il popolo. Separando la politica dalla religione in modo drastico e attaccando la seconda sul piano dell'erudizione storica e dei principi laici di libertà di pensiero e di ricerca in materia scientifica e filosofico storica, il libertinismo iniziò un processo di scardinamento dell'edificio medievale liberando spazi e forze critiche notevoli, i cui risultati salienti nel corso dei secolo seguenti: si pensi anche alle influenze esercitate dai libertini sulla rivoluzione francese, sul movimento del libero pensiero, sui movimenti radicali democratici, su quelli socialisteggianti-libertari e su quelli più propriamente ateistici o agnostici (si pensi al materialista ateo Jean Meslier).

L'ateismo, lo scetticismo ecc., sono eredità proprio dei primi teorici dei movimenti antisistemici e questo fa sì che i libertini debbano essere studiati come antenati del laicismo moderno e stimolatori soprattutto della ricerca storico-critica nei confronti dei testi sacri dell'Occidente, bibbia e vangeli compresi.

Attualmente se è possibile criticare ed evidenziare le imposture religiose ed ecclesiastiche si deve appunto anche a quanto fu iniziato dai liberitini.

Inoltre la ricerca storica di origine accademica degli ultimi 20-30 anni ha scoperto molti testi nuovi ed ha lavorato sulle loro attribuzioni, gettando una nuova luce sulle figure considerate marginali della produzione e della diffusione della controcultura, evidenziando l'esistenza di una vasta fauna di opere e scritti emarginati dal sistema, ma che all'epoca della crisi del regime monarchico e clericale emersero per dare un senso ed una direzione al movimento popolare, anche se alla fine esso fu egemonizzato dai ceti borghesi.

L'immaginazione libertaria di Cyrano

L'utopia attorno al viaggio nelle stelle ed i pianeti è stata certamente iniziata dal vescovo inglese Francis Godwin fin dal 1638 con il suo Uomo nella luna o Il viaggio chimerico. Savinien Cyrano di Bergerac (1619-1655) - scrittore e drammaturgo francese del Seicento, la cui figura ha ispirato l'opera teatrale Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand del 1897 - ne fu certamente ispirato (riprende il nome dell'eroe di Godwin, Gonsales, nel suo primo romanzo), così come lo influenzarono gli scritti di Luciano di Samosata 120-180 d. C.. I suoi due principali lavori utopistici sono L'altro mondo o Gli stati e gli imperi della luna (L'autre monde ou Les états et empires de la lune, 1657) e Gli stati e imperi del sole (Les états et empires du soleil, 1662). Cyrano è un poeta, re dell'immaginazione, probabilmente più “un surrealista” ante-litteram che un vero e proprio precursore dell'anarchismo. In ogni caso può essere percepito come uno dei primi autori di letteratira fantastica e, in qualche modo, nei suoi scritti vi sono forti accenti libertari.

Nelle sue opere, Cyrano descrive frequentemente “società invertite” (come farà poco decenni più tardi il grande scrittore e polemista irlandese Jonathan Swift), dove il potere tradizionale è ridicolizzato, soprattutto quello fondato sull'autorità parentale o sull'età. Il saggio non è altro che un mezzo per criticare meglio il potere reale e le sue fondamenta, inoltre i suoi attacchi contro la religione del suo tempo ne fanno un anti-dogmatico importante: diffonde tutte le grandi opere scritte da Cartesio, Galileo, Montaigne, aiutando a sviluppare e diffondere il concetto di relatività in antitesi a quello assolutistico.

La sua libertà di tono, le sue allusioni sessuali e la sua ironia corrosiva lo avvicinano a Rabelais, ma Cyrano si avvicina anche a Charles Fourier, descrivendo molteplici visioni amorose ed erotiche senza alcun tabù in Pays des Amants (Paese degli Amanti) e nella sua descrizione “del noviziato d'amore”.

Si comprende meglio perché “l'edonista” libertario Michel Onfray lo definisca «un libertino erudito», «un esempio di ribellione»” e dunque un «libertario» che può presentarsi come «una pre-incarnazione del dandismo» ed un rivoltoso di stampo baudelairiano che rimette in discussione la morale costrittiva del suo tempo. [3]

Cyrano è ugualmente uno degli scrittori che più insiste per trovare misure che limitino il potere: per Cyrano «la libertà del cittadino è inversamente proporzionale a quella del sovrano» [4] e la scelta del sovrano deve essere concepita per far sì che per il popolo valga il motto: «pensate a vivere liberamente». Il principe per Cyrano dovrebbe essere «il più debole, il più morbido ed il più pacifico», di modo che il potere possa subire il sistema di rotazione e cambiare «ogni 6 mesi» ed il sovrano debba essere deposto in caso di reclami almeno di 3 persone, cosa che comporta automaticamente altre elezioni. Egli quindi concepisce un monarca con forti responsabilità dinanzi al soggetto-cittadino, annunciando e descrivendo uno dei regimi più democratici dell'epoca. Non è un caso che il suo lavoro fu giudicato troppo duro riguardo al potere e Cyrano è costretto ad autocensurarsi per non incorrere nella violenza istituzionale. Per precauzione egli sceglie quindi di utilizzare la favola come metafora, raccontando, per esempio nel suo secondo romanzo, un governo degli uccelli il cui “capo” era uno dei più deboli, dunque facilmente sostituibile se non decide o cerca di rafforzare i suoi poteri. [5]

Note

  1. Il materialismo di Meslier e La Mettrie
  2. I manoscritti filosofici clandestini dell'Età classica.
  3. Si veda Michel Onfray, Le désir d'être un volcan. Journal hédoniste, Parigi, Grasset, 392 pp., 1996, pp. 20-22
  4. Si veda Fernandez-Récatala, Denis Mémoires du futur. 1991, p. 112
  5. Fonte capitolo: La fantaisie libertaire de Cyrano. 1657

Bibliografia

  • Goffman Ken; Joy Dan, Controculture. Da Abramo ai no global, Arcana, 2004
  • Michel Onfray, L'età dei libertini. Controstoria della filosofia, Fazi editore, 2009

Voci correlate

Collegamenti esterni