La Antorcha: differenze tra le versioni

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Le divergenze con il gruppo de ''[[La Protesta (Argentina)|La Protesta]]'' portarono a [[violenti]] scontri, anche armati, come l'attentato perpetrato contro gli uffici del quotidiano ''[[Pampa Libre]]''  (nella provincia di La Pampa), in cui morì un militante della [[FORA]] locale, collaboratore de ''[[La Protesta (Argentina)|La Protesta]]''. Un'altra differenza fu la posizione più tollerante de ''La Antorcha'' verso la [[violenza]] politica esercitata da alcuni militanti [[anarchici]], posizione che arrivò anche a comprendere o giustificare le azioni perpetrate dal gruppo capeggiato da [[Severino Di Giovanni]]. Tra queste l'attentato dinamitardo al consolato italiano di Buenos Aires (dove si erano radunati i migliori uomini di Mussolini in [[Argentina]]), il [[23 maggio]] [[1928]], che causò 9 morti e 34 feriti. Questa azione non solo non fu condannata da ''La Antorcha'', ma il giornale mostrò al riguardo una certa ambiguità, a differenza dei membri de ''[[La Protesta (Argentina)|La Protesta]]'' e di molti altri [[anarchici]]. In questo modo, sebbene non rivendicassero la [[violenza]] come mezzo e insistessero sul fatto che l'ideale [[anarchico]] non fosse [[violento]], i redattori de ''La Antorcha'' si sentivano vicini alle posizioni più radicali. Pubblicarono persino un articolo di [[Severino Di Giovanni]] in un momento in cui era già fortemente messo in discussione da gran parte del movimento [[anarchico]] locale.
Le divergenze con il gruppo de ''[[La Protesta (Argentina)|La Protesta]]'' portarono a [[violenti]] scontri, anche armati, come l'attentato perpetrato contro gli uffici del quotidiano ''[[Pampa Libre]]''  (nella provincia di La Pampa), in cui morì un militante della [[FORA]] locale, collaboratore de ''[[La Protesta (Argentina)|La Protesta]]''. Un'altra differenza fu la posizione più tollerante de ''La Antorcha'' verso la [[violenza]] politica esercitata da alcuni militanti [[anarchici]], posizione che arrivò anche a comprendere o giustificare le azioni perpetrate dal gruppo capeggiato da [[Severino Di Giovanni]]. Tra queste l'attentato dinamitardo al consolato italiano di Buenos Aires (dove si erano radunati i migliori uomini di Mussolini in [[Argentina]]), il [[23 maggio]] [[1928]], che causò 9 morti e 34 feriti. Questa azione non solo non fu condannata da ''La Antorcha'', ma il giornale mostrò al riguardo una certa ambiguità, a differenza dei membri de ''[[La Protesta (Argentina)|La Protesta]]'' e di molti altri [[anarchici]]. In questo modo, sebbene non rivendicassero la [[violenza]] come mezzo e insistessero sul fatto che l'ideale [[anarchico]] non fosse [[violento]], i redattori de ''La Antorcha'' si sentivano vicini alle posizioni più radicali. Pubblicarono persino un articolo di [[Severino Di Giovanni]] in un momento in cui era già fortemente messo in discussione da gran parte del movimento [[anarchico]] locale.


Sebbene questa pubblicazione fosse intimamente legata al nome dei suoi fondatori, [[Rodolfo González Pacheco]] e [[Teodoro Antillí]] (quest'ultimo morì prematuramente all'età di 40 anni nell'agosto del [[1923]]), all'''La Antorcha'' vantò un gran numero di collaboratori, tra cui [[Mario Anderson Pacheco]], [[Severiano Domínguez]], [[Simplicio de la Fuente]], [[Jacobo Corro]], [[Alberto Bianchi]], [[Anatol Gorelik]], [[Fernando del Intento]] [[Gastón Leval]] e [[Horacio Badaraco]].
Sebbene questa pubblicazione fosse intimamente legata al nome dei suoi fondatori, [[Rodolfo González Pacheco]] e [[Teodoro Antillí]] (quest'ultimo morì prematuramente all'età di 40 anni nell'agosto del [[1923]]), '''La Antorcha'' vantò un gran numero di collaboratori, tra cui [[Mario Anderson Pacheco]], [[Severiano Domínguez]], [[Simplicio de la Fuente]], [[Jacobo Corro]], [[Alberto Bianchi]], [[Anatol Gorelik]], [[Fernando del Intento]] [[Gastón Leval]] e [[Horacio Badaraco]].


Dopo il colpo di Stato di Uriburu del [[1930]], il giornale subì molestie permanenti da parte del governo militare e gli ultimi numeri uscirono clandestinamente. La chiusura definitiva avvenne il [[9 dicembre]] del [[1932]].
Dopo il colpo di Stato di Uriburu del [[1930]], il giornale subì molestie permanenti da parte del governo militare e gli ultimi numeri uscirono clandestinamente. La chiusura definitiva avvenne il [[9 dicembre]] del [[1932]].

Versione delle 20:52, 3 nov 2020

Testata de La Antorcha

La Antorcha è stato un settimanale di Buenos Aires di grande importanza nella diffusione del pensiero anarchico durante gli anni '20 (fino al 1932).

Diretto da Rodolfo González Pacheco e Teodoro Antillí, La Antorcha si caratterizzò sin dall'inizio per la polemica con La Protesta, che nei primi decenni del XX secolo fu il più importante quotidiano anarchico argentino. In questo senso, non era solo un'alternativa a detto giornale, criticandone la centralizzazione, ma rappresentò una corrente rivale e, negli anni '20, radicalizzata. In questo modo, si pose come giornale libertario e difensore dell'organizzazione libera e volontaria degli individui e dei gruppi.

Storia

La Antorcha nacque da un gruppo di anarchici che nel 1916 si separò dal gruppo editoriale de La Protesta, allontanandosi lentamente fino a dividersi definitivamente. In quegli anni parteciparono, per brevi periodi, a varie pubblicazioni, come La Obra e El Libertario. Questi redattori sollevarono la necessità di assumere posizioni più radicali, criticando il legame tra la Federación Obrera Regional Argentina FORA e La Protesta, che generava rigide posizioni in relazione alle risorse economiche impiegate nella gestione delle rotative - di proprietà de La Protesta - e alla caratterizzazione dell'anarchismo. Accusarono il gruppo dei redattori de La Protesta di atteggiamenti autoritari e accentratori rispetto al processo decisionale influente sullo sviluppo del movimento anarchico argentino.

Le divergenze con il gruppo de La Protesta portarono a violenti scontri, anche armati, come l'attentato perpetrato contro gli uffici del quotidiano Pampa Libre (nella provincia di La Pampa), in cui morì un militante della FORA locale, collaboratore de La Protesta. Un'altra differenza fu la posizione più tollerante de La Antorcha verso la violenza politica esercitata da alcuni militanti anarchici, posizione che arrivò anche a comprendere o giustificare le azioni perpetrate dal gruppo capeggiato da Severino Di Giovanni. Tra queste l'attentato dinamitardo al consolato italiano di Buenos Aires (dove si erano radunati i migliori uomini di Mussolini in Argentina), il 23 maggio 1928, che causò 9 morti e 34 feriti. Questa azione non solo non fu condannata da La Antorcha, ma il giornale mostrò al riguardo una certa ambiguità, a differenza dei membri de La Protesta e di molti altri anarchici. In questo modo, sebbene non rivendicassero la violenza come mezzo e insistessero sul fatto che l'ideale anarchico non fosse violento, i redattori de La Antorcha si sentivano vicini alle posizioni più radicali. Pubblicarono persino un articolo di Severino Di Giovanni in un momento in cui era già fortemente messo in discussione da gran parte del movimento anarchico locale.

Sebbene questa pubblicazione fosse intimamente legata al nome dei suoi fondatori, Rodolfo González Pacheco e Teodoro Antillí (quest'ultimo morì prematuramente all'età di 40 anni nell'agosto del 1923), 'La Antorcha vantò un gran numero di collaboratori, tra cui Mario Anderson Pacheco, Severiano Domínguez, Simplicio de la Fuente, Jacobo Corro, Alberto Bianchi, Anatol Gorelik, Fernando del Intento Gastón Leval e Horacio Badaraco.

Dopo il colpo di Stato di Uriburu del 1930, il giornale subì molestie permanenti da parte del governo militare e gli ultimi numeri uscirono clandestinamente. La chiusura definitiva avvenne il 9 dicembre del 1932.