L'insurrezione antimilitarista del "Non si parte!"

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L'insurrezione antimilitarista del "Non si parte!" è stata un'insurrezione popolare, realizzatasi nella Sicilia del secondo dopoguerra, contro la chiamata alle armi da parte dell'"esercito liberatore" anglo-americano. Franco Leggio e Maria Occhipinti furono due dei maggiori protagonisti di questa protesta antimilitarista.

Resoconto dei fatti

Franco Leggio mostra Sicilia Libertaria.

Nel dicembre-gennaio 1944-1945 [1] il governo Badoglio aveva ordinato ai soldati siciliani rientrati dalla guerra dopo il 1943 di riarmarsi ed andare a nel nord Italia. I giovani, tra cui Franco Leggio e Maria Occhipinti, si ribellarono al grido di «Non si parte, non si parte!» e di «Indietro non si torna!» [2], esplicando in questo modo che l'epoca del fascismo e della monarchia erano da considerarsi finite per sempre.

Il 4 gennaio diversi quartieri popolari di Ragusa furono rastrellati casa per casa per portare via i giovani in età di leva. Diversi manifestanti tentarono di impedirlo in vari modi. Maria Occhipinti, che fu una delle protagoniste di questa rivolta, si sdraiò davanti al camion carico di giovani per impedirne la coscrizione:

«Il camion carico di giovani veniva avanti come un carro funebre [...] Allora urlai: "Lasciateli!" e mi stesi supina davanti alle ruote del camion "Mi ucciderete, ma voi non passerete!" [...] Lo stradone in pochi minuti fu pieno di gente eccitata e pronta a tutto. Le autorità di polizia dettero ordine di lasciare andare i giovani e quelli, di corsa, sparirono tra la gente. Ma l'ira dei soldati fu tremenda, spararono sulla folla inerme. Un giovane comunista mi cadde ai piedi mortalmente ferito. La folla si dileguò. Restarono solo i più coraggiosi e disarmarono i pochi militari che c'erano». [3]

Ma intanto le nuove istituzioni democratiche organizzavano la repressione ed a Comiso, dopo che il 5 e 6 gennaio tanti carabinieri erano stati fatti prigionieri ed era stata proclamata la Repubblica di Comiso, retta da un governo popolare [4], gli alleati minacciarano il bombardamento della città. L'11 gennaio gli insorti trattarono la resa, ma circa 300 ribelli della zona vennero comunque arrestati e confinati a Ustica e Lipari, per essere amnistiati solo nel 1946 con la proclamazione della Repubblica italiana. [5] Alcune piccole rivolte proseguirono in Sicilia fino all'autunno del 1945, ma la fine della Repubblica di Comiso segnò la fine della rivolta dei "Non si parte!", rimasta per lungo tempo nel dimenticatoio della storia.

Testimonianze

Resoconto di Giuseppe, figlio di un insorto

«A Vittoria ci furono diversi appartenenti al movimento. Mio padre si fece tre mesi di carcere, forse a Lampedusa. L'ho saputo dopo 50 anni da un suo amico. Nessuno a casa me ne aveva mai parlato. La verità fu una sola: prima dell'8 settembre 1943 il tedesco in Sicilia era considerato un amico, un "cameraden", grazie alla propaganda e alla ospitalità siciliana. Quindi nessuno aveva voglia di sparare contro i tedeschi, che fino a qualche giorno prima erano ospitati, qualcuno, nelle case e tenevano sulle gambe i figli dei siciliani. Come si fa a sparare ad uno che fino al giorno prima mangiava, tuo ospite, a casa tua? Il proseguo della guerra fu abbastanza duro e molti non volevano partire per la guerra, ed in primo piano ci furono molte donne, in primo luogo la Occhipinti: "i nostri uomini non li mandiamo più in guerra". La Occhipinti fu eletta deputato dal PCI. Ci furono nella provincia di Ragusa moti insurrezionali. Fu creata la Repubblica autonoma di Comiso ed anche quella di Modica; forse qualche altra. Ci vollero i blindati dei carabinieri e ci furono 7-8 morti. C'è qualche pubblicazione ed una tesi di laurea nell'Archivio di Stato di Ragusa. Il Messaggero di Roma, nel 1990 circa, pubblicò un lungo e preciso articolo in terza pagina».

Il ruolo degli anarchici secondo Maria Occhipinti

«Conobbi pure il ruolo importante che il gruppo [gruppo anarchico di Ragusa] ebbe nella rivoluzione, a mia insaputa spesso sorvegliavano armati la mia casa per proteggermi. La mitragliatrice sul campanile della chiesa "Ecce Homo" l'avevano messa loro [...] Ignoravo la loro esistenza e il loro eroismo in quei tragici momenti; il loro obiettivo era "non si parte" [...] il gruppo anarchico controllò e tenne in ostaggio nelle loro case alcuni fascisti che, profittando del loro particolare momento, cercavano di sparare dalle finestre su certi tipi che volevano levarsi dai piedi». [3]

Note

  1. La prima rivolta si ebbe ad Enna l'11 dicembre 1944, presto seguita da quelle di Palermo, Messina e di diversi comuni delle province di Agrigento, Caltanisetta, Ragusa, Siracusa e Trapani.
  2. I fatti furono frettolosamente bollati dalla dirigenza del PCI come «rigurgito reazionario e fascista».
  3. 3,0 3,1 Una donna di Ragusa, p. 89
  4. I fascisti tentarono di strumentalizzare la ribellione, che in realtà era genuinamente antimilitarista e ostile d ogni guerra: Mussolini conferì la Medaglia d'Argento alla Repubblica di Comiso nel tentativo di ingraziarsi gli insorti. In realtà il popolo comisano voleva solo pane, pace, giustizia e libertà.
  5. La condanna più pesante la ricevette il comunista Erasmo Santangelo: 23 anni di carcere. Dimenticato dal PCI, furono Maria Occhipinti, Franco Leggio e Paolo Schicchi a continuare a battersi per attenuare la sua sofferenza. Alla fine Santangelo, almeno secondo la versione ufficiale, morì suicida.

Bibliografia

  • Franco Leggio, Avanti avanti con la fiaccola nel pugno e con la scure, La Rivolta, 1999
  • Maria Occhipinti, Una donna di Ragusa, Sellerio Editore, Palermo, 1993

Voci correlate

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