L'anarchismo e il crimine

Da Anarcopedia.
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L'anarchismo e il crimine è un articolo tradotto da L'endehors.org [1] e che tratta la spinosa questione del crimine.

L'anarchismo e il crimine

Gli anarchici sono spesso accusati dai loro detrattori di essere idealisti ed utopistici, di mancare di senso pratico. Una questione spinosa che a loro sembra mal affrontata, è quella del crimine. Occorre riconoscere che il ritornello classico, ripetuto regolarmente, secondo il quale «tutti i poliziotti sono bastardi» ("All cops are bastards") non permette di presentare allo status quo delinquente attuale un'alternativa che appaia credibile ai nostri potenziali compagni. Ed inoltre, la nostra incapacità persistente a dare risposte soddisfacenti ai non militanti su quest'argomento, spiega molto perché l'anarchismo riesca poco ad influenzare la mentalità dei nostri contemporanei. Proviamo qui a contribuire alla risoluzione di questa persistente lacuna.

Crimine, profitto e potere

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Coloro che si oppongono al capitalismo e allo Stato ritengono che il sistema giuridico della nostra società fa soprattutto gli interessi dei ricchi e potenti. Infatti, l'élite plutocratica che gode di un lusso sfrenato dalle rendite dei beni e dal lavoro che ha estorto alle masse, non è che grosso modo costituito esclusivamente di "grassatori". Anche se la loro rapina istituzionalizzata è perfettamente legale. Prendete l'esempio recente dei 6 grandi fornitori d' energia che hanno tratto profitti colossali incrementandone i prezzi sulle spalle degli utilizzatori obbligati, o quello degli speculatori della City (Londra) che hanno scommesso milioni sulla miseria della crisi economica.

Il capitalismo è banditismo organizzato. Spinti dal loro bisogno di crescita e di trarre guadagni, le multinazionali e i governi rafforzano i loro interessi spendendo delle fortune in armi, distruggendo la natura, inquinando l'ambiente, dominando le altre nazioni, asservendo i poveri e depredando le nazioni dei loro mezzi di sussistenza. Ugualmente, per proteggere i profitti delle multinazionali, i governi spingono in maniera massiccia verso l'omicidio, inviando uomini e donne in guerra o bombardando, imprigionando e terrorizzando civili innocenti.

Il capitalismo è antisociale. Produce allo stesso tempo il motivo e le condizioni materiali che permettono al crimine di prosperare. Come Keynes ha scritto: «Il capitalismo, è l'assurda credenza che il più perverso degli uomini, per la più perversa delle ragioni, può effettivamente operare per il vantaggio di tutti». È un sistema dove la giustizia viene per ultima e dove il mediocre arriva ai vertici. Eternamente si incitano coloro che non hanno nulla, a raggiungere coloro che hanno tutto, si incoraggiano i possessori a possedere ancora di più - e a manifestare sfacciatamente i loro beni acquisiti malevolmente. Il capitalismo è quando, per un vincitore, si hanno letteralmente dozzine di perdenti. L'accesso alla ricchezza è impedito a molti che avrebbero voglia di raggiungerla, generando risentimento, spingendo verso il crimine. Un comportamento antisociale è spesso il frutto di una forma insidiosa di rispetto del "ciascuno per sé", una mentalità incoraggiata da tutti gli elementi dell'apparato ideologico della classe dirigente: i mass media, il sistema educativo e l'industria della pubblicità. Ricerche condotte nell'ultimo decennio sulla popolazione carceraria di Gran Bretagna e USA hanno mostrato che si raggiungono spaventosi livelli di malattia mentale, di disordine della personalità e di dipendenza dalle droghe. Altri studi hanno osservato una forte correlazione tra la povertà e la malattia mentale. Le diseguaglianze sociali, l'alienazione sociale, l'incitamento alla cupidigia e ad un individualismo aggressivo sono all'origine di quello che convenzionalmente è chiamato crimine e delle condotte anti-sociali.

Altri crimini correnti sono legati al sessismo, al razzismo e ad una moralità repressiva; sono anacronismi ereditati da un passato non sano, perpetuati inflessibilmente dalle principali istituzioni della società. I percorsi penali ne sono un buono esempio, che reagiscono violentemente infliggendo pene sulla base di una giustizia ancora primitiva, piuttosto che usare mezzi terapeutici che potrebbero rimettere in questione le origini sociali delle condotte criminali.

Il terrore morale

La tendenza dei mass media e dello Stato a concentrarsi sugli sbagli dei più poveri, è voluta espressamente per deviare l'attenzione delle trasgressioni dei ricchi e dei potenti. Il governo spende fortune per combattere le frodi all'assistenza sociale, senza preoccuparsi praticamente della frode sulle imposte i cui costi finanziari sono molto più considerevoli. Benché il numero dei decessi dovuti agli infortuni sul lavoro continui ad aumentare, perseguire gli inadempimenti sulla sicurezza e la salute è sempre meno abituale. I crimini dei potenti come il delitto d'iniziazione, la frode fiscale, il furto, gli attentati al diritto del lavoro, gli accordi illeciti sui prezzi, il riciclaggio del denaro, la molestia dei capi, gli accordi segreti e la corruzione politica fanno parte delle tradizioni capitaliste, raramente individuate e spesso impunite.

La stampa reazionaria adora giocare sulle paure morali insistendo parecchio sui pericoli che le minoranze e la gioventù proletaria farebbero correre alla società. Le campagne di terrore morale sono in realtà disinformazione permanente che conduce ad un clima di paranoia permettendo di solito di ignorare i problemi sociali. È anche un mezzo per forzare l'introduzione di progetti politici nel settore pubblico. Questi sono invariabilmente associati ad appelli per delle politiche più aggressive e a condanne più inflessibili. Un esempio classico, è «la guerra alla droga» che è risultata fallimentare. Da quando questa guerra è stata iniziata dai senatori USA nel 1924 sulla base di sospette insinuazioni, la prosecuzione delel politiche proibizioniste da parte dei governi del mondo intero, ha contribuito ad incrementare un problema che si credeva risolto: un mercato nero proficuo, una marea di drogati malati, costretti a rubare per nutrire la loro dipendenza [2]. Nella misura in cui le carceri esplodono, il sistema di «giustizia» criminale, basata su delle ipotesi erronee, sta fallendo...miseramente! Operando come cinghia di trasmissione del crimine, alimenta efficacemente un flusso regolare di delinquenti recidivi incalliti.

L'ordine è mantenuto

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Le classi popolari fanno spesso poco affidamento sulla polizia, un'istituzione che appare impotente (ed indifferente) di fronte all'aumento del crimine e alle azioni anti-sociali. Questo genere di istituzioni si appoggia fortemente sull'obbedienza, il conformismo e la disciplina. La loro funzione è di ridurre la libertà individuale ed un certo senso della generosità. Quando le cose diventano difficili, l'élite al potere ha bisogno di qualcuno che fa quello che gli si ordina, di sottomettersi per davvero e di mettere al passo il resto della popolazione. Quando dei lavoratori in sciopero e dei movimenti di protesta appaiono minacciosi, il braccio militare dello Stato - l'esercito e la polizia - sono là per salvaguardare l'egemonia della classe dominante ad ogni costo. «Faccio soltanto il mio lavoro», dicono; ma se non fossero là, le grandi diseguaglianze economiche ed altre ingiustizie sociali ricorrenti nelle nostre comunità, non sarebbero semplicemente tollerate.

Una delle manifestazioni ricorrenti del potere, è la violenza. Alcuni mesi fa, 4 poliziotti sono stati filmati da una camera di sicurezza intenti in un arresto. È risultato che il sospettato era in realtà un passante innocente che si trovava in quel momento vicino ad un luogo dove erano stati segnalati dei disordini. Dopo averlo fermato, i poliziotti l'avevano steso al suolo, lo avevano preso a calci e pugni sfondandogli il cranio. Successivamente l'avevano accusato di averli assaliti. Anche se ciò è stato classificato come un incidente isolato, questo tipo di eventi non sorprenderà quella persona che si sia trovata a che fare con una forza dell'ordine che si crea la sua legge. L'indagine sull'omicidio della polizia di Charles de Menezes (ucciso dalla polizia britannica sulla base di sospetti di terrorismo) è stata contornata da una litania di menzogne dei poliziotti responsabili. Questi esempi, insieme ad altri famosi errori giudiziari, come quello che perpetrato ai danni dei 6 di Birmingham (accusati a partire da prove fabbricate di aver commesso un attentato dell'IRA), rappresentano forse soltanto la punta dell'iceberg.

Fino ad un certo punto, si potrebbe sostenere che anche i poliziotti sono le vittime di una società classista. Si chiede loro di lavorare molte ore, di rischiare di farsi brutalizzare in ogni momento in occasione di eventi pericolosi e di rapportarsi permanentemente con gli elementi poco gradevoli di una società condannata a restare non molto funzionale. Alcuni anarchici, desiderosi di sfogare la loro rabbia contro la polizia, ha la tendenza a dipingere di rosa la visione di criminali visti come dei Robin Hood intenti a correggere i torti della società. Questa visione non ha gran che a che vedere con la realtà. I furti e le aggressioni sono molto più frequenti nelle zone povere che in quelle ricche, e gli atti di alcuni criminali, che scelgono di attaccare i vecchi, gli infermi e i più deboli, farebbero in confronto apparire anche i più incalliti capitalisti come incredibilmente umani. Descrivere trasgressori, assassini o coloro che maltrattano bambini e vittime, come fanno alcuni spezzoni della sinistra, come delel vittime è sinceramente e altrettanto ridicolo.

Tuttavia, una buona parte di quello che correntemente è chiamato «crimine» è sicuramente legato alle condizioni sociali. Su quale prove ci basiamo per queste considerazioni? Eh bene, l'incidenza del crimine è molto variabile in funzione dei luoghi, dei paesi. In generale, là dove si trova più tolleranza, meno ineguaglianze economiche e un senso più alto della comunità, allora il crimine è praticamente inesistente. E dunque, se ricostruiremo la società in maniera da correggere le inique condizioni sociali attuali e da sviluppare un nuovo ordine di partecipazione, di fratellanza e di libertà, di eguaglianza e di giustizia, allora il crimine tenderà a scomparire.

Una giustizia libertaria

Ma allora, mi direte: «Come una società anarchica saprà gestire i crimini e le condotte anti-sociali?». Occorre immediatamente ammettere che anche in una società che avrebbe risolto le contraddizioni di classe e le anomalie della repressione morale, sussisterebbero comunque alcune azioni criminali. Potrebbero essere causate da disfunzioni patologiche endogene o potrebbe trattarsi di crimini passionali, che, benché più di rado, esisterebbero ancora. Occorre anche riconoscere che gli umani, anche in condizioni estremamente favorevoli, sono imperfetti e occasionalmente inclini all'errore. La libertà di ciascuno deve sempre essere confrontata a quella degli altri, e talvolta degli errori, volontari o no, possono essere commessi.

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Simbolo della Croce Nera Anarchica, organizzazione anticarceraria

E dunque, sì, anche in un'utopia socialista, una forma di mantenimento della giustizia sarà necessaria. Ci potrebbero essere anche problemi sociali diversi dai crimini che dovrebbero essere risolti con delle tecniche di specialisti dei casi, ad esempio disaccordi non risolti tra le persone, incidenti automobilistici o inondazioni o altri disastri naturali. Ma un simile compito d' assistenza o d' arbitrio non dovrà essere funzione di una sola professione, ma risulterà da un insieme di compiti organizzati comunitariamente. Anche l'idea che una società libertaria sarà di libertà assoluta senza formalizzare un quadro legale, etico o morale, è irrealistico. Tutti gli studi antropologici sulle “comunità anarchiche” funzionanti, rivelano l'esistenza di sistemi di giustizia con “leggi” e sanzioni. In futuro, un'élite che auspica soltanto servire i suoi interessi, senza dover rendere conto a nessuno, non potrà imporre o trattare tali decisioni, che sarebbero piuttosto formulate ed accettate collettivamente dopo discussione, negoziato e decisione per il maggiore vantaggio della comunità in generale. Si potrebbe ad esempio decidere che “i crimini” che non hanno fatto vittime non saranno puniti e che sanzioni informali saranno sufficienti per i casi di offese minori e ed isolate. Un sistema brevemente limitato, di difesa e di rappresentazione legale comunitaria potrebbe rendersi necessario. Come il mantenimento del loro ordine ha bisogno di una medicina legale, di interrogatori e di raccolta di prove, i referenti/arbitri e i difensori dovrebbero fare appello ad una forma di perizie per rispettare un quadro legale che garantisca equità e consistenza. Queste funzioni sarebbero svolte limitando strettamente i poteri accordati temporaneamente ad individui (immediatamente sostituibili) ed incaricando una più larga rappresentanza comunitaria, piuttosto che un corpo professionale o delle istituzioni. Tutti gli incaricati di preservare un sistema di giustizia sociale auspicabile sarebbero controllati, interamente responsabili ed inclini alla rotazione. Tutte le procedure seguite sarebbero completamente aperte e trasparenti. Ad esempio, se mai qualcuno sarà accusato di una malefatta sarebbe “punito” con discrezione. Un sistema di giustizia libertaria farebbe tutto ciò che è in suo potere per permettere ai presunti trasgressori di difendersi e di essere rappresentati, e nel caso in cui fossero riconosciuti colpevoli, per garantire che le sanzioni imposte siano decise collettivamente e che siano equilibrate ed umane. Non avrebbero la detenzione, eccetto nel caso di psicopatici/assassini patologici, ad esempio. L'incarceramento sarebbe normalmente rifiutato, sia per ragioni pratiche (é inefficace) e sia perché moralmente ripugnante. In molti casi, sarà scelta una riabilitazione terapeutica che corrisponderà meglio agli interessi della persona e della società nell'insieme. L'anarchismo è inizialmente una storia di responsabilità individuale. Se noi siamo tutti implicati nel fare delle leggi, allora sentiremo maggiore responsabilità per rispettarle. Saremo tutti incoraggiati a sentirci responsabili delle nostre azioni e si attenderà da noi un modo d'agire socievole, reciprocamente rispettevole. La controversa cultura di oggi spreca troppo tempo, energia e risorse in controversie civili piccole o fraudolente. Gli avvocati che impegnano cause sulla base di «se perdo, niente onorario» o «i cacciatori di ambulanze» hanno ogni interesse ad incoraggiare questa situazione. Una società più giudiziosa saprà evitare tali futilità.

Divago un attimo per descrivere un caso verificatosi alcuni anni fa, allo scopo di spiegare come una società anarchica potrebbe gestire il problema di un incidente automobilistico. Durante un periodo di cattivo tempo meteorologico, una vettura, condotta da un turista nello Yorkshire (contea del nord d'Inghilterra), aveva perso aderenza, s'era ribaltata e il suo conducente era rimasto ferito. La comunità era subito accorsa sul luogo dell'incidente e s'era impegnata per riparare i danni. Di comune accordo, avevano chiamato l'ambulanza, allertato la famiglia dell'autista, organizzato la riparazione e parcheggiata l'automobile riparata in attesa del ristabilimento del suo proprietario; tutto questo era stato compiuto senza l'implicazione della polizia e senza che ciò costasse nulla o quasi al conducente, se non un suo grande ringraziamento e la promessa di rendere a sua volta un servizio simile se l'occasione si fosse presentata.

Quando un bambino scompare, le comunità si raccolgono per aiutare nelle ricerche. Quando una nave è in pericolo, volontari si precipitano nelle scialuppe di salvataggio. È in un certo qual modo una sorta di anarchismo in azione. I problemi e le difficoltà che incontriamo possono essere meglio risolti quando agiamo collettivamente, quando rafforziamo la nostra umanità comune e ci impegniamo insieme ad aiutarci e a cooperare secondo uno spirito comunitario. Nella società del futuro, ecco la nostra migliore difesa contro il crimine.

Note

  1. L'articolo originale è stato pubblicato dalla rivista 'Direct Action', n° 46, primavera 2009
  2. cf www.flatearthnews.net

Voci correlate

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