Joseph Déjacque

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Joseph Déjacque

« Avanti tutti! E con le braccia e con il cuore, la parola e la penna, il pugnale e il fucile, l'ironia e la bestemmia, il furto, l'avvelenamento e l'incendio, facciamo la guerra alla società! »

~ Joseph Déjacque

Joseph Déjacque (Parigi, 27 dicembre 1821 – Parigi, 1864) è stato un operaio-poeta, artista e propagandatore anarchico francese. Ha vissuto lungamente negli USA, ma è divenuto celebre per aver coniato il termine «libertario» nel suo pamphlet De l'Être-Humain mâle et femelle - Lettre à P. J. Proudhon, in contrapposizione a «liberale». [1]

Biografia

Il numero 5 de Le Libertaire del 31 agosto 1858. Il primo articolo celebra un « grande e magnifico avvenimento: la posa del cavo transatlantico di cui Déjacque attende che apporti « l'imperioso messaggio dei popoli, messaggio formulato da una sola parola: RIVOLUZIONE! » [2]

Joseph Déjacque nasce in Francia, a Parigi, il 27 dicembre 1821. Orfano di padre, viene allevato dalla madre, di professione sarta. Nel 1834 viene assunto come apprendista, nel 1839 invece viene assunto come commesso in un negozio di carte da parati.

Il socialismo e l'anarchia

Nel 1841 Déjacque si arruola in Marina, ma è proprio qui che scopre cosa sia l'autoritarismo. Tornato alla vita civile nel 1843, ha lavorato come magazziniere, ma anche qui ben presto entra in conflitto l'autorità rapprasentata dal datore di lavoro. Nel 1847 inizia ad interessarsi di idee socialiste, compone poesie in cui chiede la distruzione con la violenza di ogni autorità. Collaboratore del quotidiano «L'Atelier», partecipa materialmente alla rivoluzione e all'insurrezione operaia del 1848, ed a quella del 1849 contro la nomina di Luigi Napoleone a presidente.

Durante la sua vita viene ripetutamente arrestato. Il 22 ottobre 1851 è condannato a due anni di galera per l'insieme delle sue poesie: Les Lazaréennes e Fables et poésies socialistes, che erano state appena pubblicate a Parigi.

Negli Stati Uniti

Dajacque fugge a Londra, poi a New York, dove pubblica nel 1854 un piccolo libro: «La Question Révolutionnaire», di intonazione anarchica. A New Orleans scrive «L'Humanisphère» («L'Umanisfera», 1856-58). Nel 1857, con la lettera De l'être-humain mâle et femelle, accusa Proudhon di misoginia e quindi di incoerenza rispetto alle sue professate idee anarchiche, definendolo liberale e non libertario.

Nel 1858 si stabilisce a New York e pubblica la sua «Utopia anarchica» in un giornale quasi interamente redatto da lui: «Le Libertaire. Journal du Mouvement Social», che esce dal 9 giugno 1858 al 4 febbraio 1861. Cura lui stesso la piccola, ma non infima diffusione del giornale, lavora per sopravvivere, è povero e malato. Dappertutto, anche nel socialismo, vede autoritarismo. Torna sfinito a Parigi, forse in preda a un crollo psichico.

La morte

Joseph Dejacque muore in circostanze misteriose (forse suicida) nel giugno 1864:

«È morto, folle di mesieria, a Parigi nel 1864», scrive Gustave Lefrançais nei suoi Souvenirs d'un révolutionnaire.

Fautore della “legislazione diretta” con una maggioranza variabile a seconda dei diversi argomenti, anarcosindacalista ante litteram, paladino di una liberissima “communauté anarchiste”, influenzerà dopo un secolo di silenzio l'immaginazione dell'Internazionale Situazionista.

L'Umanisfera

Storia dell'umanità

Ne L'Umanisfera Déjacque ricostruisce il percorso dell'umanità individuando, innanzitutto, nella religione, nella famiglia, nella proprietà e nel governo le cause dell'oppressione (figlie dell'ignoranza):

«Dal giorno in cui l'Uomo ebbe ingoiato questo Dio, il sovrano padrone; dal giorno in cui lasciò penetrare nel cervello l'idea di un esilio e di un tartaro, di un inferno e di un paradiso al di là del mondo, da qual giorno fu punito e dove aveva peccato. [...] La fede religiosa sommerse le coscienze, portò la devastazione negli spiriti e nei cuori. Tutti i brigantaggi della forza furono legittimati dall'astuzia. La preminenza dell'uomo sull'uomo divenne un fatto acquisito. Da quel momento, la rivolta degli schiavi contro il padrone venne soffocata con l'allettamento delle ricompense celesti o con la paura delle punizioni infernali. La donna fu degradata nella dignità di essere umano, spogliata dell'anima e relegata per sempre al rango di animale domestico. La santa istituzione dell'autorità coprì il suolo di templi e di fortezze, di soldati e di preti, di spade e di catene, di strumenti di guerra e di tortura. La proprietà, frutto della conquista, divenne sacra per i vincitori e per i vinti, nella mano insolente dell'invasore come agli occhi palpitanti dello spossessato. La famiglia, stratificata in piramide con il capo in testa, bambini donne e servitori alla base, la famiglia fu cementata, e votata alla perpetuazione del male».

La descrzione della società in cui Déjacque vive è impietosa e tagliente, nonché annunciatrice della rivoluzione:

«Giudici, poliziotti, legislatori e boia, spiate, deportate, ghigliottinate, codice-penalizzate i buoni e i cattivi, questo pullulare di scontenti che, al contrario di voi, roditori e divoratori di bilanci, non pensano che tutto va per il meglio nel migliore dei mondi possibili. Manipolatori dei piatti della giustizia, pesate a peso d'oro la colpevolezza delle rivendicazioni sociali. Banchieri, bottegai, industriali, sanguisughe della produzione per i quali il produttore è una dolce preda, allungate le proboscidi, afferrate il proletario alla gola e succhiategli tutto l'oro dalle vene. Aggiotate, commerciate, siate usurai, sfruttate, fate buchi nella blusa dell'operaio e buchi nella luna. Ricchi, ingrossate la pancia e smagrite la carne del povero. Avvocati, difendete i pro e i contro, il bianco e il nero; spogliate la vedova e l'orfano a profitto del potente prevaricatore, e il piccolo artigiano a profitto del grande industriale. Suscitate processi fra i proprietari, in attesa che la società faccia il vostro processo e quello della proprietà. Prestate ai tribunali criminali l'appoggio della vostra farsa di difesa, e rendete così innocente la condanna, col pretesto di rendere innocente l'accusato. Uscieri, avvocati e notai, redigete su carta bollata atti di proprietà e di pirateria; spossessate questi e concedete a quelli; scorazzate come bruti sulle ricche e copiose cime, al fine di esaurire più in fretta la linfa che dagli strati inferiori sale incessantemente per alimentarle. Dottori dell'istruzione pubblica, che avete la facoltà di mercurializzare i bambini della società a nome del cretinismo universitario o clericale, sculacciate e risculacciate fanciulle e giovanetti. Diplomati della facoltà di medicina per il medicamento mercuriale e arsenicale, ordinate la liquidazione dei malati, sperimentate sui proletari e tormentateli sui cavalletti dei vostri ospedali. Andate, empirici, non soltanto si autorizza il vostro brevetto di incapacità scientifica e di rapacità bottegaia, ma avete, in più, la garanzia del governo. Fate, e per poco che siate in possesso di una clientela aristocratica e di carattere benpensante, il capo dello Stato staccherà dalla sua corona una stella d'oro per appendervela all'occhiello. Tutti voi, infine, opulenti di obbrobrio, falliti a cui la fortuna sorride come sorridono le prostitute sulla soglia delle case di appuntamento; traviati dalla decadenza cristiana, corruttori e corrotti, avanzate, avanzate sulla "vile moltitudine", sporcatela col vostro fango, schiacciatela coi vostri talloni, attentate al suo pudore, alla sua intelligenza, alla sua vita; fate, e fate ancora! E poi? Impedirete forse al sole di risplendere e al progresso di sguire il suo corso? No, perché non potreste far sì che l'usura non sia usura, che la miseria non sia miseria, che la bancarotta non sia bancarotta, e che la RIVOLUZIONE non sia RIVOLUZONE!!»

L'«Utopia anarchica»

Per Déjacque l'utopia è «un sogno non realizzato, ma non irrealizzabile». Grazie al progresso scientifico è possibile superare l'attuale civiltà, figlia della barbarie, esaurita da secoli di corruzioni, ed immaginare in un mondo futuro, che Déjacque colloca nel 2858 (dunque dieci secoli dopo la stesura del libro), la realizzazione dell'«Utopia anarchica».

Il «Cyclideon»

Déjacque immagina il «Cyclideon», «tempio delle arti e delle scienze» posto ai piedi di un boschetto di palme sito in cima a un labirinto che si erge al centro di una vallata, come «il luogo consacrato alla circolazione delle idee», «l'altare del culto sociale, la chiesa anarchica dell'utopistica umanità». Su questa libera tribuna può salire chi vuole per parlare:

«Un ingegnoso meccanismo acustico permette a quel milione di uditori di intendere distintamente tutte le parole dell'oratore, a qualunque distanza siano da lui. Strumenti ottici mirabilmente perfezionati permettono di seguirne i movimenti, sia del gesto che della fisionomia, a una grandissima distanza».

La società utopica

Ecco una descrizione della società utopica:

«Presso i figli di questo nuovo mondo, non vi è né divinità né papato, né regalità, né dei, re o preti. Non volendo essere schiavi, non vogliono padroni. Essando libero, hanno solo il culto della Libertà, così la praticano sin dall'infanzia e la professano in tutti i momenti, e fino agli ultimi istanti della vita. La loro comunione anarchica non ha bisogno di bibbie o di codici; ciascuno di essi porta in sé la sua legge e il suo profeta, il suo cuore e la sua intelligenza. Non fanno ad altri quello che non vorrebbero altri facessero a loro, e fanno agli altri ciò che vorrebbero altri facessero loro. Volendo il bene per sé, fanno il bene degli altri. Non volendo che si attenti alla loro libera volontà, non attentano alla libera volontà degli altri. Amando, amati, vogliono crescere nell'amore e moltiplicarsi attraverso l'amore. Uomini, restituiscono, centuplicato, all'Umanità ciò che, bambini, sono ad essa costati in cure; e al loro vicino, le simpatie che gli sono dovute: sguardo per sguardo, sorriso per sorriso, bacio per bacio e, al bisogno, morso per morso. Sanno che hanno una madre comune, l'Umanità, che sono tutti fratelli, e che la fraternità li obbliga. Hanno coscienza che l'armonia non può esistere se non con il concorso delle volontà individuali, che la legge naturale delle attrazioni è la legge degli infinitamente piccoli come degli infinitamente grandi, che nulla di ciò che è sociale può muoversi se non dalla società, che essa è il pensiero universale, l'unità delle unità, la sfera delle sfere, immanente e permanente nell'eterno movimento; e dicono: al di fuori dell'anarchia non vi è salvezza! E aggiungono: la felicità è del nostro mondo. E sono tutti felici, e tutti incontrano sul loro cammino le soddisfazioni che cercano. Bussano, e tutte le prote si aprono; la simpatia, l'amore, il piacere e le gioie rispondono ai battiti del loro vuore, alle pulsazioni del cervello, ai colpi di martello delle braccia; e, in piedi sulle soglie, salutano il fratello, l'amante, il lavoratore; e la Scienza, come un'umile schiava, li guida innanzi, nel vestibolo dell'Ignoto. [...] In questa società anarchica, la famiglia legale e la proprietà legale sono istituzioni morte, geografie di cui si è perso il senso: una e indivisibile è la famiglia, una e indivisibile è la proprietà. In questa comunione fraterna, libero è il lavoro e libero è l'amore. Tutto ciò che è opera del braccio e dell'intelligenza, tutto ciò che è ogetto di produzione e di consumo, capitale comune, proprietà collettiva, appartiene a tutti e a ciascuno. Tutto ciò che è opera del cuore, tutto ciò che è essenza intima, sensazione e sentimento individuali, capitale particolare, proprietà corporale, tutto ciò che è uomo, infine, nella sua accezione propria, qualunque sia la sua età o il suo sesso, si appartiene».

L'amore libero

Nella società immaginata da Déjacque uomini e donne «fanno l'amore quando piace loro, come piace loro, e con chi piace loro»:

«Libertà piena e completa da una parte come dall'altra. Nessuna convenzione o contratto legale li lega. L'attrazione è la sola catena, il piacere, la sola regola. Così, l'amore è più duraturo e più circondato di pudore che presso i civilizzati. Il mistero con cui amano circondare i liberi legami, vi aggiunge un fascino sempre nuovo. [...] Tutti, in pubblico, hanno teneri sguardi gli uni per gli altri, sguardi da fratelli e sorelle, il vermiglio splendore della viva amicizia; la scintilla della passione non arde che nel segreto, come le stelle, come i casti bagliori nel buio azzurro delle notti. [...] Il libero amore è come il fuoco, purifica tutto. Ciò che posso dire è che, nel mondo anarchico, gli amori volubili sono un piccolisimo numero, e gli amori costanti, gli amori esclusivi, gli amori a due, sono la maggior parte. L'amore instabile è la ricerca dell'amore, il viaggio, le emozioni, la stanchezza, non il fine. L'amore unico, l'amore perpetuo, perno di due cuori confusi in un'attraziine reciproca, questa è la suprema felicità degli amanti. L'apogeo dell'evoluzione sessuale; il radioso focolare verso il quale tendono tutti i pellegrinaggi, l'apoteosi della coppia umana, la felicità al suo zenith».

L'«Umanisfera»

La città univerale appare come un giardino/falansterio, «ma senza alcuna gerarchia, senza alcuna autorità, al contrario, testimonianza della libertà, dell'uguaglianza, dell'anarchia più completa»: Déjacque lo chiama «Umanisfera», «a causa dell'analogia di questa costellazione umana con il raggruppamento e il movimento degli astri, organizzazione attrattiva, anarchia passionale ed armonica». Cento «Umanisfere» semplici raggruppate inorno a un «Cyclideon» prendono il nome di «Umanisfera comunale». Tutte le «Umanisfere comunali» di uno stesso continente formano l'«Umanisfera continentale». La riunione di tutte le «Umanisfere continentali» prende il nome di «Umanisfera universale».

Nell'«Umanisfera» è presente una sala delle conferenze in cui, circa una volta per settimana, secondo la necessità, ci si riunisce: Déjacque chiama questo luogo «piccolo Cyclideon interno»:

«Vi si discutono i grandi lavori da eseguire. Coloro che sono più portati alla conoscenza del particolare in questione, prendono l'iniziativa di parlare. Del resto, le statistiche, i progetti, i piani, sono già apparsi sugli stampati, sui giornali; sono già stati commentati in piccoli gruppi; la loro urgenza è stata riconosciuta o respinta da ciascuno individualmente. Così, molto spesso, non vi è che una voce, la voce unanime, per l'approvazione o il rigetto. Non si vota; la maggioranza o la minoranza non fa mai legge».

Nell'«Umanisfera» non vi è governo:

«Un'organizzazione attrattiva tiene il posto della legislazione. La libertà sovranamente individuale presiede a tutte le decisioni collettive. L'autorità dell'anarchia, l'assenza di ogni dittatura del numero o della forza, sostituisce l'arbitrio dell'autorità, il dispotismo della spada e della legge. La fede in sé stessi è tutta la religione degli «Umanisferiani». Gli dei e i preti, le superstizioni religiose solleverebbero fra essi un biasimo universale. Non riconoscono né teocrazia né aristocrazia di alcuna sorta, ma l'autonomia individuale. È attraverso le proprie stesse leggi che ciascuno si governa, ed è su questo governo di ciascuno attraverso sé stesso che è formato l'ordine sociale».

Nell'«Umanisfera» «non vi sono né schiavi né padroni, né capi né subordinati, né proprietari né diseredati, né legalità né penalità, né frontiere né barriere, né codici civili né codici religiosi, non vi sono più autorità civili, militari e religiose, avvocati, ufficiali giudiziari, procuratori legali, notai, giudici, poliziotti, borghesi, signori, preti, soldati, troni, altari, caserme, chiese, prigioni, fortezze, roghi, patiboli [...]. L'uomo non è niente più della donna e la donna niente più dell'uomo. Tutti e due sono egualmente liberi. [...] L'uomo veramente uomo, l'uomo egoisticamente buono, è più felice di fare una cosa per il bene che questa procura agli altri che di dispensarsene in vista di una soddisfazione immediata e del tutto personale. [...] L'egoismo è l'origine di ogni virtù. [...] Gli Umanisferiani pongono le loro buone azioni in vitalizio nell'Umanità, al fine di godere - dalla nascita fino all'estinzione della vita - dei benefici delel mutua assicurazione. Umanamente, la felicità individuale si può acquisire solo al prezzo dell'universale felicità».

L'educazione

L'educazione dei fanculli è modellata su principi di libertà:

«Nell'«Umanisfera», i fanciulli imparano a sorridre a chi sorride loro, ad abbracciare chi li abbraccia, ad amare chi li ama. Se sono imbronciati con chi è cortese, presto la privazione dei baci insegnerà loro che non si è imbronciati impunemente, e richiamerà l'amabilità sulle loro labbra. Il sentimento della reciprocità si imprime così nei piccoli cervelli. Gli adulti insegnano loro a diventare umanamente e socialmente uomini. Se uno di essi vuole abusare della sua forza verso un altro, ha presto tutti i giocatori contro di lui, è messo al bando dall'opinione giovanile, e l'abbandono dei suoi compagni è punizione molto più terribile e molto più efficace di quanto lo sarebbe il rimprovero ufficiale di un pedagogo. [...] Nell'insegnamento autoritario, la frusta e il dovere possono ben schiacciare il corpo e il cervello degli alunni, degredare l'opera della natura umana, fare atto di vandalismo; non potrebbero modellare uomini originali, esempi di grazia e di forza, d'intelligenza e di amore. Occorre per questo l'ispirazione di quella grande artista che si chiama Libertà. [...] Sotto l'ala della libertà, in seno alla grande famiglia [...], il bambino, trovando presso i fratelli maggiori, uomini e donne, educatori disposti ad ascoltarlo e a rispondergli, apprende in fretta a conoscere il perché e il come delle cose. La nozione di giusto ed utile prende così radice nel suo giovane intelletto e lo prepara ad equi e intelligenti giudizi per l'avvenire».

Note

  1. Estratto dalla lettera: «Scrittore sferzatore di donne, servo dell'uomo assoluto, Proudhon-Haynau [generale austriaco che represse i movimenti rivoluzionari nell'Europa centrale e balcanica nel 1848-1849], che avete per knout [sorta di gatto a nove code, pena di uso slavo ottocentesco] la parola, come il boia croato, sembrate gioire di tutte le oscenità della bramosia a spogliare le vostre belle vittime sulla carta del supplizio e a flagellarle con le vostre infettive. Anarchico a metà, liberale e non libertario, volete il libero scambio per il cotone e per la cera, e preconizzate protettorati dell'uomo sulla donna nella circolazione delle passioni umane; gridate contro gli alti baroni del capitale, e volete riedificare l'alta baronia del maschio sulla femmina vassalla; ragionatore con gli occhiali, vedete l'uomo attraverso lla lente che ingrandisce gli oggetti, e la donna con la lente che li rimpicciolisce; pensatore afflitto da miopia, non potete distinguere che ciò che vi abbaglia nel presente e nel passato, e non potete scopire niente di ciò che è alto e distante, nella prospettiva dell'avvenire: siete un infermo!» (vedi De l'Être-Humain mâle et femelle - Lettre à P. J. Proudhon e la lettera completa in francese).
  2. Testo in francese

Bibliografia

  • L'umanisfera. Utopia anarchica, Edizioni Immanenza, 2014

Voci correlate

Collegamenti esterni