Jean Allemane: differenze tra le versioni

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Nato nel villaggio di Boucou, presso Sauveterre, dove frequentò le scuole elementari, nel [[1853]] si trasferì a [[Parigi]] con i genitori che aprirono una bottega di vini, mentre Jean andò a lavorare come operaio in una tipografia. Nel [[1862]], a 19 anni, Jean Allemane venne gettato in [[carcere]] per aver preso parte a un grande [[sciopero]] dei tipografi parigini.  
Nato nel villaggio di Boucou, presso Sauveterre, dove frequentò le scuole elementari, nel [[1853]] si trasferì a [[Parigi]] con i genitori che aprirono una bottega di vini, mentre Jean andò a lavorare come operaio in una tipografia. Nel [[1862]], a 19 anni, Jean Allemane venne gettato in [[carcere]] per aver preso parte a un grande [[sciopero]] dei tipografi parigini.  


La legislazione imperiale non riconosceva infatti il diritto di [[sciopero]] e di associazione, del resto già  vietati nella II Repubblica borghese che aveva massacrato nel giugno del [[1848]] gli operai parigini. Ipocritamente, di fronte all'estendersi degli scioperi, con la legge del [[25 marzo]] [[1864]] il governo di Napoleone III riconobbe il diritto di [[sciopero]] e di associazione, ma ponendovi limiti tali da rendere estremamente difficile organizzare uno sciopero e, qualora questo fosse proclamato, da perseguitare gli operai con il pretesto di essersi illegalmente organizzati.<ref>Gli articoli 291 e 292 del Codice penale vincolavano la costituzione delle associazioni a un'autorizzazione governativa ed erano permesse soltanto se prevedevano « incontri occasionali e sporadici » dei loro membri, vietandole se comportavano « un'organizzazione permanente e indeterminata ». Gli articoli 414, 415 e 416 del Codice penale punivano « chiunque per mezzo di violenze, vie di fatto o manovre fraudolente avrà  provocato o sostenuto una premeditata cessazione del lavoro, allo scopo di forzare il rialzo o il calo dei salari e di attentare al libero esercizio dell'industria e del lavoro ». Cfr. ''La Comune del 1871'', a cura di J. Bruhat, J. Dautry, E. Tersen, Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 48.</ref> L'imperatore demagogo e paternalista graziò gli operai incarcerati e Allemane tornò libero.  
La legislazione imperiale non riconosceva infatti il diritto di [[sciopero]] e di associazione, del resto già  vietati nella II Repubblica borghese che aveva massacrato nel giugno del [[1848]] gli operai parigini. Ipocritamente, di fronte all'estendersi degli scioperi, con la legge del [[25 marzo]] [[1864]] il governo di Napoleone III riconobbe il diritto di [[sciopero]] e di associazione, ma ponendovi limiti tali da rendere estremamente difficile organizzare uno sciopero e, qualora questo fosse proclamato, da perseguitare gli operai con il pretesto di essersi illegalmente organizzati. <ref>Gli articoli 291 e 292 del Codice penale vincolavano la costituzione delle associazioni a un'autorizzazione governativa ed erano permesse soltanto se prevedevano « incontri occasionali e sporadici » dei loro membri, vietandole se comportavano « un'organizzazione permanente e indeterminata ». Gli articoli 414, 415 e 416 del Codice penale punivano « chiunque per mezzo di violenze, vie di fatto o manovre fraudolente avrà  provocato o sostenuto una premeditata cessazione del lavoro, allo scopo di forzare il rialzo o il calo dei salari e di attentare al libero esercizio dell'industria e del lavoro ». Cfr. ''La Comune del 1871'', a cura di J. Bruhat, J. Dautry, E. Tersen, Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 48.</ref> L'imperatore demagogo e paternalista graziò gli operai incarcerati e Allemane tornò libero.  


Lavorò qualche tempo come commesso in una maglieria e poi, alla morte del padre, nel negozio di vini dei genitori, in rue Maître-Albert 14, nel V ''arrondissement'', dove abitava con la madre e la giovane moglie, che morì nel [[1869]] dando alla luce il figlio Charles. Da un'altra donna, Marie Quénot, ebbe presto altri due figli.  
Lavorò qualche tempo come commesso in una maglieria e poi, alla morte del padre, nel negozio di vini dei genitori, in rue Maître-Albert 14, nel V ''arrondissement'', dove abitava con la madre e la giovane moglie, che morì nel [[1869]] dando alla luce il figlio Charles. Da un'altra donna, Marie Quénot, ebbe presto altri due figli.  
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Con la costituzione della [[La Comune di Parigi (1871)|Comune]], il [[18 marzo]] 1871 venne delegato al municipio del V ''arrondissement'' e prese parte ai combattimenti contro le truppe del governo di Versailles in difesa del Quartiere latino, assumendo una funzione di comando insieme a [[Maxime Lisbonne]] e a [[Eugène Varlin]]. Fu arrestato alla caduta della Comune, il [[28 maggio]] [[1871]].
Con la costituzione della [[La Comune di Parigi (1871)|Comune]], il [[18 marzo]] 1871 venne delegato al municipio del V ''arrondissement'' e prese parte ai combattimenti contro le truppe del governo di Versailles in difesa del Quartiere latino, assumendo una funzione di comando insieme a [[Maxime Lisbonne]] e a [[Eugène Varlin]]. Fu arrestato alla caduta della Comune, il [[28 maggio]] [[1871]].


Il [[22 settembre]] ebbe una prima condanna da un tribunale civile a 15 mesi di carcere per « usurpazione di funzioni ». Fu poi processato da un tribunale militare per « partecipazione ad attentato contro il governo, aver operato arresti illegali e aver eretto barricate ». Nella sua difesa scritta, Allemane vantò la sua partecipazione alla guerra contro i prussiani e affermò di essersi indignato nell'apprendere la resa di Parigi ai nemici assedianti senza che si fosse realmente combattuto. Tutto il suo operato successivo fu da lui svolto – affermò – con l'intenzione di difendere la Repubblica, poiché credette che il [[18 marzo]] vi fosse stato un colpo di [[Stato]] monarchico. Sostenne di aver amministrato onestamente il V ''arrondissement'' e di aver agito con moderazione, impedendo anche l'arresto di ufficiali controrivoluzionari.<ref>''Allemane Jean'', in ''Dictionnaire biographique du mouvement ouvrier francais''.</ref>
Il [[22 settembre]] ebbe una prima condanna da un tribunale civile a 15 mesi di carcere per « usurpazione di funzioni ». Fu poi processato da un tribunale militare per « partecipazione ad attentato contro il governo, aver operato arresti illegali e aver eretto barricate ». Nella sua difesa scritta, Allemane vantò la sua partecipazione alla guerra contro i prussiani e affermò di essersi indignato nell'apprendere la resa di Parigi ai nemici assedianti senza che si fosse realmente combattuto. Tutto il suo operato successivo fu da lui svolto – affermò – con l'intenzione di difendere la Repubblica, poiché credette che il [[18 marzo]] vi fosse stato un colpo di [[Stato]] monarchico. Sostenne di aver amministrato onestamente il V ''arrondissement'' e di aver agito con moderazione, impedendo anche l'arresto di ufficiali controrivoluzionari. <ref>''Allemane Jean'', in ''Dictionnaire biographique du mouvement ouvrier francais''.</ref>


Così, senza rinnegare l'esperienza della Comune, per evitare una possibile condanna a morte evitò di dare di sé un'immagine di fervente rivoluzionario, presentandosi piuttosto come un onesto democratico e un buon patriota: un comportamento così moderato tenuto di fronte ai giudici militari bastò a salvargli la vita, ma non lo sottrasse alla condanna ai lavori forzati a vita, pronunciata il [[3 aprile]] [[1872]]. Anche il fratello François fu condannato alla deportazione a vita.
Così, senza rinnegare l'esperienza della Comune, per evitare una possibile condanna a morte evitò di dare di sé un'immagine di fervente rivoluzionario, presentandosi piuttosto come un onesto democratico e un buon patriota: un comportamento così moderato tenuto di fronte ai giudici militari bastò a salvargli la vita, ma non lo sottrasse alla condanna ai lavori forzati a vita, pronunciata il [[3 aprile]] [[1872]]. Anche il fratello François fu condannato alla deportazione a vita.
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