I Malfattori

I Malfattori è stato un settimanale anarchico in lingua italiana pubblicato da Emilio Covelli a Ginevra, dal 21 maggio al 1° luglio del 1881.

Storia e pensiero

II fallimento dei moti del Matese, le ondate repressive scatenatesi dopo il 1878 e, infine, la «defezione» di Andrea Costa, avevano inevitabilmente determinato, negli ambienti internazionalisti italiani, un clima di disorientamento e quindi di sfiducia sulla validità della vecchia strategia insurrezionale. Iniziarono a manifestarsi, pertanto, i primi sintomi di quel ripiegamento verso posizioni nichiliste e individualiste, sfociate poi, durante gli anni '90, nel ravacholismo.

Una chiara anticipazione a tali correnti di idee, si ha appunto, con I Malfattori, una rivista di dibattito teorico, fondata da Emilio Covelli, l'internazionalista pugliese, già redattore, a Napoli, de L'Anarchia (1877), che proprio in quello scorcio di anni va maturando concezioni marcatamente nichiliste conformi alle tesi dell'attentato individuale e dell'«azione continua di eccitamento e di perpetrazione di ogni specie di reati contro l'ordine pubblico». [1]

In una forma innegabilmente elegante e di indubbia raffinatezza intellettuale e letteraria, Covelli vi teorizza l'ideologia dei malfattori, «il precipitato putrido delle altre classi sociali», la massa anonima ed oppressa del sottoproletariato, ma futura artefice della rivoluzione anarchica («morale»), «ch'è la parola ultima della rivoluzione sociale», perché rappresenta «la libertà umana di svolgersi secondo la necessità della propria natura». Dalle altre due classi sociali chiamate in causa (operai e piccola borghesia) non è infatti possibile attendersi che rivoluzioni per fini parziali: rivoluzione «economica» da parte dei primi e rivoluzione «politica» (democrazia) da parte dei ceti piccolo borghesi. «È perciò che la la lotta per l'anarchia è la lotta, per eccellenza, de' malfattori, i quali, si voglia o non si voglia, sono uno degli elementi della gran massa ch'è per la rivoluzione. E l'Italia, che non ha una borghesia né una classe operaia come ne hanno Francia, Germania, Inghilterra, ma ha tanti spostati e il maggior numero di malfattori di tutte le specie e gradazioni, ha perciò il primato dell'anarchia, della rivoluzione morale, de' malfattori». [2]

Per gli anarchici, pertanto, accelerare questo processo rivoluzionario significa «andare al popolo» per «eccitare il fermento, portare l'agitazione nel seno stesso della corruzione, perché si desti al più presto la forza medicatrice della natura, perché si possa svolgere la nuova generazione». [3] Consequenziale diviene, in questo quadro, l'esaltazione di ogni atto di rivolta individuale contro le leggi e le istituzioni borghesi, giacché è diritto naturale di «quanti nascono e si svolgono in un ambiente che non permette di elevarsi alle cause della nostra infelicità» riprendersi, con qualunque mezzo, quanto spetta loro di diritto. «La propaganda, l'azione, la rivoluzione possono solo sviluppare l'ambiente che infonde negli esseri umani la coscienza della socialità, nel bene come nel male, e trasformare il gran numero degli autori di reati comuni in malfattori per la giustizia e per la libertà. Non abbiamo visto come ne' giorni di insurrezione cessano come per incanto i delitti, i reati comuni, e la popolazione delle carceri, liberata, combatte da brava e muore eroicamente per la libertà di tutti, per un nuovo ordine sociale, per la rivoluzione[3]

Al periodico collaborò assiduamente anche Carlo Cafiero che, a quanto pare, ne condivideva appieno il programma. Almeno quattro articoli, non firmati, gli sono stati attribuiti: I tempi (n. 1, del 21 maggio), Cercano l'ideale!!! (n. 2, del 28 maggio), Siamo malfattori! (n. 3, del 4 giugno), Coi Malfattori! (n. 4, del 23 giugno). [4]

Da segnalare, infine, sono gli ampi resoconti della situazione russa, il testo del «Programma» adottato dall'Alleanza de' gruppi socialisti rivoluzionari di Parigi (n. 2, del 28 maggio) e la pubblicazione di alcuni brani poetici di Filippo Turati (Fiori d'aprile, n. 3, del 4 giugno) e Carlo Monticelli (Rivolta! Dies Irae!; Ai Nihilisti Russi, n. 4, del 23 giugno). Di quest'ultimo sono pubblicati anche (n. 3, del 4 giugno) una «Dichiarazione», con cui Monticelli confermava di dissociarsi da quanti «intendono di fare dell'agitazione per mandare dei socialisti in Parlamento o nei Consigli Comunali o per ottenere delle riforme politiche ed economiche», e, sul numero successivo, lo scritto La questione dei mezzi.

Note

  1. Redattori della «Lotta», Londra, 17 novembre 1880; cit. da P. C. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, Milano, 1969, p. 167, n. 21.
  2. Il primato d'Italia, n. 3, del 4 giugno (l'articolo non è firmato ma è sicuramente di Covelli, dal momento che la firma di questi compare sotto la riproduzione dello stesso articolo, fatta dall'Humanitas di Napoli del 18 settembre 1887; cfr. P. C. Masini, Cafiero, Milano, 1974, p. 410, n. 8.
  3. 3,0 3,1 I Malfattori, n. 2, del 28 maggio.
  4. Cfr. P. C. Masini, Cafiero, Milano, 1974, p. 410, n. 9.

Voci correlate