Guerra dell'oppio e colonizzazione della Cina (XIX secolo)

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Combattimenti a Guangzhou durante la seconda guerra dell'oppio

Con "guerra dell'oppio", si intende definire i due conflitti combattuti tra il 1839 e il 1842 e tra il 1856 e il 1860 dalla Gran Bretagna prima (prima guerra dell'oppio) e dalla Gran Bretagna e Francia successivamente (seconda guerra), contro l'impero cinese, allo scopo di imporre la liberalizzazione del commercio dell'oppio. In particolare la prima guerra dell'oppio segnò l'inizio dell'imperialismo europeo in Cina.

La vittoria occidentale trasformò di fatto la Cina in una colonia delle potenze europee, le quali si assicurarono consistenti privilegi e concessioni commerciali e territoriali in tutta la Cina. La guerra dell'oppio è la dimostrazione esplicita di quale etica avvolga la “cultura” occidentale, che al contrario solitamente viene presentata come portatrice di valori.

Prima guerra dell'oppio

Già da tempo la Cina utilizzava l'oppio come medicinale, anche se poi si accorse che diventò una vera e propria piaga sociale, ormai c'era il vizio di fumare oppio. La Compagnia delle Indie Orientali, istituita nel 1715 dalla Gran Bretagna, diede inizio al commercio della droga dal Bengala alla Cina. L'obiettivo dei britannici era quello di ridurre il deficit della bilancia dei pagamenti e incoraggiare il consumo della droga tra gli appartenenti alla classe dei mandarini cinesi.

La vendita dell'oppio ebbe certamente per gli occidentali l'effetto sperato ma per la Cina fu un vero e proprio disastro. Il consumo di oppio divenne una vera e propria piaga sociale (aumento criminalità e corruzione) e comportò anche la svalutazione del rame e l'aggravarsi della condizione dei contadini cinesi, i quali venivano pagati in rame per i loro prodotti, ma dovevano versare allo Stato le tasse in argento. In risposta a questi problemi, le autorità cinesi inasprirono i divieti sulla droga, confiscando e bruciando enormi quantità di oppio, ma ciò scatenò la violenta reazione dei britannici.

Infatti le truppe al servizio della monarchia inglese attaccarono la Cina, dando inizio alla guerra, che si si concluse con la vittoria degli inglesi. I vincitori obbligarono i cinesi alla firma del trattato di Nanchino (29 agosto 1842). In base a questo trattato la Cina fu trasformata in una vera e propria colonia inglese: doveva risarcire una cospicua indennità per l'oppio confiscato e distrutto, aprire cinque porti al commercio inglese e cedere Hong Kong alla Gran Bretagna. Identici accordi furono conclusi con altre potenze occidentali.

Seconda guerra dell'oppio

Divenuta una vera e propria semi-colonia occidentale, la Cina si trovò ad affrontare contemporaneamente una gravissima crisi interna, che sfociò nella ribellione contadina nota come la rivolta dei Taiping, e in una estera, che portò ad nuova guerra contro i britannici, sostenuti questa volta anche dalla Francia. Il conflitto si concluse nel '60, con una nuova capitolazione della Cina, costretta ad aprire al commercio straniero anche le vie fluviali interne e a stabilire normali rapporti diplomatici con gli Stati occidentali.

Interessati a ottenere ulteriori concessioni, inglesi e francesi sfruttarono la circostanza per occupare nuovamente Canton (1857) e altre località: la Cina fu costretta ad arrendersi e a firmare il trattato di Tianjin (1858), che tuttavia non fu ratificato, e poi quello di Pechino (1860). Questi costrinsero i cinesi a dover pagare una indennità più pesante rispetto a quella versata a seguito della prima guerra dell'oppio, dovette aprire altri porti e concedere la libera circolazione sul suo territorio a mercanti e missionari stranieri. Le potenze occidentali ottennero esenzioni doganali ed il libero accesso delle loro flotte alla rete fluviale cinese.

Conseguenze sulla Cina del colonialismo occidentale

L'imposizione ai cinesi del libero commercio di oppio ebbe conseguenze nefaste che ebbero effetto a lungo, sino al XX secolo. Gli inglesi compresero la possibilità di fare lauti guadagni dal commercio della droga e agirono di conseguenza. Questo portò la Cina alla spaccatura in diverse aree di influenza, controllate da varie bande criminali che realizzavano i loro profitti con il traffico dell'oppio, facendosi spessissimo la guerra attraverso armi acquistate dagli stessi britannici.

La crisi socio-economica favorì lo sviluppo di rivolte contro le autorità cinesi e quelle occidentali. Le più importanti furono la rivolta dei Taiping e la rivolta dei boxer. La prima (durata dal 1851 al 1864) si basò su una dottrina religiosa cristiana che predicava l'egualitarismo sociale, l'antisessismo e la volontà di ripristinare la sovranità della Cina. Le autorità cinesi riuscirono a reprimere definitivamente la rivolta nel 1864 grazie anche all'aiuto degli inglesi e francesi. La rivolta dei Boxer (dal 1899 al 1901), condotta da persone umili e poco colte (contadini, battellieri ecc.), ebbe anche un carattere nazionalista e nacque in odio all'Occidente e al disastro sociale conseguenza del loro colonialismo. Molti occidentali, soprattutto religiosi, furono uccisi e perseguitati, tanto che ciò comportò un nuovo intervento militare dell'Occidente (USA, Francia, Gran Bretagna, Italia, Germania, Giappone e Russia).

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