Gilania: una grande luce inestinguibile in fondo alla storia: differenze tra le versioni

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* la narrazione della maggior parte dei miti di tutto il mondo di un'epoca ritenuta sino ad oggi appunto mitica, in cui gli esseri umani non conoscevano che felicità, benessere ed erano esenti da malattie, sofferenza per fame o altre gravi mancanze e da un continuo stato di guerra, narrati ad esempio nei (non più) miti dell'età dell'oro, dell'Edenecc.
* la narrazione della maggior parte dei miti di tutto il mondo di un'epoca ritenuta sino ad oggi appunto mitica, in cui gli esseri umani non conoscevano che felicità, benessere ed erano esenti da malattie, sofferenza per fame o altre gravi mancanze e da un continuo stato di guerra, narrati ad esempio nei (non più) miti dell'età dell'oro, dell'Eden ecc.


* Le stesse idee della necessità del superamento dello stato di cose esistente a seguito del sorgere delle formazioni statuali e proto-statuali di un ordine razionale e giusto basato sull'equità sociale e sulla libertà di tutti i suoi membri. Queste concezioni socialistiche arcaiche, che la storiografia ha posto in rilievo da molto tempo in tutte le culture classiste, non risultano quindi essere altro che una riproposizione di uno stato di cose precedentemente esistente sul piano storico.
* Le stesse idee della necessità del superamento dello stato di cose esistente a seguito del sorgere delle formazioni statuali e proto-statuali di un ordine razionale e giusto basato sull'equità sociale e sulla libertà di tutti i suoi membri. Queste concezioni socialistiche arcaiche, che la storiografia ha posto in rilievo da molto tempo in tutte le culture classiste, non risultano quindi essere altro che una riproposizione di uno stato di cose precedentemente esistente sul piano storico.

Versione delle 17:28, 22 dic 2020

Marija Gimbutas (settembre 1989), presso la Kerbstone 52, a Newgrange in Irlanda

Articolo di Ario Libert sulle società gilaniche e le relative implicazioni storiche.

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Gilania: una grande luce inestinguibile in fondo alla storia

Nel suo romanzo “1984” George Orwell ha previsto un'epoca in cui un “ministero della Verità” avrebbe rimodellato ogni idea e riscritto tutti i libri per adattarli alle esigenze degli uomini di potere. Ma la cosa tremenda è che non si tratta di un'eventualità futura. È già successo molto tempo fa, quasi ovunque nel mondo antico. Riane Eisler, Il calice e la spada


È passato molto tempo da quando nel 1987 Riane Eisler dava alle stampe la sua celebre opera Il calice e la spada, in cui la ricercatrice di origine austriaca, basandosi su di una vasta mole di testi storici e di studi sociali, ma soprattutto sulle ricerche dell'archeologa di origine lituana Marija Gimbutas, restituiva vita ad un'intera era storica umana includenti il paleolitico superiore e soprattutto il neolitico e la prima età dei metalli, reinterpretandoli con la sua sapiente griglia interpretativa.

Questa era storica, rimasta sino ad allora molto sullo sfondo degli studi storici accademici, venne da lei definita globalmente gilania. Questo neologismo fu molto apprezzato e quindi utilizzato successivamente dalla stessa Gimbutas. Esso è stato ottenuto ponendo la lettera iniziale “l” della parola inglese link e cioè legame, ma anche dal greco lyen o lyo, “sciogliere” o “liberare”, tra le prime sillabe delle parole “donna” e “uomo” in greco, e cioè gynè e anèr. Il significato del nuovo termine era quindi evidente: esso stava ad indicare tutta una serie di strutture sociali diffuse in un ampio territorio in cui vi era parità tra i sessi e assenza di conflitti tra i suoi componenti e le altre culture circostanti, anzi, al contrario, un vero e proprio culto per la vita ed una incessante preoccupazione alla sua preservazione.

Dea Madre (Sardegna, 3500 a.c

Si trattò di una vera rivoluzione nella ricostruzione e reale comprensione dell'effettivo svolgimento della storia umana, anzi un grande mutamento di paradigma. Le culture preistoriche ricevettero da questa nuova interpretazione della storia dell'umanità, una rivalutazione così decisiva da ribaltare non soltanto tutti i luoghi comuni tra storico e preistorico ma da porre in crisi assunti gnoseologici plurisecolari della cultura occidentale e che ritengo siano ancora tutti da indagare in senso critico, teorico e politico propositivo. Tra questi il primo e il più importante il dogma dell'intrinseca malvagità dell'uomo e quindi della necessità di istituzioni che lo obblighino ad una socialità etica posta fuori di lui ed a lui superiore e quindi razionale e giusta.

I dati storici salienti utilizzati dalla Eisler per effettuare questo rivoluzionamento della storia universale, furono quindi tratti dalle ricerche archeologiche impostate in modo pluridisciplinari dalla Gimbutas. La ricercatrice lituana infatti si era dedicata nell'arco di molti decenni, allo studio delle culture indoeuropee e al contempo a quelle ad esse anteriori sino ad elaborare una innovativa ipotesi relativa ad entrambe. Gimbutas non si limitò cioè a porle in una mera successione evolutiva bensì cercò di interpretare correttamente, sulla base delle vaste scoperte da lei stessa effettuate, le modalità storiche del prevalere delle culture nomadi pastorali guerriere su quelle agricole neolitiche pacifiche.

La sua concezione più importante relativa ad eventi epocali accaduti durante la preistoria relativamente recente, e cioè dal V millennio a. C., e le cui tragiche conseguenze viviamo ancora oggi in modo esponenziale, è nota come ipotesi Kurgan. Quest'ultima pone in un rapporto diretto queste due culture così opposte attraverso una progressiva distruzione di quella gilanica priva di stratificazioni sociali oppressive e dotata invece di istituzioni che favoriscono e consolidano i rapporti sociali improntati al solidarismo e alla cooperazione, da parte dei popoli nomadi pastorali delle steppe in almeno tre grandi ondate successive, 4.200, 3.200 e 2.800 a. C.

Le evolute culture gilaniche vivevano in aree umide a breve distanza da fiumi e laghi ed erano caratterizzate da tecniche agricole avanzate e che erano anche in grado di navigare, avevano soprattutto dato vita ad insediamenti urbani, erano inoltre dedite alla lavorazione delle ceramiche la cui decorazione risultava essere molto raffinata e dotata di un simbolismo posto in diretta relazione con il loro culto plurimillenario della grande dea madre e quindi riflesso delle loro concezioni più profonde.

Le culture gilaniche neolitiche furono progressivamente cancellate dalle popolazioni dotate di armi e spesso di carri da guerra trainati da cavalli, popolazioni in cui la gerarchia sociale era molto spinta e rigida e si era formalizzata soprattutto nel sistema delle caste, mentre il ricorso alla guerra era in auge sin dal loro sorgere nelle aree aride in cui avevano avuto inizio i processi di desertificazione in seguito ai mutamenti climatici seguiti alla fine dell'ultima era glaciale intorno al 15.000 a. C.

Queste culture bellicose e gerarchiche erano caratterizzate da una religione il cui pantheon era dominato da divinità maschili e guerriere, Il culto della guerra e delle virtù militari costituiva il sistema dei loro valori dominanti, le donne erano relegate totalmente sullo sfondo sociale e i bambini degni di considerazioni a partire dall'età ritenuta adatta all'addestramento alle armi e alle tecniche della guerra e di cui l'Occidente ha degli ottimi esempi nelle sue opere letterarie più antiche come la Bibbia e l'Iliade.

Se Marija Gimbutas è riuscita dopo molti anni di studi e scavi a ricavare un quadro estremamente coerente lì dove in precedenza non v'erano che siti da cui trarre del materiale da analizzare, descrivere e classificare, ciò è stato il risultato dell'applicazione rigorosa di una metodologia risultata alla fine altamente produttiva e consistente nell'inquadrare i dati materiali alla vita sociale dei popoli che li produssero nel tentativo, pienamente riuscito, di penetrare nella mentalità di queste culture, nel ricavare il sistema delle concezioni culturali e spirituali attraverso l'analisi.

Come si può constatare dai questi pochi cenni fatti a questi formidabili eventi storici, che meriterebbero dei seri e impegnativi approfondimenti, le conseguenze che si possono trarre da essi sono a dir poche assolutamente sconvolgenti. A saltare per primo ed in modo sin troppo evidente è l'immagine antropologica che quasi tutte le ideologie filosofiche e politiche hanno tramandato per millenni e non a caso attraverso concezioni sin troppo evidentemente funzionali al mantenimento dello stato di cose esistenti e cioè l'immagine, falsa e profondamente reazionaria, dell'intrinseca malvagità della natura umana.

L'immagine degli esseri umani, uomini e donne, consegnataci dalle culture gilaniche è esattamente quanto ogni individuo di buon senso e sufficientemente acculturato e dotato di vero senso critico conosce già: quella di un essere che vuole solo ed unicamente vivere serenamente in pace e in pace morire. E vivere per conoscere, rispettando la vita in tutte le sue forme e ogni forma di conoscenza, crescere soddisfacendo le sue modeste esigenze e riconoscerle agli altri, amare e rispettare essendo amati e rispettati, risolvere ogni problema che dovesse sorgere razionalmente senza che i provvedimenti adottati pesino su nessuno. Dividere le risorse equamente e produrne a sufficienza affinché ciascuno riceva secondo le sue esigenze.

Carta che rappresenta le ondate migratorie dei Kurgan tra il 4000 e il1000 a.c, secondo l'ipotesi kurgan. L'emigrazione verso l'Anatolia (freccia con tratti punteggiati) è avvenuta attraverso il Caucaso o i Balcani. La zona viola corrisponde al supposto Urheimat (cultura di Samara, cultura di Sredny Stog). La zona rossa corrisponde alla zona di ubicazione degli indoeuropeo intorno al 2500 a.c. La zona arancione corrisponde alla loro progressione intorno al 1000 a.c.

È esattamente la concezione antropologica che ha attraversato l'intera pseudostoria, quella del periodo sorto soprattutto con la nascita degli stati e che ha avuto una sua gestazione lunga e dolorosa prima di essa e che si è nutrita del saccheggio e della totale distruzione delle progreditissime culture neolitiche. Era che ha dato inizio al sorgere della barbarie esponenziale chiamata assurdamente, ora lo sappiamo, Storia, e che non rappresenta altro da ben 6.000 anni per estese aree del mondo, che un vero e proprio miserabile meccanismo ossessivo-compulsivo, e cioè di pura e semplice reiterazione di quell'abominevole evento di distruzione dell'ambiente e di schiavizzazione degli esseri umani.

Marija Gimbutas e Riane Eisler hanno in comune non soltanto questo campo di ricerca storico da entrambe valorizzato anche se in modi estremamente diversi quanto anche un importante elemento biografico che le accomuna a quanto sperimentato dalle stesse culture gilaniche, le prime culture umane che possiamo considerare profughe della storia. Entrambe le ricercatrici furono infatti profughe anche loro, e dovettero abbandonate il loro paese natio da giovani per rifugiarsi in altre nazioni dove rifarsi una vita. Marija Gimbutas (1921-1994), si trasferì nel 1949 negli Stati Uniti come rifugiata lituana, non senza prima essersi laureata in archeologia tre anni prima a Tubinga. Riane Eisler, nata nel 1931 a Vienna, dovette anch'essa abbandonare il suo paese insieme ai genitori dopo l'annessione dell'Austria alla Germania nazista. Trasferendosi prima a Cuba e successivamente negli Stati Uniti anche lei, in California dove si laureerà in sociologia e in legge.

Le due studiose di origini europee, adottano inoltre entrambe, nelle loro ricerche, approcci interdisciplinari allo scopo di conseguire risultati esaustivi ma soprattutto innovativi, non limitandosi a confinarsi in ambiti angusti e specialistici, com'è il caso della quasi totalità dei loro colleghi. Ciò fa sì che le loro opere risultino brillanti e estremamente affascinanti sia sul piano espositivo sia ancor più su quello interpretativo, e che alla ricchezza dei dati intelligentemente inquadrati in un discorso di vasto raggio sul piano cronologico e tematico, emerga una rigorosa concezione teorica radicata profondamente sui fatti storici e culturali.

Al contrario di quanto molti elementi ostili ai loro formidabili risultati scientifici vorrebbero far credere, le opere sia di Riane Eisler sia di Marija Gimbutas non concedono nulla né nella filosofia della storia né alle pseudofilosofie della New Age, anche se è comprensibile che alcuni settori di queste correnti subculturali abbiano approfittato dei loro risultati più suscettibili di colpire l'immaginario loro peculiare e ad esse più affini, solitamente il cosiddetto neopaganesimo e il culto per l'elemento femminile religioso.

Il risultato delle ricerche della Gimbutas, come emerse ben presto dal complesso delle sue pubblicazioni nel corso degli anni 60 e 70 del secolo scorso, fu quindi l'evidenziazione su di un'area vastissima comprendente l'Europa orientale e centrale e una vasta area del bacino mediterraneo di una originaria ed originale serie di culture pacifiche prive di classi sociali e gerarchie di qualsiasi genere, di conflitti bellici e quindi di produzione di armi, in cui il rispetto per la vita e l'attiva ricerca della sua massima soddisfazione materiale e spirituale, ambiti non separati e contrapposti assolutamente, era la principale preoccupazione.

Implicazioni storiografiche ed ermeneutiche connesse all'esistenza delle società gilaniche

Dopo quanto detto sinora devo porre in giusto rilievo come questa generica ricapitolazione non ha alcuna intenzione di approfondire quanto già alcune voci di Anarcopedia hanno discretamente illustrato a proposito di questo argomento sterminato, quanto fondamentale, di tutta la cultura storica esistente e su cui negli ultimi anni, anche se a rilento, molti settori del pensiero critico dell'esistente hanno cominciato, pur se timidamente, a tenere in debita considerazione o per lo meno a prendere atto della sua esistenza.

Anarcopedia è stata la prima ad aver capito, e forse su scala mondiale, quanto questa tematica storiografica poggiante solidamente su una massa copiosa di dati materiali e interpretazioni rigorosissime e rispettose dei criteri di scientificità, sia vitale non soltanto per il progresso effettivo e reale del sapere in generale quanto per la causa della ricerca di una nuova forma di socialità autenticamente umana, cioè veramente basata sulla partecipazione alla cosa pubblica di tutti gli esseri umani indipendentemente dalle differenze etniche o di sesso.

Riane Eisler, autrice Il calice e la spada

La semplice presa d'atto dell'esistenza di una serie di società egualitarie molto avanzate sul piano materiale e culturale diffusa su di un'ampia parte del globo per molti di millenni e in diretta continuità culturale con il paleolitico, non è in sé la cosa saliente di questa tematica quanto il suo piano elementare di natura puramente constatativa e quindi oggettivamente limitato e limitante per una sua profonda comprensione e soprattutto utilizzazione in senso critico interpretativo globale.

La tematica gilanica rispetto a qualunque altra esistente di natura storiografica presenta una propria peculiarità che la rende irriducibile a qualunque altra. Essa introduce soprattutto un novum a livello interpretativo dell'intera storia umana da necessitare, per il suo positivo accoglimento cioè per la sua totale accettazione da parte della cultura attuale, di una vasta revisione dell'intero sapere esistente e non soltanto di quello storico.

Questo novum è ovviamente connesso alla natura sociale e quindi umana totalmente altra rispetto alla cultura dominante occidentalista, così come di ogni altra cultura che rispetto a quest'ultima ne condivida gli assunti strutturanti di fondo. Da questo punto di vista abbiamo quindi da una parte la gilania con il suo egualitarismo, il rispetto per la vita e la natura, la sua mancanza di sessismo e di specismo, l'assenza di istituzioni gerarchiche, militari e burocratiche autoritarie e quindi di repressione sociale di qualunque genere all'interno di qualunque società gilanica così come di guerre verso altre società sia gilaniche esterne sia di diversa configurazione sociale.

Dall'altra parte avremo, a seguito di quel grande evento di natura storica noto come invasioni Kurgan avvenute a partire dal IV millennio a. C., tutto l'esatto opposto una volta avvenuto l'orrendo crimine della soppressione-fagocitazione delle società gilaniche, cioè la loro distruzione e di conseguenza il sorgere del dominio dell'uomo sull'uomo, cioè la nascita della società classista, statuale, gerarchica, burocratica, militarista, oppressiva e repressiva di ogni forma di pensiero o comportamento non ritenuta conforma ad un modello rigorosamente codificato e sacralizzato, sessista, specista, guerrafondaia.

Siamo quindi in presenza non soltanto di due modi di produzione diversi tra vaste aree di civiltà, situazione tipica d'altronde dell'intera storia umana, ma di due strutturazioni sociali l'una antitetica rispetto all'altra, in cui cioè il massimo della negatività a qualunque livello lo si consideri, sociale e culturale, è concentrato unicamente da una parte e cioè nelle società classiste nomadi pastorali (Kurgan in un primo tempo e poi le cosiddette popolazioni indoeuropee, per rispettare la classificazione storiografica oramai consolidata); mentre il massimo della positività a livello istituzionale e culturale è unicamente concentrato nelle società neolitiche, così come in precedenza lo era in quelle paleolitiche.

Queste due polarità andranno approfondite sia nel loro sorgere storico sia nelle loro peculiari dinamiche di incontro-scontro storicamente documentabili, una procedura necessaria là dove ciò sia possibile, per ricostruire in senso storico concreto il progressivo avvento delle società classiste su scala mondiale a partire anche dall'evento più che epocale dei profondi mutamenti climatici avvenuti a partire da almeno circa 50.000 anni dal presente.

Implicazione teoriche gilaniche

In questa sede un'elencazione delle implicazioni a livello teorico dell'esistenza delle società gilaniche è più che necessaria per avviare al più presto una serie di revisioni storiografiche fondamentali in senso storico veritativo, che pur già nell'aria da moltissimo tempo o già parzialmente avviate in determinati campi o ambiti particolari, presentano però il torto di non avvalersi dell'apporto teorico decisivo, quello cioè della reale esistenza storica della gilania, e cioè di una pluralità di società esistite in epoche remote a struttura sociale orizzontale, democratiche e quindi non discriminatorie nei confronti dei suoi membri così come nei confronti di altre società ad esse esterne della stessa o diversa natura sociale e culturale.

Ad ogni punto di questo elenco dovrebbe corrispondere un primo processo di ristrutturazione del sapere storico esistente che tenga in debito conto di esso così come della sua integrazione con la tematica gilanica e dell'influenza di quest'ultima sul processo storico successivo che ha condotto alla formazione storica dello stato e cioè delle società statuali storicamente note a partire dal V millennio a. C. Una tematica quest'ultima non a caso ancora più che nebulosa nella storiografia tradizionale per tutta una serie di motivi che dovranno essere denunciati e analizzati criticamente a fondo.

I

Tanto per darci un punto di partenza, una prima se non la primissima implicazione veicolata dalla tematica gilanica consiste appunto nell'invalidazione della concezione storiografica tradizionale della genesi storico sociale dello Stato come evento positivo e soprattutto evolutivo, concezione che funge da sempre da fondamento dell'intera ricerca storica universale e quindi da giustificazione dell'esistenza dello Stato come creazione umana universale evidentemente progressista.

Una volta posta questa primissima implicazione fondamentale sul piano storiografico possiamo porre in evidenza altri punti relativi ad implicazioni ad essa strettissimamente connessa e che anzi ne dipendono in modo assoluto, strutturale, totale.

II

Posto ciò si può cominciare a lavorare a rimuovere il luogo comune assurdo quanto erroneo dell'assunto filosofico antropologico dell'intrinseca malvagità della natura umana tanto caro a tutte le concezioni religiose e metafisiche, soprattutto alle religioni rivelate e a carattere salvifico universale, così come di tanta ricerca sociale e dottrine etiche e morali, per non parlare del cosiddetto senso comune. Siamo cioè con questo assunto in presenza di un luogo comune che pervade la totalità delle culture classiste statuali e non e che quindi non possono non incentrarsi su una concezione sacralizzata sotto forma di miti o dogmi religioni o concezioni teoriche anche laiche e apparentemente razionali che rafforzi questa visione ideologica totalmente negativa dell'essere umano singolo in gruppo o vivente in società più o meno complesse.

III

La revisione della reale progressione della conoscenza in qualunque ambito materiale e culturale. La rettificazione di questo punto storiografico, strettamente connesso con i precedenti e quasi ad essi inestricabili, deve porre soprattutto in evidenza quanto le opere culturali delle successive società classiste post gilaniche siano totalmente debitrici appunto del sapere gilanico formatosi in una serie molto lunga e, essa sì, progressiva di millenni.

IV

La chiarificazione di tutta una serie di tematiche storico culturali che, unicamente dall'esistenza della gilania, traggono motivo di chiarificazione totale e definitiva.

Valgano a titolo di esempi non esaustivi di questo punto:

  • la narrazione della maggior parte dei miti di tutto il mondo di un'epoca ritenuta sino ad oggi appunto mitica, in cui gli esseri umani non conoscevano che felicità, benessere ed erano esenti da malattie, sofferenza per fame o altre gravi mancanze e da un continuo stato di guerra, narrati ad esempio nei (non più) miti dell'età dell'oro, dell'Eden ecc.
  • Le stesse idee della necessità del superamento dello stato di cose esistente a seguito del sorgere delle formazioni statuali e proto-statuali di un ordine razionale e giusto basato sull'equità sociale e sulla libertà di tutti i suoi membri. Queste concezioni socialistiche arcaiche, che la storiografia ha posto in rilievo da molto tempo in tutte le culture classiste, non risultano quindi essere altro che una riproposizione di uno stato di cose precedentemente esistente sul piano storico.

V

La chiarificazione della natura totalmente spuria dei testi sacri di tutte le culture statuali o proto-statuali dotate di fortissime stratificazioni sociali, e unicamente interpretabili come l'intrusione di concezioni ideologiche di natura non gilanica da parte dei distruttori di questa progredita cultura, dopo l'appropriazione dei suoi apporti spirituali ritenuti dai dominatori più degni di essere conservati e ristrutturati tenendo conto anche delle proprie concezioni. Anche la mitologia e i primi testi epici sono d'immenso aiuto in questo compito di ricostruzione storica delle concezioni religione delle culture classiste e dei loro sistemi morali e quindi legislativi, anch'essi classisti.

VI

La valorizzazione di studi di natura storica del passato anche remoto i cui autori essendosi posti in una prospettiva di apertura alle concezioni tradizionali sia dei propri popoli sia di altri hanno posto in evidenza gravi lacune nel sapere storico stabilito venendone solitamente ripagati con l'ostracismo da parte della ortodossia accademica sia laica sia religiosa.

VII

La totale estirpazione su basi storiografiche dimostrabili della totale assurdità dell'attribuzione di un valore positivo da parte degli studi di settori accademici più conservatori e reazionari e soprattutto di autori che su di essi si sono basati e si basano per dimostrare l'esistenza di una Tradizione arcaica basata sulla superiorità assoluta delle culture indoeuropee. Concezioni antiscientifiche sul piano storico e che hanno accompagnato e supportato l'ascesa dell'ideologia occidentalistica durante il XIX secolo nella fase di massima espansione coloniale del blocco occidentale europeo e trovato la loro massima aberrazione nelle dottrine irrazionali fasciste e naziste.

VIII

L'utilizzazione positiva della nozione storiografica della gilania nella critica totale dell'esistente e cioè della assoluta continuità tra gli eventi sterminazionistici con l'intero processo storico noto e ad esso successivo e conseguente. Infatti l'evento sterminazionistico kurganico per l'area dell'Europa neolitica, a cui dobbiamo però includere anche quelli anteriori e posteriori ad esso in quanto dello stesso genere socio-storico, vanno considerati come una serie di contro-rivoluzioni "preistoriche" da cui l'intera "storia" è scaturita.

La storia assume così la figura estremamente drammatica ascrivibile ad un'unica sindrome compulsiva-ossessiva. La storia nota post-gilanica cioè, si configura non più come un processo evolutivo dal meno perfetto verso un assetto sociale e culturale migliore quanto come una pura e semplice coazione a ripetere quel traumatico evento ogni volta vengano posti in pericolo i meccanismi strutturanti delle società gerarchiche a dominio classista.

I genocidi documentati storicamente sono infatti iniziati con le invasioni kurganiche del V millennio a. C. che hanno fatto iniziare la fase "storica", cioè post-storica, del genere umano. Da quegli eventi in poi tutta la "storia" non è altro che un susseguirsi di genocidi.

Se gli altri genocidi non sono molto noti la colpa non è soltanto della pseudo scienza storica esistente ed insegnata, quanto anche del diktat ben accetto dall'Occidente, della pseudo-interpretazione storica dell'olocausto ebraico, come evento storico unico e singolare, che giova a tutto l'occidentalismo, cioè all'ideologia occidentale.

Riscoprire l'immane catena di genocidi è uno dei primi compiti nella riscrittura della storia universale partendo dalla presa di coscienza e considerazione della vasta fase gilanica storica, termine che va inteso in senso autenticamente tale n questo caso.

L'era gilanica è stata quindi l'unica fase veramente storica vissuta ed oggi finalmente meglio conosciuta dall'intero genere umano. La fase successiva, la post-storia, è semplicemente barbarie, e cioè la fase ossessivo-compulsiva degli accadimenti vissuti successivamente dal genere umano, cioè la riproduzione ripetuta e continuata di quell'evento traumatico alla base della fine della Storia.