Gerarchia e Condizionamento: una teoria per l'individualismo anarchico

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Immagine creata da Altipiani azionanti e ceduta al pubblico dominio

Gerarchia e Condizionamento: una teoria per l'individualismo anarchico di Altipiani azionanti [1]

Devo dire che, grazie al tuo articolo, ho avuto modo di riflettere, anche perché l'entomologia è stata una delle mie materie di studio e l'anarchismo individuale, si sa, è la mia pratica di vita (nel senso che non la considero solo una idea). Premetto che il commento che sto per fare, nonostante le mie diversità di vedute, non vuole sminuire l'importanza del tuo scritto, che mi è servito come spunto per quanto sto per dire e che in ogni caso, per l'originale quanto difficile accostamento tra anarchia e insetti, lo ritengo un'operazione, quanto meno, di buon valore letterario; il mio quindi vuole essere un contributo costruttivo, che speriamo apra un dibattito all'interno degli Anarcopediani, a partire dalle tue proposizioni.

In riferimento al libro "L'ecologia sociale" di Murray Bookchin, sono daccordo quando lui sostiene che, in linea di principio, in natura non esiste gerarchia e che essa è cominciata ad esistere anche nell'uomo, alla fine delle società organiche (come le chiama lui le prime società che vivevano in stretto rapporto con la natura) e cioé da quando l'uomo si è specializzato in mestieri artigianali che, non solo lo allontanavano dal diretto contatto con la natura, ma soprattutto lo rendevano sottoposto ad altri uomini che utilizzavano il suo lavoro per i propri fini e non più per la comunità intera. Ma anche quando non esiste la gerarchia, non possiamo negare che esiste ugualmente il condizionamento come il risultato di una pratica esistenziale.

È vero che una certa raffigurazione antropomorfica del mondo, ha generato tutto un sapere distorto a uso e consumo dell'uomo, ma le comunità degli insetti non credo che si possano addurre ad esempio per una società (anarchicamente parlando) migliore rispetto ad altre; nel migliore dei casi, il paragone più prossimo, per me, sarebbe quello di una società comunista alla cinese. E quì ritorno al mio concetto di prima di condizionamento: gli insetti, dato che sono di origine antichissima, hanno avuto modo di sviluppare forme che per noi sono impensabili (almeno per il momento), come ad esempio una vera e propria clonazione con riproduzione sessuale (ma in realtà sarebbe asessuata) per partenogenesi. La cosiddetta ape regina, anche se, come dici tu, non è regina nel senso come lo intendiamo noi (anzi, da un altro punto di vista, la si potrebbe ritenere addirittura una vittima immolata alla comunità e costretta a svolgere il suo unico ruolo riproduttivo - dipende solo dai punti di vista), in realtà, dicevo, essa controlla e condiziona l'intera comunità, fino a deciderne il numero dei componenti, il sesso e la funzione, attraverso l'uso di complessi meccanismi di sostanze condizionanti quali i feromoni: cosicché decide se produrre femmine, maschi o sterili (operaie) a suo piacimento (direbbero alcuni), o a seconda delle esigenze della comunità (direbbero altri). Non si sa cioé se questo comportamento derivi da una volontà individuale ovvero da una esigenza collettiva. Il comportamento individuale, in queste società di insetti è sicuramente soggetto a schemi fissi di azione che non avrebbero senso se praticati in proprio al di fuori di un contesto collettivo. Si pensa, comunque, che tale controllo sulla sessualità ed in particolare l'induzione alla sterilità della maggior parte dei membri della società, siano una garanzia di riuscita della società stessa, volendo scongiurare la conflittualità interna al sistema.

Poi devo fare anche una precisazione sul parassitismo, perché in campo scientifico (beninteso quello tradizionale) esso rientra nel capitolo delle simbiosi ed in particolare in quella definita antagonistica (uno solo dei due simbionti ottiene vantaggio a discapito dell'altro), mentre le altre due forme di simbiosi sono quella indifferente (quando nessuno dei due contraenti la simbiosi ottiene vantaggio da essa) e quella mutualistica (quando entrambi ottengono vantaggio); però anche quì non c'é certezza, perché ad esempio, si è visto statisticamente che eradicando l'elicobacter pylori dallo stomaco (simbionte antagonista) è vero che si previene l'ulcera, poi, però, si diventa suscettibili a certe forme di cancro... Quindi, anche il parassitismo, quando è tollerabile, può tornare utile e questo collima con la visione globale dell'importanza della diversità ecologica.

Ora, tornando all'uomo, io farei una distinzione tra «gerarchia» e «condizionamento» laddove la prima sarebbe un esercizio volontario della persona, mentre il secondo potrebbe essere anche il risultato involontario ed inevitabile di un comportamento ripetuto (vedi anche educazione). Questo lo dico perché in una qualsivoglia società, fosse anche anarchica, a mio parere, esiste comunque il condizionamento e gli uomini sono sottoposti ad esso, però bisogna anche ammettere che ognuno è sottoposto in maniera differente, a seconda del suo grado di consapevolezza, direi meglio in maniera inversamente proporzionale, nel senso che più si è soggetti consapevoli e meno si è condizionabili.

Ecco che la libertà, sempre secondo la mia visione, sarebbe la capacità di sottrarsi al condizionamento sociale quando esso viene imposto ingiustificatamente da altri, ovvero la capacità di sottoporsi volontariamente al condizionamento sociale, quand'esso è ritenuto giusto e auspicabile.

Quello che contraddistingue gli anarchici dagli altri è proprio quest'aspetto: gli anarchici sono consapevoli della tendenza di dominio dell'uomo sull'uomo e di tutti i condizionamenti che ne derivono e combattono ciò: propongono una visione esistenziale per una fuoriuscita definitiva dal contesto della specializzazione del lavoro che tende solo a creare alienazione e gerarchie, per la riconquista delle proprie capacità creative che non possono che aiutarci a migliorare anche nel rapporto con gli altri.

In definitiva il vero uomo libero è l'anarchico e tra questi quello individualista lo è ancora di più, perché, essendosi rapportato criticamente e creativamente nei confronti del sapere e soprattutto delle attività esistenziali, riesce a fare da sè (si badi e non per sè) come un imperativo categorico (io devo... fare da me) e quindi riesce a sottrarsi abbastanza bene, anche se mai del tutto, a quel sistema condizionante che vige in ogni società e che si fonda sull'incapacità o sul mestiere specializzato, vale a dire quell'unica cosa che si è imparato a fare nella vita, per quanto utile sia...

In conclusione non è la società perfetta che mi interessa, perché quella ci viene propinata continuamente da certa propaganda falsamente liberista che ci illude con forme di pseudo progresso, dietro le quali si cela invece solo un sistema di sfruttamento economico teso soltanto a monetizzare e rendere l'uomo un dipendente da tutto e da tutti. Semmai bisogna ampliare quelle conoscenze che possano arricchirci sempre più di abilità, in modo da renderci quanto più consapevoli ed autosufficienti di fronte ad ogni evenienza della vita (o almeno si spera), la qual cosa vale sempre più che sopravvivere da quasi incapaci, con la nostra piccola abilità, che, sommate alle tante altre piccole abilità degli altri, dovrebbe generare quel gran sistema organizzato della libera e perfetta società in cui vivremmo.

Note

  1. Gerarchia e Condizionamento: una teoria per l'individualismo anarchico è stato scritto da Altipiani azionanti a commento dell'articolo Entomologia anarchica. Anarchia e insetti di Nessuno