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Di parere diametralmente opposto Otello Chelli che nella post fazione di ''C'è posta per voi, mr. Brown'' scrive: «La cultura italiana ha dimenticato alla svelta questo livornese geniale, forse per la sua natura di comunista, fondamentalmente anarchico, anche se ha sempre avuto in tasca la tessera del [[Partito Comunista Italiano]] e ha lavorato a l'Unità , quando era diretto da Pietro Ingrao».
Di parere diametralmente opposto Otello Chelli che nella post fazione di ''C'è posta per voi, mr. Brown'' scrive: «La cultura italiana ha dimenticato alla svelta questo livornese geniale, forse per la sua natura di comunista, fondamentalmente anarchico, anche se ha sempre avuto in tasca la tessera del [[Partito Comunista Italiano]] e ha lavorato a l'Unità , quando era diretto da Pietro Ingrao».
== Note ==
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==Scritti ed opere==
==Scritti ed opere==
*Ezio Taddei ''C'e' posta per voi, mr. Brown!'' 2013 Books & Company  
*Ezio Taddei ''C'e' posta per voi, mr. Brown!'' 2013 Books & Company  

Versione delle 18:38, 13 lug 2019

Ezio Taddei

Ezio Taddei (Livorno, 2 ottobre 1895 - Roma, 16 maggio 1956), è stato anarchico e scrittore di fama. Antifascista intransigente, accostasi al PCI nelle suo ultimo periodo di vita, fu intimo amico di dell'anarchico Carlo Tresca di cui, pubblicamente e coraggiosamente, denunciò per primo quelli che riteneva i colpevoli: mafiosi italo-americani che mal sopportavano le sue indagini sugli intrecci tra fascismo e mafiosi.

«Uno scrittore dimenticato... Un uomo che visse ai margini, da umile fra gli umili. Per natura era un ribelle, seguendo il proprio istinto libertario, lottò contro fascismo, mafia italo-americana, ipocrisie dei poteri forti... Rimase sempre povero come gli eroi dei suoi romanzi... Ezio Taddei è autore di un Vangelo apocrifo, il Quinto, in cui alla fine Cristo lascia i poveri in eredità  agli apostoli...» [1]


Biografia

Ezio Taddei nasce a Livorno il 2 ottobre 1895. Ben presto orfano della madre Eufemia, è allevato dal padre Ubaldo, mentre la sorella Tirrena viene spedita presso il collegio delle Orsoline di Prato.

La giovinezza e il primo contatto con l'anarchia

La vita per il giovanissimo Ezio è assai grama, il padre è più preoccupato di spender soldi nei night e con le ballerine, piuttosto che curarsi dell'educazione dei figli. Le suore si lamentano sempre perché il «sor Ubaldo», come loro sono solite chiamarlo, non paga puntualmente la retta, mentre Ezio è per lui solo un peso che si trascina dietro nel suo "peregrinare" in cerca di "svago".

Quando Ezio ha 12 anni assiste ad un comizio di un anarchico romano e nei tumulti che ne seguono è arrestato. Il giorno dopo è restituito al padre, il quale agguanta al volo l'occasione per disfarsi del figlio. Lo abbandona al suo destino dicendogli di farsi «sfamare dai tuoi amici scioperanti!» [2]. Poco più che bambino, si trova praticamente a fare il vagabondo a Roma, dormendo dove possibile sino a quando viene preso a bottega da “sor Giovanni”, un pasticciere del rione Parione, grazie al quale riesce a guadagnarsi qualche soldo che gli permette di affittarsi una stanzetta in una locanda di Via de' Cappellari.

Nonostante la povertà , il forte spirito di solidarietà , che già  alberga nell'adolescente Ezio, lo porta di tanto in tanto ad allungare qualche “pasticcino” ad un vecchio “barbone” con cui ha fatto amicizia. Quando però la crisi costringe alla chiusura la pasticceria per cui lavorava, Ezio si ritrova senza lavoro. Per un po'campa con lavoretti occasionali, poi decide di andarsene a Milano: ha solo 14 anni!. Durante il lungo tragitto che doveva portarlo nel capoluogo lombardo, Ezio si ferma per un po'in Umbria, dove fa qualche lavoretto e trova il tempo di apprezzare la letteratura, in particolare legge Resurrezione del grande anarchico russo Lev Tolstoj. Giunto a Milano compie svariati mestieri ed entra in contatto con quella parte del mondo dei malavitosi, la cosiddetta "Ligera" che anni dopo lo aiuteranno ad espatriare dopo il carcere fascista.

Bersagliere forzato

Nel 1915 Ezio Taddei viene arruolato a forza dai carabinieri, nonostante la sua eccessiva magrezza che avrebbe dovuto farlo riformare, ed inviato al corpo dei Bersaglieri. La vita militare non era per nulla confacente alla sua personalità , in quanto egli non amava la disciplina imposta dalle autorità  militari e aveva anche una certa paura delle armi [3].

Nonostante l'indisciplina, caratteristica peraltro di molti corpi dell'esercito dell'epoca (es. gli Arditi, la cui ala sinistra nel proseguo fondò gli Arditi del Popolo), il grande senso di solidarietà  che lo caratterizza lo porta, a sprezzo della propria vita, ad andar a recuperare un commilitone ferito ed esposto al fuoco nemico a Montenero [2]. Anche i giornali del periodo danno grossa rilevanza all'atto di valore, ma non ovviamente per il coraggio dimostrato di per sé stesso quanto nell'ottica propagandistica dei guerrafondai. Per quell'azione, che però gli costa la grave frattura di un braccio colpito dall'esplosione di una scheggia di una granata, gli assegneranno anche una medaglia al valore, ma Ezio mai la conserverà  e mai la riterrà  degna di attenzione [4].

Taddei passa quindi un lungo e tutto sommato piacevole periodo di convalescenza, assistito da una bella e ricca signora che si occupa dei feriti e che si invaghisce di lui, terminata la quale decide di prolungarla falsificando alcuni permessi. Scoperto, è arrestato e trattenuto presso il carcere di Sant'Elmo, dove talvolta è tenuto nel letto di contenzione, con le catene ai polsi e alle caviglie.

Il carcere, il confino e l'antifascismo militante

Durante il periodo di detenzione Ezio Taddei conosce un certo Braschi, anarchico pisano collaboratore de «L'Avennire anarchico», e Ferruccio Scarselli, anarchico di Certaldo che doveva scontare 27 anni di carcere per “tradimento” e diserzione. È soprattutto grazie a quest'ultimo che si forma culturalmente (studia latino, grammatica, filosofia, ecc.), politicamente e ideologicamente: «Quando uscii dalle sue mani e tornai ad esser libero, avevo acquistato una discreta conoscenza dei problemi politici e sociali del mio tempo e mi ero formato un carattere che mi portò lontano». [5]

Il 25 marzo 1919 il Tribunale di Napoli lo condanna a 2 anni per furto ma viene amnistiato nel settembre seguente. Liberato è per un po'ospite a Certaldo presso la famiglia Scarselli, poi giunge a Genova nel 1921 e si lega ad un gruppo anarchico accusato di un attentato dimostrativo contro l'ingiusta detenzione di Malatesta e Armando Borghi. Da questo momento Taddei è vittima di un'incredibile e persecutoria sequenza di arresti e condanne soprattutto per motivi politici: il 24 marzo è arrestato per associazione a delinquere e terrorismo insieme a Gino Piastra, Melchiorre Vanni, Angelo Porcu, Ettore e Angelo Brusaioli, Carlo Settimio Camisotti, Ferruccio Cucini e altre 23 persone, per questo il 16 febbraio 1922 gli infliggono una condanna pari a 8 anni di reclusione e uno di vigilanza speciale, mentre quasi tutti i suoi compagni sono assolti. Nel frattempo il Tribunale di Lucca l'aveva condannato il 14 novembre 1921 a tre anni di carcere e ad uno di vigilanza per reati comuni. Il 10 aprile 1923 il Tribunale di Genova lo condanna a 5 mesi per incitamento all'odio di classe e alla disobbedienza alle leggi, mentre la Corte di Firenze il 28 settembre lo condanna invece a 5 anni e sei mesi.

Girovaga per molte carceri italiane e a Finalborgo è alla testa della rivolta carceraria insieme all'anarchico Giuseppe Boldrini (accusato dell'attentato al Teatro Diana di Milano) contro il divieto di lettura. In carcere incontra Gino Lucetti, Giuseppe Mariani e altri anarchici, oltre ai comunisti Antonio Gramsci e Umberto Terracini. Uscito dal carcere nel 1930, tenta di espatriare clandestinamente ma è fermato e poi condannato a sette mesi e mezzo di reclusione sempre con l'accusa di incitamento all'odio di classe e alla disobbedienza alle leggi. Nella notte del 22 marzo 1933 la sede del fascio di Livorno è colpita da un attentato, compiuto in ricordo del comunista Mario Camici, di cui in giornata si erano svolti i funerali e a cui aveva partecipato anche Taddei. Lo stesso, il 29 aprile è condannato ad un anno di carcere dal tribunale di Genova per resistenza a pubblico ufficiale e rinchiuso nel penitenziario di Castelfranco Emilia, dove rimane fino al 22 luglio 1935. Rilasciato, ritorna a Livorno dove però nessuno gli offre lavoro, in più è nuovamente arrestato e confinato.

Stanco di queste continue persecuzioni, Taddei decide di scrivere direttamente al Duce, a cui promette che non proseguirà  più nei suoi intenti rivoltosi:

«Insomma, feci di tutto per dimostrare che non volevo continuare nella strada del passato ma fu tutto inutile [...] Eccellenza non so se la presente avrà  la stessa fortuna dell'altra inviata nel 1930, non le nascondo però che scrivendo l'ò sperato vivamente. Il devotissimo Ezio Taddei».

Non serve però a niente perché le persecuzioni a suo danno proseguiranno: il 2 settembre è confinato per due anni per la sua attività  anarchica e il 16 la questura di Livorno rincara la dose sottolineando che si tratta di un pericoloso individuo che odio le autorità . È internato presso l'isola di Ponza ma su sua richiesta di trasferimento in “continente”, nel dicembre 1935 è trasferito a Bernalda (prov. Matera). Il 17 novembre 1936 c'è una nuova richiesta di arresto perché deve scontare ancora 10 giorni per istigazione all'odio fra classi sociali, il 6 dicembre è quindi incarcerato a Pisticci. Rilasciato il 12, dopo un certo tempo lascia anche Bernalda per tornare a Livorno (10 settembre 1937) dove però lo aspetta un foglio di via obbligatorio. [6]

Nel confino della Basilicata gli era arrivato un pacco dalla Spagna, speditogli da un amico anarchico conosciuto in carcere, avvolto in un giornale che raccontava della rivoluzione spagnola in atto, dell'autogestione e della battaglia di Guadalajara e della forza della CNT che lo aveva indotto a pensare di unirsi agli antifascisti spagnoli. [2]

L'esilio francese

In Francia Taddei iniziò a collaborare con il giornale anarchico in lingua italiana di New York

Sfuggito ai controlli delle frontiere, raggiunge dopo mille peripezie la Svizzera, grazie all'aiuto dei contrabbandieri della Ligera milanese conosciuti in gioventù, da cui poi si sposta in Francia, a Parigi, dove trova la solidarietà  di altri compagni anarchici, in particolare di Adamo Agnoletto, anarchico padovano combattente nella Colonna Ascaso.

La sua "proficua frequentazione" delle carceri gli aveva permesso di contrarre legami stabili con anarchici e compagni della sinistra, utilissimi per sopravvivere in clandestinità  in diversi luoghi, Parigi per prima, dove il "fuoriuscitismo" era presente in foltissimo gruppo. Oramai l'idea di andare in Spagna è però tramontata, perché la sconfitta degli antifranchisti è imminente e inevitabile, ma ciò non gli impedisce di proseguire nel suo attivismo anarchico: collabora con «L'Adunata dei Refrattari», giornale anarchico degli italo-americani di New York, con cui attacca veementemente Mussolini, difende Aldo Fiamberri, anarchico accusato ingiustamente di un attentato all'Etoile di Parigi (maggio 1937), non risparmiando i comunisti e la sinistra moderata. [7]

L'esilio non è però facile, poiché questo è un periodo in cui anche in Francia sono state promulgate leggi speciali sugli stranieri, con conseguenti internamenti presso i campi di concentramento del posto, per arginare gli effetti della Retirada dei miliziani antifascisti dalla Spagna verso la Francia: tali regolamenti ad hoc furono rivolti pure contro i francesi, per cui per chi si trovava nella situazione di Taddei l'unica possibilità  di rimanere in libertà  è l'espatrio negli USA. Ezio Taddei, infatti, pur senza passaporto, sceglie questa strada e si imbarca clandestinamente, e senza bagaglio, sul Normandie con destinazione New York.

Negli USA: Arthur Miller, Carlo Tresca e l'attività  di scrittore

Testata dello storico giornale di Carlo Tresca con cui Taddei collaborò a lungo

Negli USA Ezio Taddei entra in strettissimi rapporti con Arthur Miller[8], scrittore e saggista americano, che anni dopo sarà  ospitato da Ezio in Italia durante un suo viaggio di vacanza nella penisola, e soprattutto con Carlo Tresca - anarchico di Sulmona, editore e direttore del giornale anarchico «Il Martello» e dirigente della Mazzini Society (di natura antifascista e liberal-socilista), di cui diviene molto amico.

Carlo Tresca, un omaccione robusto e disponile al dialogo a detta di Ezio, in uno dei suoi primi incontri gli prospetta un futuro non roseo poiché aveva compreso il suo carattere poco incline al compromesso e perché questo genere di persone, in primis gli anarchici, negli USA erano fortemente osteggiati specie dopo il caso Sacco e Vanzetti: «Te qui passerai un sacco di guai. Perché non te ne torni indietro?», gli dice Tresca. Ovviamente Taddei non prende sul serio quell'affermazione ed anzi i due insieme fanno delle inchieste sulle condizioni di vita degli operai nelle fabbriche, denunciando la corruzione delle Unions, i sindacati americani, che Tresca diceva fossero in mano a criminali impostori. Inoltre, dopo essersi allontanato, non senza polemiche, da L'Adunata dei Refrattari, diviene redattore del suddetto Il Martello di Tresca, per cui pubblicherà  molti articoli e racconti: Gli umiliati (15 marzo 1939), Che metodi son questi (28 marzo 1939), Il pane altrui (14 marzo 1939), L'ultimo ribelle (28 aprile 1939), ecc.

Negli USA ha anche alcuni contatti con il comunista Ambrogio Donini, a cui manda qualche articolo per «L'Unità  del Popolo» di New York, diretto dallo stesso Donini per conto del PCI (Donini gli scriverà  poi la prefazione di Il Pino e la Rufola). Durante gli anni '40 inizia anche la sua proficua attività  di scrittore: L'uomo che cammina. Memorie di un anarchico nelle prigioni fasciste. (1940), L'esule (1940), Parole collettive (1941) e Alberi e casolari (1943).

Carlo Tresca, anarchico e amico di E.Taddei durante il periodo che l'anarchico livornese trascorse negli USA

La sua vita cambia quando il suo amico Carlo Tresca viene ucciso (11 gennaio 1943), non crede alla versione ufficiale che attribuisce la colpa agli stalinisti e dà  vita ad un'inchiesta parallela, che in seguito porterà  alla stesura di un libro [9] sul caso Tresca, in cui affermerà  senza esitazioni che «i responsabili del delitto, secondo le ammissioni di un agente dell'Ufficio Narcotici, erano due boss della mafia, Frank Garofalo [10] e Carmine Galante [11], latitanti da anni».

Galante (successivamente capobastone di Joseph Bonanno[12]) e Garofalo, che nel seguito fece una "onoratissima" carriera di mafioso al ritorno in Italia nel dopoguerra [13], avrebbero agito su mandato di Vito Genovese[14] [15], a sua volta ispirato dalle alte sfere fasciste italiane.

La sua indagine sarà  avvalorata dalle successive tesi di Mauro Canali (esperto studioso di fatti storici oscuri), che daranno corpo alle accuse di Ezio Taddei [16] [17], in cui sostiene che Tresca sia stato ucciso perché non voleva che i fascisti e gli amici dei mafiosi, riciclatisi in chiave antifascista dopo che avevano compreso la caduta prossima del Duce, potessero trovarsi nella Mazzini Society fianco a fianco di sinceri antifascisti e svolgere la loro attività  di provocatori e deviatori della natura ostile al fascismo dell'organizzazione. Tresca invece non era contrario all'entrata nella Mazzini Society di dei comunisti, anche stalinisti come Vittorio Vidali (Armando Borghi invece apparteneva allo spezzone anarchico che si opponeva alla costituzione di un fronte unitario antifascista), che si conoscevano dal tempo delle lotte antifasciste degli anni '20. Non a caso si tenterà  di attribuire proprio a Vidali l'omicidio di Tresca al fine di spezzare l'unità  antifascista. Tresca aveva in particolare individuato in Generoso Pope, che Taddei riteneva fosse il mandante dell'omicidio [18], amico di Lucky Luciano e Frank Costello [19], ci cui era anche padrino di un suo figlio, uno dei principali falsi antifascisti che cercavano di infiltrarsi negli ambienti antifascisti.

Taddei si espone pubblicamente dichiarando di essere pronto a testimoniare contro quelli che riteneva fossero gli assassini del suo amico, ma la magistratura non gli dà  credito. "Qualcun altro" (mafiosi? fascisti?) invece lo ritiene pericoloso, infatti Taddei subisce l'ostracismo e l'isolamento di molte persone e inoltre è costretto a subire molte minacce e vari danneggiamenti al suo appartamento. A questo punto (1945) capisce che gli USA non sono più un paese sicuro per lui e decide di rifare le valigie verso l'Italia, anche perché oramai le autorità  americane intendono espellerlo verso l'Italia in quanto «Personalità  anarchiche|anarchico sovversivo».

Il ritorno in Italia e l'adesione al PCI

Taddei si imbarca così per la prima volta con i documenti in regola, a bordo del Gripsholm, verso Napoli, dove vi giunge il 22 novembre 1945. Si trasferisce a Roma e va a vivere insieme alla sorella [20], proseguendo la sua attività  di scrittore. Le sue risorse economiche non sono floride, anche perché mai si è preoccupato di far valere i diritti d'autore, ma Ezio riesce sempre e comunque a trovare una soluzione ai suoi problemi e poi si trova più a suo agio in mezzo ai poveri e agli emarginati.

Inizia in lui un cambiamento ideologico che lo porta ad iscriversi al PCI e a collaborare con «L'Unità » e «Vie nuove», dove pubblica articoli sul caso Tresca, critica la democrazia americana, difende i coniugi Rosemberg, poi scrive il volumetto Vittorio Poccecai (biografia di un evaso dall'inferno di Tito), pubblicato dal PCI nella collana "I Titani" con prefazione di Vittorio Vidali. L'impegno di Taddei nei confronti del PCI e della Russia di Stalin suscita non poche polemiche negli ambienti anarchici italiani:

«Ad un certo momento tutto un complesso di gregarismo e di servitù volontaria si è fatto largo in lui, abbattendo le deboli resistenze libertarie, scoprendo, nella medaglia del carattere, dietro la maschera convulsa del rivoltoso, quella pacificata del funzionario di partito [...]Taddei glorifica ostentatamente il PCI come "ente metafisico" e presenta l'abbandono dell'anarchismo quasi come un passaggio dall'infanzia alla giovinezza, come faticoso raggiungimento di una maturità . È la forma peggiore della fobia antianarchica, una fobia avvelenata.» (Pier Carlo Masini, «Il Libertario», 1951)[21]

Le crtiche però non gli impediscono di proseguire nella sua "nuova" vita. Insieme a Corrado Alvaro, Francesco Jovine e Guido Piovene, con cui ha stretto amicizia, scrive un lettera indirizzata al presidente Enrico De Nicola e pubblicata anche su molti giornali e non senza destare scandalo, in cui denuncia il comportamento degli statunitensi nei confronti dei "sovversivi" italiani e anche sul caso Tresca.

Un giorno Taddei riceva un invito per partecipare ad un ricevimento all'Excelsior in onore degli scrittori francesi, a erano stati invitate anche celebrità  del calibro di André Gide e Albert Camus. È il maggio 1956 e quanto accade quel giorno lo racconta la sorella: «Allora finalmente andò via, montò sull'autobus, mi salutò ridendo, facendomi le boccacce. Avevo un fratello proprio particolare. Dice che poi quando ha varcato l'ingresso illuminato dell'Excelsior un commesso in livrea si è precipitato a prendere il cappotto di Ezio, che non glielo voleva dare. Dice che poi Ezio si sia sentito male quasi subito. Che l'hanno dovuto portare un ospedale. Dove i dottori hanno scosso il capo e addio Ezio. Gli hanno trovato il cuore ridotto come se glielo avessero calpestato». [2]

Muore in questo modo Ezio Taddei, protagonista di una vita al contempo avventurosa, vivace e drammatica per motivi personali, familiari e per la congiuntura storica, ma nonostante il carcere subito la sua personalità  era tale che l'irriducibile impegno antifascista e il sostegno degli emarginati mai gli ha impedito di godersi molti piaceri della vita.

Opinioni e ricerche storiche su Ezio Taddei

In un recente studio Luciano Canfora ha sostenuto la tesi per cui Taddei abbia collaborato con il regime fascista e abbia partecipato al lavoro di discredito, sostenuto direttamente da Mussolini, nei confronti di Antonio Gramsci. Nel suo libro, Canfora accusa Taddei di aver scritto pubbliche lettere in cui accusava Gramsci di godere in carcere di notevoli privilegi rispetto ad altri detenuti politici, salvo poi rivedere le proprie posizioni dopo la morte dello stesso e di altri che, sempre secondo canfora, Taddei aveva contribuito a diffamare. [22]

Di parere diametralmente opposto Otello Chelli che nella post fazione di C'è posta per voi, mr. Brown scrive: «La cultura italiana ha dimenticato alla svelta questo livornese geniale, forse per la sua natura di comunista, fondamentalmente anarchico, anche se ha sempre avuto in tasca la tessera del Partito Comunista Italiano e ha lavorato a l'Unità , quando era diretto da Pietro Ingrao».

Note

  1. da "archiviostorico.corriere.it"
  2. 2,0 2,1 2,2 2,3 da Eziotaddei.splinder.com
  3. da Eziotaddei.splinder.com
  4. La sorella di Taddei scrive «Ma Ezio non amava tenere cianfrusaglie e quindi non conservò nulla»
  5. Dizionario Biografico degli Anarchici, Tomo II, pag 593
  6. Dizionario Biografico degli Anarchici italiani, Pag 593, 594
  7. Dizionario BIografico degli Anarchici, Tomo II, pag 595
  8. Cenni biografici su Arthur Miller
  9. da Recensione del libro di Taddei
  10. Sicilia, il ritorno degli “americani” di Gianni Barbacetto
  11. Carmine Galante mafioso abbastanza completo
  12. Bonanno, detto Bananas per un iniziale errore di trascrizione anagrafica, nelle sue memorie fa notare che lui era contrario all'omicidio di Carlo Tresca, da lui ritenuto una brava persona, ma non poté impedirlo per "interessi" superiori
  13. Frank Garofalo scrive a Vincenti Martinez di preparare buone accoglienze al sindaco di Palermo, Salvo Lima Articolo di Giuseppe D'avanzo, la Repubblica - Sabato, 28 settembre 1991 - pagina 5
  14. Brevi cenni biografici su Vito Genovese
  15. Vito Genovese e altri mafiosi come lui, li ritroviamo agire impunemente nel primo secondo dopo guerra in Sicilia in stretta collaborazione con angloamericani, fascisti, poliziotti ed ex torturatori al servizio del fascismo nel nord est italiano e nella zona di confine. Mai condannati, agirono in chiave antioproletaria e proprio la Mazziny society, di cui Carlo Tresca era uno degli esponenti più ascoltati, sarebbe stata per loro un buon trampolino di lancio per gli intrecci eversivi antiproletari di cui la Sicilia fu epicentro in quel periodo
  16. Vedere: Tutta la verità  sul caso Tresca di Mauro Canali
  17. Opere di Canali:
    • Crime and Repression, in Oxford Handbook of Fascism a.c. Richard J.B. Bosworth - Oxford University Press - 2009
    • Repressione e consenso nell'esperimento fascista, in Modernità  totalitaria. Il fascismo italiano a.c. di Emilio Gentile - Editori Laterza - 2008
    • Mussolini e il petrolio iracheno. L'Italia, gli interessi petroliferi e le grandi potenze Einaudi - 2007
    • Il delitto Matteotti, Il Mulino, 2004
    • Il caso Silone. Le prove del doppio gioco i libri della fondazione liberal, 2000
    • Le spie del regime, Il Mulino, 2004
    • Insiemea Dario Biocca, L'informatore: Silone, i comunisti e la polizia, Luni, 2000
    • Il dissidentismo fascista. Pisa e il caso Santini 1923-1925, Bonacci, 1983
    • Il delitto Matteotti. Affarismo e politica nel primo governo Mussolini Il Mulino - 1997
  18. Le indagini sul "Caso Tresca" indicano Vito Genovese quale mandante dell'omicidio, mentre Tirrena, sorella di Ezio, afferma che per il fratello il mandante era Pope. Le due affermazioni non son per nulla contraddittorie visto i legami del gruppo mafioso affaristico e quindi politico formato da Pope, il "galantuomo", ed i vari Frank Costello, Lucky Luciano, Vito Genovese e i criminali conosciuti, ma pressoché intoccabili anche per via di certi favori fatti all'«ordine costituito». In sostanza l'assassinio fuoriuscì da accordi fra Pope e Genovese, anche se il mandante riconosciuto secondo la documentazione di Mauro Canali, e altri, è Vito Genovese, uomo in grado di poter impartire ordini a figuri come Carmine Galante e Frank Garofalo. Inoltre il Genovese aveva un vecchio debito di riconoscenza verso il "duce", già  in parte pagato elargendo i fondi per tirar su la casa del fascio di Nola, ed eliminare un antifascista "pericoloso" come Tresca era proprio un modo per pagare definitivamente il debito.
  19. Iter mafioso di Frank Costello
  20. La sorella Tirrena, che ne aveva perso le tracce e lo credeva morto, avrà  notizie su di lui quando casualmente leggerà  su un quotidiano: «... Dopo 18 anni di carcere politico il livornese Ezio Taddei, rivela al mondo il suo genio di scrittore. Lo scrittore è giunto ieri a Roma da Nuova York...». (Si legga da Eziotaddei.splinder.com)
  21. Dizionario Biografico degli Anarchici, Tomo II, pag 595
  22. Il diffamatore di Gramsci che fu arruolato dal Pci La vicenda torbida e ambigua di Ezio Taddei

Scritti ed opere

  • Ezio Taddei C'e' posta per voi, mr. Brown! 2013 Books & Company
  • Ezio Taddei L'uomo che cammina 2013 edizioni Erasmo
  • Ezio Taddei, Il caso "Tresca", editore il Grappolo
  • Ezio Taddei, Il pino e la rufola, 2004, Spoon River
  • Ezio Taddei, Lo Sciopero dell'argentiera,
  • Ezio Taddei, Rotaia, 1946, Einaudi
  • Ezio Taddei, Alberi e casolari. 1943, Edizioni in esilio
  • Ezio Taddei, Ho rinunciato alla libertà , 1950, Edizioni Sociali
  • Ezio Taddei, Hanno assassinato i Ronseberg, 1954
  • Ezio Taddei, De Gasperi consiglia gli italiani ad emigrare, Supplemento al n. 47 di "Propaganda"
  • Ezio Taddei, Parole collettive, 1941, L'Adunata dei Refrattari Collection,
  • Ezio Taddei, La fabbrica parla, romanzo, 1950, Milano-Sera
  • Ezio Taddei, Quinto Vangelo,Roma, Mengarelli, 1950.
  • Ezio Taddei, L'uomo che cammina. Memorie di un anarchico nelle prigioni fasciste, Edizioni *Ezio Taddei, L'esule, New York, 1940
  • Ezio Taddei, Le porte dell'inferno, Roma, Mengarelli, 1945
  • Ezio Taddei, C'è posta per voi, mister Brown!, Roma, Edizioni di cultura sociale, 1953.
  • Ezio Taddei, Michele Esposito, Romanzo a puntate pubblicato sulla rivista Raccontanovelle, 1956.

Bibliografia

  • Massimo Novelli, Un certo Ezio Taddei, livornese, 2003, Editore Graphot
  • Gian Carlo Fusco, Gli indesiderabili, 2003, Sellerio
  • Domenico Javarone, Vita di scrittore (Ezio Taddei). 1958, Macchia
  • Jean Jacques Marchand, La letteratura dell'emigrazione gli scrittori di lingua italiana nel mondo, 1991, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli
  • Natalino Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana, 1964, La Nuova Italia
  • Emilio Franzina, Dall'Arcadia in America: attività  letteraria ed emigrazione transoceanica in Italia (1850-1940), 1996, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli,
  • Carlo Muscetta, La Letteratura italiana: Storia e testi, 1970, Laterza
  • Pietro Secchia, Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza, Milano, La pietra
  • Vito Pandolfi, Teatro italiano contemporaneo, 1945-1959, 1959, Schwarz
  • Elio Vittorini, Giulio Einaudi, Il Politecnico, 1946, Einaudi
  • Nino Calice, Il PCI nella storia di Basilicata, 1986, Osanna Venosa

Voci correlate

Collegamenti esterni