Controcultura

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Due hippies al festival di Woodstock (1969). Il movimento hippy è una delle più conosciute controculture.

Col termine controcultura ci si riferisce a quei movimenti culturali, filosofici, politici e religiosi che si oppongono alla cultura dominante della società. Essendo una definizione alquanto generica è evidente che si presta facilmente a fraintendimenti, ambiguità e strumentalizzazioni, poiché potrebbero fregiarsi di questo titolo sia coloro che aspirano a creare nuovi valori libertari che quelli che invece la libertà intenderebbero limitarla.

Con quest'articolo si cercherà di circoscrivere meglio il significato storico e filosofico del concetto, in maniera che sia più coerente rispetto a quello che gli intendeva attribuire Theodore Roszak quando coniò il neologismo in riferimento ai movimenti culturali antiautoritari degli anni '60. [1]

I principi basilari

«Aspirando all'ordine la cultura obbedisce a chi comanda, la controcultura disobbedisce a prescindere». [2]

Secondo la definizione di Webster's New World Dictionary [3], la controcultura è «una cultura con uno stile di vita opposto a quella della cultura prevalente». Wikipedia la definisce come « un tentativo di andare oltre la cultura dominante, attraverso l'analisi della "forma mentis" che l'ha prodotta». [4]

In entrambi casi si tratta di concetti molto generici, soprattutto se si pensa che quando lo scrittore Theodore Roszak coniò il neologismo nel libro La nascita di una controcultura (1968) fu ispirato dalla ribellione antiautoritaria dei giovani degli anni '60. Ken Goffman, nel suo Controculture. Da Abramo ai No Global, ha individuato 3 elementi specifici che distinguono una vera controcultura da una falsa:

  1. primato dell'individualità;
  2. contestazione dell'autoritarismo;
  3. promozione del cambiamento sociale e individuale.

A questi elementi si può aggiungere che la controcultura è un movimento che porta innovazioni nel campo delle scienze, della filosofia, dell'arte o della cultura in generale. Queste innovazioni sono generalmente condivise, nel senso che coloro che le ideano intendono farle circolare per metterle a disposizione di quante più persone possibili.

Sulla base di tutto ciò si può affermare che tutti quei movimenti che si definiscono controculturali ma che tendono a limitare la libertà individuale (ad esempio, coloro che propugnano ideali discriminatori o interpretazioni religiose radicali e antiumane) non possono essere considerati vere controculture.

Storia

Come detto, Roszak definì il termine nel 1968 in riferimento all'attività ribellistica dei giovani americani degli anni '50 e '60. Tuttavia, secondo i parametri suddetti, anche altri movimenti sviluppatesi antecedentemente a quell'epoca posso essere definiti controculturali. Si può affermare che l'intera storia umana sia stata un continuo emergere di movimenti controculturali, i quali dopo un certo periodo sono stati tutti repressi o assorbiti dalla cultura dominante (non però senza averla condizionata). Per questo si può sostenere che la cultura emerga sempre dalla controcultura.

Il lascito delle controculture gilaniche

Marija Gimbutas (settembre 1989) è stata una grande archeologa e storica delle società gilaniche.

È chiaro che dei movimenti controculturali non si può avere notizia che attraverso documentazione scritta in prevalenza da chi fu loro avversario e spesso persecutore e sterminatore. Malgrado ciò, la ricerca storica, avvalendosi non soltanto della scoperta di materiale inedito, ma anche di nuove metodologie interpretative mutuate dalle scienze umane e sociali, ha saputo squarciare il velo di interessate tenebre che i poteri statuali, al servizio delle élites ideologiche organiche a quelle socioeconomiche, avevano tentato di opporre ai movimenti ideologici, spirituali o laici, loro oppositori, nel tentativo di criticare, contestare e, al momento opportuno, cercare di superare, in nome di una vita autenticamente rispettosa della dignità umana, lo stato di cose esistente contrario alla loro realizzazione.

Grazie al copioso materiale esistente su scala mondiale da millenni, possiamo ritenere le opere e le tecniche esoteriche più note e documentate come il lascito culturale, spirituale e tecnico operativo delle più remote culture storiche a noi note con il nome globale di «società gilaniche», le quali ebbero il loro momento di maggiore splendore e diffusione durante l'epoca neolitica, cioè durante la rivoluzione agraria a cui una parte consistente dell'umanità approdò dopo l'età paleolitica ed in diretta continuità con quest'ultima.

Le dottrine esoteriche non sono altro che quanto si è salvato, per volontà delle stesse élites culturali gilaniche, in modo estremamente spurio a seguito della distruzione di queste ultime da parte delle culture preistoriche patriarcali basate sul modo di produzione nomade pastorale e non sulle tecniche di coltura agraria. Le più documentate ondate invasive sono state al centro degli studi dell'etnologa e folclorista ucraina Marija Gimbutas, rielaborate in un vasto quadro di interpretazione della civiltà umana da parte della sua allieva austriaca Riane Eisler.

Ad un'analisi seria ed approfondita, cosa che è del tutto estranea alla quasi totalità della cultura accademica scientista e positivistica o legata alle concezioni religiose cristiane dominanti o a quelle dei settori reazionari dei movimenti e partiti della destra eversiva nazifascista, l'esoterismo va inteso come un tentativo, riuscitissimo, di conservare sotto forma di dottrine iniziatiche le massime espressioni sia culturali sia tecniche delle culture gilaniche. Infatti, a livello contenutistico e di tecniche operative, le vaste nozioni cosmologiche intrecciate con le concezioni sull'aldilà, le concezioni reincarnazionistiche, le dottrine alchemiche, il Tao, lo yoga, le tecniche dell'agopuntura e tutto quanto va sotto il nome di esoterismo (riferendosi con questo termine a invenzioni dottrinarie non recenti ed innestate sul corpo dottrinario sapienziale arcaico e ricostruito in modo credibile da molti seri ricercatori) non sono altro che il lascito delle culture o meglio delle controculture gilaniche a seguito della loro distruzione e assimilazione negli apparati sociali e statuali creati dalle culture classiste patriarcali basate sulla proprietà privata di uomini e cose.

I primi movimenti

Immagine di Lao Tze divinizzato.

I primi movimenti controculturali di cui si ha notizia sono quelli che facevano capo a diversi filosofi dell'Antica Grecia (per esempio, Diogene di Sinope e Socrate) e al taoismo di Lao Tze.

«Lasciate stare i piani e i concetti prefissati e il mondo si governerà da solo. Più proibizioni gli imporrete, meno la gente sarà virtuosa. Più armi avrete e meno la gente sarà virtuosa. Più sussidi le darete, meno sarà autonoma. Quindi, il maestro dice: abbandono la legge e la popolazione diventerà onesta» (Tao-te-ching). [5]

In epoche relativamente più recenti, la poesia trobadorica, la cultura zen e quella islamica denominata sufismo (Leda Rafanelli, Hakim Bey e Jossot, sono tutti anarchici sufi), sono state caratterizzate da profondi elementi controculturali. Tutte queste controculture sono state (e, nel caso dei sufi, sono ancora) represse dalle autorità religiose e politiche. Esse elaborarono un nuovo modo per rapportarsi all'amore, sia esso quello verso Dio (sufismo), che quello verso la propria / il proprio amata/o (trovatori, sufismo ecc.).

Tra il Cinquecento e il Seicento, il libertinismo - nato e sviluppatosi in Italia, Olanda, Francia e Germania - propose idee radicali in contrasto con le Chiese e non solo. Un'altra filosofia controculturale che si diffuse all'inizio dell'Ottocento in nordamerica fu quella del trascendentalismo. I trascendentalisti esaltavano la spiritualità rispetto al materialismo e l'individualità rispetto alla società. Il leader del movimento fu Ralph Waldo Emerson, ma è lo scrittore Henry David Thoreau la figura di maggior spicco tra i "seguaci".

I primi decenni del XX secolo

A partire dall'età romantica e soprattutto dopo la rivoluzione del 1848, sino ai primi decenni del XX secolo, a Parigi cominciarono a ritrovarsi un grande numero di artisti, poeti e scrittori che vivevano in maniera anticonformista e aderivano alle concezioni politico filosofiche più radicali cercando di riversarne i contenuti contestatari nel loro peculiare campo operativo estetico e cercando a questo scopo anche di modificarne i moduli stilistici consolidati da secoli o millenni. Essi passarono alla storia col nome di bohémien. Parigi divenne la capitale di questi movimenti controculturali, a Montmartre e Montparnasse era possibile incontrare alcuni tra i più celebri artisti della storia, dagli impressionisti sino agli esponenti del movimento dadaista e surrealista: tra queste personalità Guillaume Apollinaire, i cubisti Braque e Picasso, i dadaisti Tristan Tzara e Marcel Duchamp, i surrealisti André Breton, Man Ray, Salvador Dalì e Luis Buñuel.

La controcultura degli anni '50 e '60

I grandi iniziatori della rivoluzione controculturale americana furono i beatniks (Beat Generation): Allen Ginsberg, Jack Kerouac e William S. Burroughs, che formarono l'identità anticonformista ed in seguito quello che fu definito movimento hippie. Nella seconda metà degli anni '60 Timothy Leary, Ken Kesey, Alan Watts e Norman O. Brown, tra gli altri, svilupparono teoria e pratica controculturale, divenendo leader visibili del movimento. La psichedelia fu uno dei componenti più noti di questa controcultura, con l'offerta di una via di fuga dai limiti imposti alla coscienza e alla vita quotidiana dal sistema dominante. Sostanze come LSD, mescalina o psilocibina, secondo gli hippies, erano sostanze che potevano permettere non solo un «allargamento della coscienza», ma anche far esplodere una vera e propria rivoluzione.

La musica controculturale dell'epoca fu ovviamente influenzata dal contesto sociale. I musicisti più celebri furono quelli jazz, la cantante blues Janis Joplin, vera e propria icona femminile degli sessanta, Jimi Hendrix e Jim Morrison, tutti accomunati dalla prematura morte (avvenuta a 27 anni).

Attualità

Il movimento controculturale maggiormente diffuso dopo gli anni '60 fu quello punk, che ebbe vaste ripercussioni nell'ambito dell'arte (soprattutto la musica) e della vita politica e sociale. Le altre controculture di rilievo sono state quasi tutte legate all'esplosione della tecnologia (hacker, cypherpunk, cyberpunk ecc.).

Le controculture hacker hanno vocazione antagonista e neo-underground e si prefiggono l'obiettivo di gestire l'informazione dal basso, sostituendo così ai modelli dominanti nuovi modelli controculturali. Essi usano sia i classici strumenti cartacei che quelli moderni offerti dal web, sempre con l'intenzione di aumentare la consapevolezza degli utenti rispetto al diritto alla privacy e a quello di poter usufruire liberamente di Internet. In un certo senso, ispirandosi alle zone di autonomia temporanea di Hakim Bey, essi auspicano la liberazione di spazi virtuali (vere e proprie isole nella rete) che poi spariranno, ricomparendo da un'altra parte, non appena la privacy dell'isola virtuale liberata sarà stata minacciata.

L'informalità dei movimenti controculturali

«La controcultura è la cresta dell'onda in movimento, una zona di incertezza in cui la cultura diventa imprevedibile» (Timothy Leary).
Abbie Hoffman durante un comizio.

La controcultura non ha strutture organizzative formali, tanto meno possiede strutture verticistiche. Per questa ragione è priva di capi, ma proprio per questo è ricchissima di personalità che ispirano continuamente il movimento, assolvendo alla funzione di guide non autoritarie dello stesso.

Uno dei maggiori leader non autoritari del movimento controculturale americano fu Abbie Hoffman, che divenne famoso per aver organizzato durante la convention dei democratici del 1968 una gigantesca e provocatoria contestazione a Lincoln Park, presentando il proprio candidato alle elezioni presidenziali: un maiale volante di nome Pigasus. La protesta fu repressa dalla polizia, Hoffman fu arrestato e processato. Durante il processo egli ne approfittò per trasformarlo in una vera e propria derisione del potere e delle sue strutture organizzative:

«La rivoluzione non è un qualcosa legato all'ideologia, né una moda di una particolare decade. È un processo perpetuo insito nello spirito umano».

Come Hoffman insegna, le controculture, quindi, non ambiscono alla conquista del potere politico, sebbene spesso abbiano implicazioni politiche, ma cercano di allargare il cerchio delle libertà proprie ed altrui.

Affinità e contraddizioni tra le controculture

Se si analizzano i principi delle varie controculture, si scopre che molto spesso esse sono state in contraddizione l'una con l'altra. Alcuni movimenti si caratterizzarono per il loro aspetto spirituale (es. taoismo), altre per i loro contributi politici e filosofici (es. surrealismo); i socratici introdussero il pensiero deduttivo, al contrario il dadaismo tentò di demolirlo; i libertini attaccarono beffardamente la spiritualità, al contrario i sufi utilizzarono (ed utilizzano) metodi libertini e libertari per cercarla a tutti i costi. Perché queste apparenti contraddizioni? Perché le controculture non sono un'ideologia o una dottrina, quanto piuttosto un insieme di principi e valori che si combinano più o meno casualmente tra loro generando nuovi modi di pensare o di convivenza al di là delle convenzioni sociali stabilite.

Poiché però le controculture si sono influenzate reciprocamente, direttamente o indirettamente, sono evidenti anche molte affinità. Oltre ai tre elementi caratteristici visti precedentemente (esaltazione dell'individualità, antiautoritarismo, produzione di nuovi valori nel campo dell'arte e della società), una caratteristica abbastanza comune sta nel prendersi beffe del potere (vedi Abbie Hoffman) [6] oppure - per esempio nei sufi, trovatori ed hippies - nella vita errabonda e nella perenne ricerca di nuove "ispirazioni" attraverso l'uso di sostanze psicotrope (alcol, hashish, allucinogeni).

Note

  1. «Mi sembra assolutamente fuori discussione il fatto che l'interesse che i nostri giovani in età universitaria e nell'adolescenza nutrono verso la psicologia della alienazione, il misticismo orientale, le droghe psichedeliche e gli esperimenti comunitari sottintenda una costellazione culturale radicalmente divergente da quei valori e da quegli assunti che hanno fatto parte della corrente principale della nostra società a partire quanto meno dalla rivoluzione scientifica del XVII secolo [...]. Per il momento la controcultura di cui parlo io comprende soltanto una stretta minoranza di giovani ed un pugno dei loro mèntori adulti. Da essa sono esclusi i nostri giovani più conservatori [...]. È esclusa la nostra gioventù più liberale [...]. Esclusi ne risultano i vari gruppi giovanili sparpagliati della vecchia linea marxista, i cui membri, come già i loro padri prima di loro, continuano a sorvegliare le ceneri della rivoluzione proletaria, spiando una favilla per lanciarsi avanti. E, cosa più importante, ne sono esclusi in larga misura i giovani negri militanti, il cui progetto politico è venuto definendosi in termini così strettamente etnici che, nonostante la sua urgenza, al giorno d'oggi è diventato da un punto di vista culturale altrettanto fuori moda quanto la mitopoiesi nazionalistica del XIX secolo [...]. I giovani della controcultura sono abbastanza rilevanti per il numero e per la forza della loro critica da meritare una attenzione a sé stante [...]. Sono loro la matrice nella quale sta prendendo forma un futuro che costituisce un'alternativa. Certo che quest'alternativa se ne viene vestita di un vistoso costume da Arlecchino, i cui pezzi provengono da origini disparate ed esotiche: dalla psichiatria del profondo, dagli scampoli assortiti della ideologia della sinistra, dalle religioni orientali, dal romantico Weltschmerz, dalla teoria sociale anarchica, dal movimento Dada, dalla cultura degli indiani d'America e, penso dalla saggezza di tutti i tempi. Tuttavia mi sembra che essa costituisca tutto ciò che abbiamo da opporre al definitivo consolidamento di un totalitarismo tecnocratico nel quale ci troveremmo ad essere ingegnosamente adattati ad una esistenza interamente estraniata da tutto ciò che mai fece della vita umana una avventura degna di interesse» (Theodore Roszak, La nascita di una controcultura. Riflessioni sulla società tecnocratica e sulla opposizione giovanile, tr. it. di: The Making of a Counter Culture. Reflections on the Technocratic Society and its Youthful opposition, Doubleday & Company, New York, 1968; Feltrinelli, Milano, 1971, pp. 8-9).
  2. Catalogo controcultura
  3. Webster's New World Dictionary
  4. Definizione di Wikipedia
  5. Tao Te Ching, testo cinese del taoismo formato da soli 5.000 caratteri, composto di ottantuno capitoletti, per il quale non sono certe datazione e attribuzione.
  6. Si legga L'ironia come arma politica

Bibliografia

  • Abbie Hoffman, Ruba questo libro, 15 ed., collana Eretica, traduzione di Valeriana Rosso, Stampa Alternativa, 1998
  • Theodore Roszak, La nascita di una controcultura: riflessioni sulla società tecnocratica e sulla opposizione giovanile, Feltrinelli, 1971
  • Hakim Bey, TAZ, Shake edizioni
  • Ken Goffman, Dan Joy, Controculture. Da Abramo ai no global, Arcana edizioni, 2004
  • Mario A. Iannaccone, Rivoluzione psichedelica. La CIA, gli hippies, gli psichiatri e la rivoluzione culturale degli anni sessanta, Sugarco Edizioni, 2008
  • M. Caterina Basile, Timothy Leary. La religione della coscienza dalla rivoluzione psichedelica ai rave, Alpes Italia, 2012

Voci correlate