Civiltà

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Civilizzazione ed idealismo: La città ideale (1475), attribuita a Piero della Francesca, a Luciano Laurana e a Francesco di Giorgio Martini.

Il termine civiltà deriva dal latino civilitas, il quale deriva dall'aggettivo civilis ed è anche legato a civis, ossia "cittadino". Il termine significava quindi «concittadino, membro della comunità di una città», con tutti i diritti e doveri che questo comportava.

Attualmente "civiltà" è inteso invece come sinonimo di "superiore", presupponendo quindi un giudizio di valore assolutamente fuorviante e che nasconde in sé un principio discriminatorio e spesso anche razzista. [1]

Ambiguità del termine

Etimologicamente il termine civiltà definisce l'insieme dei tratti artistici, tecnici, socioculturali, politici, religiosi e materiali che caratterizzano una società umana. È nella Francia dell'epoca dei “Lumi”, e successivamente negli altri paesi europei, che il termine inizia ad assumere un significato ambiguo, poiché presuppone un giudizio di valore. In questo modo la civiltà diviene un fatto esclusivamente europeo, poiché sono gli europei stessi a stabilire i parametri -culturali, economici e sociali- che la definiscono e la delimitano.

Parlando della nostra civiltà occidentale siamo spesso portati a rapportarci quasi inconsciamente alle altre civiltà e a considerarle non al nostro pari, ossia incivili: per esempio, il pensiero eurocentrista descrive la civiltà occidentale come un modello di perfezione, sulla base del quale tutti coloro che se ne discostano sono da considerare non civili.

Georg Wilhelm Friederich Hegel
Immanuel Kant

Quest'idea di civiltà, intrisa di razzismo, è stata diffusa anche da pensatori che ancora oggi sono considerati dei capisaldi del pensiero occidentale. A questo proposito è interessante riportare il pensiero che Fiedrich Hegel aveva dell'Africa nera: «Questo continente non è interessante dal punto di vista della sua storia, ma per il fatto che vediamo l'uomo nello stato di barbarie e di selvatichezza che impedisce ancora di far parte integrante della civilizzazione» (La ragione nella storia, 1882).

Vediamo altri esempi:

  • Georges Cuvier (zoologo francese) [2]: «La razza negra è confinata verso il mezzogiorno del globo, il suo colore è nero, i suoi capelli crespi, il suo cranio compresso ed il suo naso schiacciato, il suo muso prominente e le sue grosse labbra la ravvicinano manifestamente alle scimmie: le popolazioni che la compongono sono sempre restate barbare (...) la più degradata delle razze umane, le cui forme più si avvicinano alla rozzezza e la cui intelligenza non si è mai elevata al punto di giungere ad un governo regolare».
  • Montesquieu (filosofo francese) [3]: «Non si può concepire l'idea che Dio, che è un essere saggio, abbia messo un'anima, soprattutto un'anima buona, in un corpo del tutto nero (...). È impossibile supporre che quella gente siano degli uomini, cominceremmo a credere che non siamo noi stessi cristiani»
  • David Hume (economista inglese) [4]: «Sospetto i Negri e in generale le altre specie umane di essere naturalmente inferiori alla razza bianca. Non vi sono mai state nazioni civilizzate di un altro colore che il colore bianco. Né individuo celebre per le sue azioni o per la sua capacità di riflessione... Non vi sono tra di loro né manifatture, né arti, né scienze. Senza fare menzione delle nostre colonie, vi sono dei Negri schiavi dispersi attraverso l'Europa, non è mai stato scoperto tra di loro il minimo segno di intelligenza».
  • Kant (filosofo tedesco) [5]: «I Negri d'Africa non hanno ricevuto dalla natura nessun sentimento che si elevi al di sopra della stupidità (...). I Neri (...) sono così chiacchieroni che bisogna separarli e disperderli a colpi di bastone».
  • Ernest Renan (filosofo francese) [6]: «La natura ha fatto una razza di operai, è la razza cinese (...) una razza di lavoratori della terra, è il negro (...), una razza di padroni e di soldati, è la razza europea».

È chiaro che valutazioni del genere, fondate sulla presunta superiorità o inferiorità dei popoli, non hanno alcun valore storico e dimostrano anche la rozzezza culturale di coloro che sono considerati veri e propri "padri" del pensiero occidentale. Inoltre non è certamente compito della ricerca storica stabilire cosa sia la civiltà e quindi non è suo compito classificare i popoli in civili e incivili.

È evidente ancora che dietro l'utilizzo improprio del termine civiltà vi siano profondi aspetti razzisti, eurocentrici e classisti. La "cultura" del dominio e della sopraffazione dell'uomo sull'uomo si è quindi manifestata in ogni aspetto della nostra vita ed è stata frequentemente portata avanti da figure (vedi le dichiarazioni delle personalità) ritenute ancora oggi dei veri e propri modelli per la nostra società.

Cultura e civilizzazione

Numerose correnti di pensiero, soprattutto tedesche, svilupparono nel tempo il concetto di civiltà, introducendo anche quella di “cultura”, oramai divenuta un vero e proprio sinonimo di civiltà, considerata come l'insieme delle conoscenze trasmesse ad un gruppo umano.

Fino ad oggi la gran parte degli studi sull'evoluzione culturale si sono concentrati sull'analisi del progresso tecnologico e sociale [7], considerata, erroneamente [8], lineare e progressiva. Nel XIX secolo questo pensiero è stato sviluppato da personalità come Auguste Comte e Lewis Henry Morgan, secondo cui per giungere alla civiltà vera e propria è necessario superare un numero prestabilito e sequenziale di fasi successive. Per Morgan queste fasi erano l'inciviltà, la barbarie e la civiltà.

Simile interpretazione fu adottata anche da Karl Marx e Friedrich Engels (vedi L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato). Herbert Spencer vedeva invece il progresso sociale andare dai gruppi piccoli a quelli grandi e dagli omogenei agli eterogenei. In La divisione del lavoro sociale anche Emile Durkheim vede l'evoluzione andare dalle società piccole e poco specializzate verso quelle grandi e specializzate.

Alla stessa maniera l'etnologo Edward B. Tylor (Primitive Culture [Culture primitive], 1871) propone tre stadi di sviluppo dell'umanità: stato selvaggio, barbarie e civilizzazione (ogni periodo è suddiviso in tre sottoperiodi: antico, medio e recente). Tra il 1918 e il 1922 Oswald Spengler –i cui studi furono poi ripresi da Arnold J. Toynbee nell'Etude de l'histoire (1934-1961) – sviluppò un concetto ciclico di civiltà (ne individuò 38).

Così facendo, questi storici e filosofi, attraverso i loro studi catalogarono e separarono i gruppi umani, contribuendo, più o meno volontariamente, alla diffusione di idee discriminatorie e razziste, fondate sul postulato che alcuni popoli sarebbero civilmente inferiori ad altri.

Il mondo accademico ha quindi contribuito notevolmente alla deformazione e alla strumentalizzazione di questo termine, permettendo di giustificare le guerre colonialiste e imperialiste, magari ammantandole con il velo ipocrita delle "missioni umanitarie".

Delimitazioni della civilizzazione

Il termine “civiltà” può assumere significato storico, sociologico o psicologico. Si può parlare, per esempio, di civiltà industriale, fondata sullo sviluppo dei macchinari, o di civiltà cristiana o ancora di civiltà dell'immagine.

La storia distingue la civilizzazione preistorica, definita da criteri esclusivamente tecnologici, dalle civilizzazioni storiche, caratterizzate dalla scrittura e dallo sviluppo urbano a cui si sommano i criteri tecnologici e spaziali. In effetti, solo il paleolitico e il neolitico, in cui sono diffusissime quelle società che Riane Eisler definisce gilaniche, si caratterizzano per la diffusione universale delle loro innovazioni, che mai furono utilizzate per incrementare le diseguaglianze o per produrre nuove armi. Di più: nell'arte di queste società non vi è traccia di schiavitù, di fortificazioni militari, di sacrifici umani, di manifestazioni religiose a carattere fortemente dominante ecc. Le innovazioni erano invece tese a sostenere e migliorare la vita umana, che erano guidate dall'immagine vitale di una Dèa Madre.

Da questo momento in poi il ritmo delle innovazioni diverrà incredibilmente più rapido che quello della loro diffusione, incrementando le divergenze esistenti tra i vari gruppi umani e dando luogo a civiltà con forti caratteristiche gerarchiche, dominanti e violente.

Note

  1. Fonte principale articolo: Come DonChisciotte, Afcam
  2. Cfr. Georges Cuvier, Recherches sur les ossements fossiles, (Ricerche sui giacimenti ossiferi fossili), Volume 1, Parigi, Deterville, 1812
  3. Cfr. Montesquieu, L'Esprit des Lois, (Lo spirito delle leggi), 1748.
  4. Cfr. David Hume, Sur les caractères nationaux, (Sui caratteri nazionali), volume III, 1854
  5. Cfr. E. Kant, Essai sur les maladies de la tête, observation sur le sentiment du beau et du sublime, (Saggio sulle malattie mentali, Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime), ed. Flammarion, 1990
  6. Ernest Renan, Cfr. Discours, Qu'est ce qu'une nation?, (Discorsi, Che cos'è una nazione? )
  7. Per uno studio dei mutamenti tecnologici fondamentali, quali per esempio l'invenzione dell'agricoltura, la rivoluzione industriale e quella post-industriale, si veda l'articolo su Alvin Toffler
  8. Sono esistite diverse epoche storiche in cui la società umana ha compiuto giganteschi passi all'indietro, dal punto di vista artistico, culturale, sociale, tecnologico (si pensi alla Grecia antica dopo l'invasione dei Dori...) ecc. Per approfondimenti: Riane Eisler, società gilaniche, Ipotesi Kurgan

Voci correlate