Brigata Silvano Fedi

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La "formazione anarchica Silvano Fedi" è stata una brigata antifascista, composta da 53 partigiani, che durante la resistenza agì prevalentemente nel pistoiese.

Storia della Brigata Silvano Fedi

Prima della morte di Fedi: la Brigata Franca Libertaria

Nel 1943 Silvano Fedi, Egisto e Minos Gori, Tito e Mario Eschini e Tiziano Palandri fondano il primo nucleo di resistenza antifascista del pistoiese, denominandolo Brigata Franca Libertaria. Erano dotati di una grande autonomia, pur cercandosi di rapportarsi col Partito d'Azione

Silvano Fedi e il suo gruppo non scelsero di salire in montagna, ma preferirono muoversi tra la città e la campagna, dando vita a numerose ed audaci azioni di sabotaggio che infastidirono non poco i nazi-fascisti. La Brigata fu protagonisti di alcune azioni coraggiose alla "Fortezza di Pistoia" per rifornire la sua formazione di armi e viveri, e alle carceri per liberare i detenuti politici. In particolare portò avanti le sue azioni avvalendosi di cinque fidati uomini (Danilo Betti, Brunello Biagini, Marcello Capecchi, Santino Pratesi, Giulio Vannucchi), grazie ai quali riuscì più volte ad attaccare nel giro di pochi giorni la Fortezza di Santa Barbara e da cui prelevò una gran quantità di armi, munizioni e viveri.

Parte del materiale sequestrato venne destinato ad altre formazioni partigiane pistoiesi, comprese quella di Manrico Ducceschi "Pippo", del Partito Comunista e del Partito d'Azione, con i quali peraltro non correva buon sangue anche perché Fedi aveva stretto rapporti collaborativi con Licio Gelli, che già d'allora era conosciuto come un ambiguo personaggio che aveva avuto rapporti con i fascisti e che ora cercava di ricostruirsi un'immagine (probabilmente svolgeva il doppio gioco), con il quale (insieme a Enzo Capecchi, Giovanni Pinna, Iacopo Innocenti) compì una spettacolare azione che portò alla liberazione dalla Fortezza di 54 prigionieri.

I rapporti con Licio Gelli incrinarono l'amicizia con alcuni anarchici pistoiesi, tra cui Tiziano Palandri, che decise di salire in montagna ed unirsi alla formazione "Pippo". Fu proprio il leader di quest'ultimo però a chiarire ed esplicare in maniera inequivocabile la propria fiducia in Silvano Fedi, il quale forse fu un pò ingenuo nel pensare di poter "usare" Licio Gelli a suo piacimento.

Dopo la morte di Fedi: la brigata Silvano Fedi

Nei giorni immediatamente successivi alla morte di Silvano Fedi, nel luglio del 1944, molti anarchici furono rinchiusi dai nazifascisti nella palestra di Piazza Mazzini. Due anarchici, Artese Benesperi ed Enzo Capecchi, riuscirono rocambolescamente a fuggire e a prendere il comando della formazione dopo l'uccisione di Marcello Capecchi avvenuta il 5 settembre 1944 a Casalguidi, quando i nazisti mitragliarono su un gruppo di partigiani, ferendo Franco Fedi (fratello di Silvano), Arturo Benesperi, Danilo Querci, Lorenzo Matteini, Armando Cappellini (poi morto in ospedale), Ivan Bechelli, Settimio Mangoni e Ferdinando Frosini.

Come detto, dopo la morte di Marcello Capecchi, la «Franca Libertaria» passò sotto il comando di Artese Benesperi ed Enzo Capecchi e assunse il nome di “Brigata Silvano Fedi”, che si distinse per numerose azioni: recupero e rifornimento di armi anche ad altre formazioni, la liberazione di prigionieri, il soccorso alle popolazioni ecc.

La Brigata "Silvano Fedi" fu la prima ad entrare in Pistoia liberata dai nazifascisti.

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