Bernardino Verro

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Bernardino Verro (Corleone, 3 luglio 18663 novembre 1915) è stato un dirigente contadino socialista e uno dei primi esponenti dell'antimafia sociale.

Biografia

L'esperienza dei Fasci Rurali

Figlio di sarto, riesce a frequentare le prime classi ginnasiali, e nel 1888 riesce a farsi assumere come contabile dall'amministrazione comunale, ma accusando il sindaco e gli assessori di essere «usurpatori e sfruttatori del popolo», viene licenziato in tronco. Viene inoltre incarcerato per tre giorni, essendogli attribuito lo scoppio di un petardo nei magazzini di un Barone; i due episodi lo avvicinano ulteriormente al socialismo. Con alcuni compagni corleonesi fonda il "Circolo Repubblicano-socialista La Nuova Età" e il Fascio Contadino di Corleone, del quale prende la testa nel 1893. A quel tempo la mafia nel corleonese era ancora legata alla terra, e prendendo in affitto parti di feudo, svolgeva un ruolo da intermediario fra i contadini disorganizzati e un'aristocrazia disinteressata delle sorti del feudo, garantando allo stesso tempo, con l'uso indiscriminato della violenza, "l'ordine" e che i contadini non divenissero troppo fastidiosi; e mentre cercava di esauterare la nobiltà, i primi a pagare il peso della sete di potere dei "fratuzzi", furono proprio i contadini. Impauriti che i contadini diventassero troppo potenti i capimafia corleonesi avvicinarono Bernardino e facendogli credere di essere per la difesa degli interessi contadini, lo convinsero ad affiliarsi. Diventato il Fascio di Corleone uno dei più combattivi, il Verro si impegnò nella costituzione del Fascio a Campofiorito, Bisacquino, Contessa Entellina e Giuliana, ai quali si aggiunsero quelli delle zone limitrofe. Il 30 luglio 1893, i fasci della provincia di Palermo riuniti in congresso, approvarono i "Patti di Corleone", che si limitavano a migliorare le condizioni salariali, ma introducevano il concetto che i contadini dovessero far un fronte unico davanti ai padroni. Gli primi scioperi iniziati a maggio e conclusi ad ottobre riuscirono ad imporre i Patti a molti proprietari, ma non ai più ricchi: costoro, aiutati dalle azioni di "krumiraggio" dei mafiosi, riuscirono a disconoscerli; Verro protestò con don Piddu Battaglia, il capomafia, ma fu inutile. Ciò lo portò ad allontanarsi dalla mafia.

Il 4 gennaio 1894 fu proclamato lo stato d'assedio, i fasci sciolti e i dirigenti arrestati. A quello di Corleone toccò il 17 gennaio, e il 7 aprile si aprì il processo contro Bernardino Verro, insieme a Nicola Barbato, Garibaldi Bosco (tutti condannati a 12 anni di reclusione e 2 di sorveglianza speciale) e Giuseppe Di Felice (18 di carcere, 3 di sorveglianza speciale e decadenza del mandato da deputato). La pena di Verro fu assorbita a quella di 16 anni, 3 di sorveglianza e 500 lire di multa per i disordini di Lercara (24-12-1893)

La fine del secolo

Nel marzo 1896, con le dimissioni del governo Crispi i capi dei Fasci godettero dell'amnistia politica. Appena tornato a Corleone, Verro fondò la Federazione "La Terra", sciolta a settembre dalle autorità, che arrestarono numerosi braccianti e costrinsero Bernardino a fuggire in America per un breve periodo per non tornare in cella. Nel 1899 i socialisti Corleonesi parteciparono per la prima volta alle elezioni municipali riuscendo ad eleggere Verro e Andrea Orlando. Ciò non lo fermò nella sua opera, e dopo avere fondato una cooperativa di consumo (che contava circa 800 famiglie associate) e il giornale Lu Viddanu (Il Contadino), fu di nuovo condannato a 1 anno e mezzo per le continue denunce contro il corpo mafioso scritte su quest'ultimo. per sfuggire alla condanna si rifugiò a Tunisi.

All'inizio del 1905 tornò clandestinamente a Palermo per essere operato ad una vecchia ernia e con la compiacenza dei sanitari passò all'ospedale i 18 mesi della pena. Impauriti dal rientro di Verro i mafiosi non tardano ad assassinare due compagni dell'epoca del Fascio, Luciano Nicoletti (che aveva lo aveva sostituito a capo del movimento mentre era a Tunisi) e l'assessore Andrea Orlando

Il periodo della Cooperativa

Per vendicare i due compagni Bernardino ricomincia ad organizzare i contadini, che col suo appoggio avevano già fondato una "Casa del Popolo" (che secondo la tradizione fu eretta dai contadini stessi ch ogni sera portavano una pietra per la costruzione, in modo da incrementare il senso di appartenenza) e la Cooperativa "Unione Agricola". Grazie alla cooperativa e alle «affittanze collettive» si riuscì ad eliminare l'intermediazione parassitaria della mafia, trovando l'appoggio anche dei feudatari che ricevevano maggiori introiti. Alle elezioni municipali del 1907 ottenne il numero di voti maggiori, divenendo consigliere provinciale.

Il 6 novembre 1910 subì un primo attentato a colpi di fucile, che miracolosamente colpirono il cappello e solo di striscio la mano sinistra. Dopo aver coraggiosamente denunciato i colpevoli, la Direzione socialista di Reggio Calabria e Messina, per evitare conseguenze peggiori, lo trasferì in una delle cooperative impegnate nella ricostruzione dopo il terremoto del 1908.

Sei giorni dopo un pubblico comizio, tenuto la sera del 31 ottobre 1910 a Corleone, in cui aveva attaccatto la mafia e l'amministrazione comunale, Verro scampò ad un attentato compiuto da alcuni sicari mafiosi. Fallito l'attentato, la mafia e gli agrari provarono ad eliminare Verro con l'arma della calunnia, accusandolo di aver falsificato delle cambiali e di aver truffato il Banco di Sicilia. Le accuse gli erano state rivolte dall'autentico falsario, ovvero Angelo Palazzo, cassiere dell'"Unione agricola". Egli aveva coinvolto Verro nel falso in cambiali con l'intento di attenuare le proprie responsabilità ed anche perché spinto dalle pressioni ricevute dai capo-mafia locali, che speravano così di infangane l'onore e spedirlo in carcere. Verro rimase in stato di detenzione per dieci mesi, ma finalmente nel luglio 1913 fu liberato e fece ritorno a Corleone, dove i contadini lo accolsero festosamente convinti della sua onestà.

L'omicidio

Nel primo pomeriggio del 3 novembre 1915, Verro, uscito dal municipio, si stava dirigendo verso casa salendo da via Tribuna, dove lo attendevano la compagna, Maria Rosa Angelastri, e la figlioletta di appena un anno, Giuseppina Pace Umana. Aveva appena mandato via i due vigili urbani che lo scortavano, quando due sicari lo raggiunsero e lo colpirono con undici colpi di rivoltella, di cui quattro sparatigli a bruciapelo al capo, che lo uccisero. Il processo per il suo assassinio si concluse - incredibilmente - con la richiesta del pubblico ministero, il commendatore Wancolle, di assolvere tutti gli imputati per non aver commesso il fatto, che il tribunale immediatamente accolse. Gli esecutori materiali del delitto non furono mai riconosciuti.