Antropologia anarchica

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L'antropologia (à nthropos = "uomo" e lògos = nel senso di "studio") è la scienza che studia l'essere umano dal punto di vista sociale, culturale, fisico e dei suoi comportamenti nella società.

Proprio per queste ragioni l'antropologia ben si presta all'elaborazione di una teoria anarchica, anche se, a dire il vero, ben pochi sono gli antropologi che hanno scelto di “percorrere questa strada”. Tra questi si può citare David Graeber e il suo testo Fragments of anarchist anthropology (Frammenti di antropologia anarchica) [1], da cui sono state estratte le considerazioni che hanno permesso la stesura di quest'articolo.

Antropologia ed anarchia

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi Società .

Pur non essendo numerosissimi, esistono un certo numeri di antropologi che direttamente o indirettamente si richiamano all'anarchia. Uno dei più conosciuti è Harold B. Barclay, professore emerito di antropologia presso l'Università di Alberta, studioso delle società rurali nel mondo arabo ed africano ed autore del libro pubblicato da Elèuthera Lo Stato. Breve storia del leviatano.

Influenzato dalle posizioni di Claude Lévi-Strauss e Alfred Métraux, Pierre Clastres è stato un altro antropologo che ha svolto molti lavori sulle società senza Stato. L'antropologo anarchico attualmente più conosciuto è lo statunitense David Graeber.

Tra gli italiani meritano una citazioni le ricerche di Stefano Boni, laureatosi ad Oxford ed attualmente insegnante di Antropologia culturale e Antropologia politica presso le Università di Modena e Reggio Emilia. Ha pubblicato numerosi saggi in antologie e riviste specialistiche ed è uno dei principali collaboratori di A-Rivista anarchica.

Frammenti di antropologia anarchica

Frammenti di antropologia anarchica è uno degli opuscoli pubblicati da Pricly Paradigm Press a Chicago. Con questo saggio l'antropologo David Graeber ha provato ad individuare alcune zone di ricerca che gli intellettuali potrebbero “esplorare” per la realizzazione di una teoria sociale anarchica. Il testo è stato tradotto in molte lingue. [2] [3]

Manifestazione mapuche in difesa dei prigionieri politici

Graeber afferma che l'antropologia è particolarmente ben posizionata in molte comunità accademiche, le quali hanno una buona visione d'insieme della società e delle organizzazioni umane per poterne studiare e catalogare le strutture sociali ed economiche e, cosa più importante, presentare queste possibili alternative al mondo intero.

La rivoluzione del non confronto

Una delle suggestioni più sorprendenti degli opuscoli di Graeber sfida il tradizionale concetto anarchico del confronto-scontro con lo Stato. Graeber ha sviluppato degli studi, dopo il conseguimento della laurea, sulle culture tribali del Madagascar, incluso uno con il popolo Tsimihety, nel nord-ovest del paese. I Tsimihety, rifiutando ogni autorità governativa e strutturandosi su basi strettamente egualitarie, hanno conservato intatte, sino ai giorni nostri, la loro autonomia e cultura, scegliendo di non confrontarsi con il governo locale ma ritirandosi quando questi mostrava i suoi "artigli". Graeber, riferendosi ai Tsimihety, scrive:

«Fino ad oggi, hanno mantenuto la reputazione di “maestri dell'evasione”: sotto i francesi, gli amministratori si domandavano se potessero inviare delle delegazioni per sistemare la costruzione di una strada presso il villaggio dei Tsimihety e negoziare i termini d'intervento con i responsabili della comunità; dopodiché, la settimana seguente, ritornati con l'attrezzatura adatta per lo svolgimento dei lavori, scoprirono che il villaggio era stato interamente abbandonato dai suoi abitanti, traslocati con i loro vicini in un'altra parte del paese».

Aspetti di antropologia anarchica

Graeber suggerisce alcuni elementi ipotetici d'antropologia anarchica su cui lavorare; nel suo libro esamina brevemente alcuni punti:

1. Una teoria sullo Stato
2. Una teoria delle entità politiche che non sono Stati.
3. Ancora un'altra teoria sul capitalismo.
4. Povertà, ignoranza e stupidità (Graeber esplora una possibile teoria di una relazione di potere, non con la conoscenza, ma con l'ignoranza e la stupidità. «Perché la violenza, particolarmente la violenza strutturale dove i poteri sono tutti da una parte, creano l'ignoranza.») [4]
5. Un'ecologia delle associazioni volontarie.
6. Una teoria della buona politica.
7. Gerarchia
8. Sofferenza e piacere: sulla privatizzazione del desiderio.
9. Una o più teorie sull'alienazione.

Perché gli antropologi non si interessano all'antropologia anarchica

Bandiera nera anarchica

L'autore offre diverse ragioni sul perché gli antropologi non vogliono uscire dallo schematismo e sviluppare così delle alternative al modello sociale dominante: Da diversi punti di vista, l'antropologia appare una disciplina spaventata dalle proprie po«tenzialità. È, per esempio, la sola disciplina in grado di fare delle generalizzazioni sull'umanità come un tutt'uno, è la sola disciplina che possa attualmente prendere tutta l'umanità nella sua interezza e a cui sono familiari tutti i “casi anormali”» [5]. Gli antropologi, scrive Graeber, possono anche essere semplicemente spaventati dall'essere considerati alla stessa stregua degli utopisti.

Graeber inoltre spiega:

  1. Il marxismo ha avuto la tendenza a svolgere discorsi analitici e teorici sulla strategia rivoluzionaria.
  2. L'anarchismo ha avuto tendenza a svolgere discorsi etici a proposito della pratica rivoluzionaria.

L'insistenza anarchica a mettere le idee rivoluzionarie in pratica è a certi livelli, incompatibile con la carriera universitaria. L'accademia universitaria, con le sue gerarchie rigide e calcificate, non può incontrare il sostegno degli anarchici perché definirsi anarchici significa, come logica conseguenza, agire contro tali strutture di potere.

Note

  1. Il testo completo del saggio (in inglese) è interamente scaricabile in versione PDF.
  2. Recensione di Frammenti di Antropologia Anarchica, David Graeber, Elèuthera- Caienna, 2006
  3. Critica a Frammenti di antropologia anarchica
  4. Pag. 72 di Fragments of anarchist anthropology
  5. Pag. 96 di Fragments of anarchist anthropology

Bibliografia

  • Pierre Clastres, L'anarchia selvaggia. Le società senza stato, senza fede, senza legge, senza re, Elèuthera, 2013
  • Adriano Favole, Per un'antropologia non egemonica, Elèuthera, 2012
  • Stefano Boni, Culture e poteri. Un approccio antropologico, Milano, elèuthera, 2011,
  • David Graeber, Frammenti di antropologia anarchica, [1] Elèuthera, 2006
  • Stefano Boni, Vivere senza padroni (pdf scaricabile), Elèuthera, 2006
  • Stefano Boni, Le strutture della disuguaglianza, Franco Angeli editore, 2003
  • Ashley Montagu, Il buon selvaggio. Educare alla non aggressività , Elèuthera, 1987
  • Marshall David Sahlins, Economia dell'età della pietra, Bompiani, 1980
Note bibliografiche

Voci correlate

Collegamenti esterni