Antispecismo

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Antispecismo: simbolo di unità  tra umani e non umani

L’Antispecismo (anti- deriva dal greco antì "contro" e da "specismo", ovvero quel pensiero atto alla discriminazione degli esseri viventi in base alla specie di appartenenza) è il movimento culturale nato per contrastare lo specismo. Questo movimento sostiene che le idee di superiorità  di specie limitino, o addirittura impediscano, la possibilità  dell'essere umano di vivere in armonia con la natura, gli altri animali, i propri simili e perfino con se stesso.

Definizione

«Non esistono animali superiori e inferiori, così come non esistono razze umane superiori e inferiori, ma esistono esseri viventi dotati di peculiarità  uniche e come tali rispettabili e inviolabili. Il problema non è: "Possono ragionare?", né: "Possono parlare?", ma: "Possono soffrire?"» - Jeremy Bentham.

L’antispecismo è un movimento filosofico, politico e culturale che si oppone allo specismo, l’antropocentrismo e l’ideologia del dominio. Come l’antirazzismo, l'antispecismo rifiuta la discriminazione arbitraria basata sulla presunta diversità  razziale umana; esso respinge quella basata sulla specie e sostiene che la sola appartenenza biologica ad una specie diversa da quella umana non giustifichi moralmente o eticamente il diritto di disporre della vita, della libertà  e del lavoro di un essere senziente.

Gli antispecisti lottano affinché gli interessi degli "animali non umani" vengano considerati fondamentali tanto quanto quelli degli umani, cercando di destrutturare e ricostruire la società  umana in base a criteri ecocentrici che non causino sofferenze inutili, e di per sè quindi evitabili, alle altre specie viventi e al pianeta. L’approccio antispecista ritiene (considerando tutte le dovute differenze e peculiarità ):

- che le capacità  di sentire (di provare sensazioni come piacere e dolore), di interagire con l’esterno, di manifestare una volontà , di intrattenere rapporti sociali, non siano prerogative esclusive della specie umana;

- che l’esistenza di tali capacità  nei non umani comporti un cambiamento essenziale del loro status etico, facendoli divenire “persone non umane”;

- che da ciò debba conseguire una trasformazione profonda dei rapporti tra persone umane e persone non umane, che prefiguri un radicale ripensamento della società  umana trasformandola in una reale società  libera (umana e non umana).

Considerazioni sulla definizione

1) L’antispecismo è un movimento filosofico, politico e culturale, pertanto chi abbraccia la visione antispecista si adopera per la sua diffusione attraverso la trattazione filosofica del problema. Si propone di assumere atteggiamenti e comportamenti tali da poter influenzare la società  umana attraverso una visione politica dell’antispecismo, e si propone di attivarsi tramite iniziative culturali, sociali e personali per il raggiungimento di uno scopo ultimo: la creazione di una nuova società  umana più giusta, solidale, libera e compassionevole che potremmo definire a-specista (senza distinzioni e discriminazioni di specie) ma meglio ancora società  umana libera. L’attivista antispecista non può quindi considerarsi a-politico nel senso più stretto del termine, in quanto l’azione politica è uno degli esercizi fondamentali dell’antispecismo atti al cambiamento della società  umana.

Protesta contro l'industria delle pellicce in Italia

2) L’antispecismo si oppone allo specismo inteso come pensiero unico dominante nell’attuale società  umana concepita come verticistica, basata sulla legge del diritto del più forte e sulla repressione del più debole, orientata alla difesa dell’interesse personale e del patrimonio, a discapito dei diritti, dell’uguaglianza e della solidarietà  nei confronti dei più deboli tra gli animali umani e non umani. L’antispecismo, pertanto, non è un movimento che intende riformare la società  umana moderna, ma cambiarla radicalmente eliminandone le spinte discriminatorie, liberticide, violente nei confronti dei più deboli, gerarchiche, autoritarie ed antropocentriche. In una sola parola rivoluzionandola abbattendo l’ideologia del dominio che la contraddistingue.

Manifestazione internazionale in favore dei diritti animali di Igualdad animal (Madrid, dicembre 2011)

3) Come l’antirazzismo rifiuta la discriminazione arbitraria basata sulla diversità  razziale umana, l’antispecismo respinge quella basata sulla specie. Le radici culturali, morali, filosofiche e politiche dell’antispecismo sono una naturale evoluzione delle lotte sociali per l’affrancamento dei più deboli tra gli umani, ed il riconoscimento dei loro diritti fondamentali (pur presentando peculiarità  molto importanti che lo distinguono da qualsiasia altra lotta sociale, politica e culturale). L’antispecista, pertanto, non solo si batte per l’eliminazione delle discriminazioni dovute alle fittizie e strumentali barriere di specie innalzate dall’uomo per sottrarsi ai suoi doveri nei confronti della natura e delle altre specie; ma assume come elementi base il riconoscimento dei pieni diritti dell’umano a prescindere da sesso, religione, orientamento sessuale, condizioni fisiche e mentali, ceto, etnia, nazionalità  etc… L’antispecismo deve essere considerato una naturale evoluzione del pensiero antirazzista, antisessista, antimilitarista e pertanto anche in assoluta antitesi con xenofobia, discriminazioni sessuali, sociali, etniche, culturali, religiose, ed in generale con il fascismo ed i totalitarismi di qualunque orientamento politico o natura, in quanto fautori dell’ideologia del dominio dell’oppressione e della repressione. L’ottica antispecista pur quindi essendo mutuata da quella della lotta per i diritti civili umani, ha peculiarità  e caratteristiche diverse e sostanziali: essa non dovrebbe prevedere concessioni ad altri (allargamento della sfera dei diritti, o allargamento della sfera morale, o allargamento della polis), ma piuttosto il controllo delle proprie attività  e delle attività  della propria specie in relazione a principi di equità , giustizia e solidarietà  nei riguardi delle altre specie (ripensamento delle attività  della specie umana in base ai propri doveri nei confronti delle altre specie viventi non più considerate inferiori, ma semplicemente diverse - persone non umane, e pertanto popolazioni di persone non umani). L’azione antispecista mira dunque nell’immediato alla tutela degli interessi degli animali non umani (in quanto privi di diritti elementari e naturali e di status privilegiati), ma con il pieno riconoscimento dei diritti dei più deboli tra gli umani. L’attivista antispecista è moralmente tenuto ad impegnarsi nel quotidiano contro ogni tipo di ingiustizia e di prevaricazione nei confronti dei più deboli o svantaggiati, siano essi umani o non. Le attenzioni verso gli umani e verso l’ambiente e la Terra sono da considerarsi parte integrante della lotta per la liberazione degli animali non umani, e viceversa. L’attivista antispecista pone molta importanza alla pratica personale ed alla coerenza, conseguenza diretta di ciò è l’applicazione dei principi antispecisti alla propria vita quotidiana attraverso ad esempio la pratica del veganismo etico, del consumo critico (inteso come metodo utile all’allontanamento definitivo dal consumismo), del boicottaggio, riciclo, riuso e riutilizzo di merci beni e servizi, e di tutte le altre pratiche utili al raggiungimento del minor impatto possibile sulle altre specie animali, sulla propria e sull’ambiente.

La pratica vegana:

Lo stile di vita vegano non è da considerarsi come obiettivo, ma meramente come mezzo, una pratica, per il raggiungimento del fine ultimo dell'antispecismo: una nuova società  umana liberata ed a-specista capace di rispettare e di vivere in armonia con le altre specie viventi. Tale fine è possibile attraverso la lotta per la liberazione animale (umana e non umana).

Ogni visione riformista, conservatrice, reazionaria o repressiva ed in generale tesa alla tutela della conservazione dello stato di fatto della società  umana basata sui privilegi dell’antropocentrismo, è aliena ed antitetica alla visione antispecista. Ogni dottrina, filosofia, politica, religione basata sullo specismo e l’antropocentrismo (l’assunto che l’essere umano per i più svariati motivi ha un valore intrinseco maggiore rispetto alle altre specie) è combattuta dalla nuova visione antispecista.

Storia dell’antispecismo

Peter Singer, filosofo antispecista utilitarista
Exquisite-kfind.png Vedi Storia dell'antispecismo.

Inizialmente gli antispecisti (anche se forse sarebbe più corretto definirli "animalisti"[1]) non erano organizzati in un movimento, bensì agivano singolarmente, per lo più con scritti discorsi, dibattiti ecc.

Tra questi, per lo più filosofi, possiamo citare (in ordine sparso): Platone, Seneca, Ovidio, Plutarco, Leonardo da Vinci, Voltaire, Jeremy Bentham ecc. (Approfondimenti: vedi specismo).

La "filosofia antispecista" (con relativa distinzione tra animalismo e antispecismo) moderna si è potuta sviluppare, in questi ultimi decenni, grazie all’impegno di filosofi animalisti come Kenneth Goodpaster, Christopher Stone e soprattutto Tom Regan e Peter Singer.

Singer e Regan: la questione dei diritti

Secondo il principio di «uguale considerazione degli interessi» introdotto da Singer, gli interessi degli animali, seppur diversi da quelli dei non umani, devono essere rispettati come gli interessi degli umani. Peter Singer, in Liberazione Animale, si era limitato a parlare di interessi animali, non si riferiva esplicitamente a diritti. La morale del “diritto animale” ha avuto un’evoluzione progressiva che può essere schematicamente divisa in questo modo.

Morale della simpatia

Questa morale, sostenuta da David Hume, si basa sul presupposto che le azioni che procurano gioia sono degne di approvazione, mentre quelle che provocano dolore sono degne di disapprovazione, gli animali sono esseri sensibili, dunque le azioni che noi compiamo nei loro confronti non sono indifferenti dal punto di vista morale. Tale dottrina fonda sul principio della “compassione”, pertanto comporta il rischio della soggettività  e del relativismo umanitario.

Morale dell’utilitarismo

Il padre della filosofia utilitaristica fu Jeremy Bentham. Egli sosteneva che fosse necessario limitare la sofferenza al minor numero possibile di individui, considerava quindi lecito un esperimento che comportasse la sofferenza di pochi per il vantaggio di molti. Queste due dottrine contemplano la questione del diritto da una prospettiva ancora antropocentrica, infatti, concentrano l’attenzione sui doveri dell’uomo verso gli animali (limitarne la sofferenza), piuttosto che sui diritti degli animali stessi.

Tom Regan, filosofo antispecista

Morale del valore

Si tratta della morale sostenuta da Tom Regan, che introdusse il concetto di "diritto animale". Secondo Regan i diritti si fondano sul valore intrinseco dell’essere. Tutti gli esseri dotati di sensibilità  hanno interessi, in particolare hanno l’interesse a vivere la vita migliore possibile e a limitare la propria sofferenza. Da tale interesse deriva il diritto, per ogni essere senziente, ad avere una vita che risenta il meno possibile della sofferenza ingiustificata inflitta da altri.

Regan osserva che se tutti gli animali, umani e non, hanno dei diritti in quanto esseri senzienti, questi diritti sono diversi. Gli animali hanno un diritto fondamentale: quello di ricevere un trattamento rispettoso e non essere danneggiati. Per questo motivo Regan condanna l’uccisione, la caccia, la sperimentazione, e sostiene l’obbligo - per tutti coloro che hanno a cuore i «diritti dei non umani» - del vegetarismo. Sulla base della filosofia di Peter Singer e Tom Regan, nasce il movimento antispecista moderno.

Breve storia del movimento animalista

Exquisite-kfind.png Vedi Animalismo.
Barry Horne, anarchico e antispecista

La prima legge in difesa degli animali fu emanata in Inghilterra nel 1822, ed è ancora in vigore con il nome di Animal Act. Nello stesso anno, sempre in Inghilterra nacque la SPCA (Society for the Prevention of Cruelty to Animals).

Logo dell’ALF

In Italia, Giuseppe Garibaldi, sebbene fosse un cacciatore, fu tra i promotori della società  animalista che in seguito assumera la denominazione di ENPA. Nel 1961 nasce il WWF e in Italia sorge la "Lega Nazionale contro la Distruzione degli uccelli", che in seguito diventerà  la LIPU. In seguito a queste, fioriscono in tutto il mondo associazioni per la difesa degli animali, alcuna delle quali attive ancora oggi. La vera svolta si ebbe però negli "anni ’70", con il diffondersi dell’animalismo forte di Peter Singer e Tom Regan.

Prima di loro le varie associazioni che si erano formate erano animate dal sentimento di compassione, contemplato nelle morali precedenti a Regan. Si assiste invece da questo momento a un vero cambiamento ideologico alla base della scelta per la protezione degli animali. Non è più la semplice compassione per la sofferenza animale a spingere gli animalisti a intervenire, ma la convinzione che gli animali abbiano dei diritti che devono essere loro riconosciuti. Cosi’ nei primi "anni ’80" nascono associazioni come la LAV, la "LAN", la "LAC", la "LIDA", "Animal Amnesty", l’"OIPA". Sempre in Inghilterra, negli "anni 70"", si costituisce un gruppo radicale animalista: Animal Liberation Front (ALF). L’ALF si prefigge l’obiettivo di contrastare lo sfruttamenti animale (allevamento di animali, pellicce, vivisezione e maltrattamenti in genere), prevalentemente con l’azione diretta e con le liberazioni degli animali.

L’ALF comincia a diffondersi anche negli USA e poi in tutto il mondo, per cui da movimento inglese si trasforma in movimento internazionale. Negli anni '90 l'ALF inizia a diffondersi anche in Italia.

Il principale teorico dell'ALF si chiamava Barry Horne, un uomo che decise di dedicare la propria vita alla liberazione dei più deboli e dei più indifesi. Catturato e condannato a 20 anni di carcere per “terrorismo”, muore in seguito ai ripetuti scioperi della fame a cui si sottopone per richiamare l'attenzione di Tony Blair sulle condizioni degli animali nei laboratori e negli allevamenti.

Nel tempo nascono anche altri gruppi che sentono l’esigenza di agire radicalmente, sull’esempio dell’ALF.

La frammentazione che si può notare all’interno del movimento animalista dipende dalle diverse metodologie adottate dagli animalisti (azioni diretta, interventi sul piano legislativo, sensibilizzazioni di massa... ) e dai diversi fini che le associazioni si propongono (prevenzione, tutela, soccorso... ).

Anarchici e antispecismo

Élisée Reclus, anarchico e vegetariano
File:Veganarchism.svg
Simbolo del vegananarchism, che unisce la A cerchiata, simbolo anarchico, con l'iniziale della parola vegan, la lettera "V"

Tra i primi anarchici ad esprimere disappunto per le sofferenze animali si possono citare i vegetariani Lev Tolstoj [2] ed Élisée Reclus. Anche H.D.Thoreau, seppur con qualche ambiguità  (era carnivoro), esprime pensieri fortemente "anti-antropocentrici": «non ho dubbio che appartenga al destino umano, nel suo graduale miglioramento, smettere di mangiare carne allo stesso moodo che le tribù selvagge hanno smesso di mangiarsi l’un l’altra quando vennero in contatto con quelle civili».

L'antispecismo non é patrimonio esclusivo degli anarchici, ma sono scelte più diffuse fra essi rispetto a persone di qualsiasi altro orientamento politico perché si basano sul rifiuto di qualsivoglia discriminazione e gerarchia: non solo tra esseri umani, ma anche nei confronti degli altri esseri senzienti, senza discriminazioni fra le specie animali.

Tra gli anarchici (Barry Horne, Harold Thompson, ecc.), questa prerogativa è particolarmente diffusa nell’ambito individualista. Essi estendono l’egualitarismo a tutto l’universo e a tutte le specie animali, poiché si ritiene che vi sia un diretto rapporto tra lo sfruttamento umano, quello animale non-umano e quello ambientale, che sono per lo più conseguenza del capitalismo.

I libertari antispecisti hanno sempre ritenuto , e ritengono ancora, che non si debba separare e parcellizzare lo sfruttamento animale da quello umano o ambientale, bensì che sia necessario estirpare qualsiasi tipologia di dominio dell'uomo sull'uomo e dell'uomo sugli animali (e sulla natura), poiché ognuno è conseguenza dell'altro e in quanto, come più volte ha scritto Murray Bookchin, non basta eliminare le classi sociali e lo sfruttamento economico per eliminare la gerarchia e il dominio, perché questi si possono riformare su basi razziali, sessuali e anche speciste.

Note

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Bibliografia

Exquisite-kfind.png Vedi Testi: antispecismo.

Voci correlate

Argomenti

Personalità 

Scritti

Collegamenti esterni

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Approfondimenti: letture varie

Siti antispecisti




Il testo italiano di questo articolo è stato tratto in parte da Lo specismo, come nasce, come si manifesta, come si combatte)

  1. Il termine animalismo non dev'essere confuso con quello di antispecismo, anche se spesso vengono utilizzati come sinonimi. Il primo presuppone l'amore empatico per gli animali non umani, ma non necessariamente il riconoscimento dell'eguaglianza di tutti gli appartenenti alla stessa specie. Il termine antispecismo indica invece la volontà  di porre fine ad ogni discriminazione entro le diverse specie animali
  2. Si legga Il primo gradino