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Anarchismo e Diritto (di Alexei Borovoi)

Nella letteratura critica sull'anarchismo, esiste un'opinione, largamente diffusa, secondo la quale l'anarchismo - che è la categorica negazione della società attuale e del diritto attuale - ha altresì una posizione negativa sul diritto in generale, anche nella futura società libertaria. È un'opinione assolutamente errata.

È un'opinione assolutamente errata e l'errore poggia:

  • sulla confusione metodologica - che si rinviene anche negli studi anarchici - circa il problema dei rapporti tra il diritto e lo Stato;
  • sulle definizioni molto variabili del diritto e della società, sia da parte degli anarchici e sia da parte dei loro critici;
  • sulle dichiarazioni superficiali e prive di significato da parte di certi militanti anarchici. Infatti, alcuni di essi, per una sorta di ingenuità sociologica, sono giunti al sincero convincimento che anarchia significa assenza di ogni specie di regola giuridica, cioè completo disordine, dando così una mano alle critiche antianarchiche; altri ritengono che gli uomini possano cambiare d'un colpo e completamente per il solo fatto di conoscere l'ideale anarchico; altri, infine, pensano alla creazione - grazie al progresso tecnico - di condizioni sociali tali che consentirebbero di evitare l'influenza necessariamente limitativa del diritto;
  • sulla tendenza generale di pigrizia, la quale è ancor più marcata in coloro che si considerano critici dell'anarchismo, ma che ignorano tutto dell'anarchismo e che non si danno la pena di conoscere, quanto meno, l'essenziale del pensiero anarchico;
  • ed infine, sulla critica tendenziosa e consapevolmente falsa, introdotta da Engels su quanto riguarda la sociologia e la filosofia, critica detta del socialismo scientifico (per esempio, lo scritto del Plekhanov: Socialismo ed Anarchismo).

L'anarchismo s'è posto questo compito, di trovare cioè questo ordine sociale: «In cui non vi sarà alcun governo, alcun difensore della morale, né carcere, né carnefice, né ricco, né povero, in cui tutti saranno uguali nei diritti; fratelli che abbiano ciascuno la loro porzione quotidiana di fatica, che vivano d'accordo e d'amore non per la forza d'una legge obbligatoria che punisca severamente coloro che non ubbidiscano ad essa, ma per la forza dei rapporti reciproci, degli interessi dell'uno e dell'altro, per la forza dell'inevitabile legge della natura» (Reclus).

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