Anarchismo e diritto (di Alexei Borovoi): differenze tra le versioni

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#sulle definizioni molto variabili del [[diritto]] e della società, sia da parte degli anarchici e sia da parte dei loro critici;  
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#sulle dichiarazioni superficiali e prive di significato da parte di certi militanti anarchici. Infatti, alcuni di essi, per una sorta di ingenuità sociologica, sono giunti al sincero convincimento che anarchia significa assenza di ogni specie di regola giuridica, cioè completo disordine, dando così una mano alle critiche antianarchiche; altri ritengono che gli uomini possano cambiare d'un colpo e completamente per il solo fatto di conoscere l'ideale anarchico; altri, infine, pensano alla creazione - grazie al progresso tecnico - di condizioni sociali tali che consentirebbero di evitare l'influenza necessariamente limitativa del [[diritto]];  
#sulle dichiarazioni superficiali e prive di significato da parte di certi militanti anarchici. Infatti, alcuni di essi, per una sorta di ingenuità sociologica, sono giunti al sincero convincimento che anarchia significa assenza di ogni specie di regola giuridica, cioè completo disordine, dando così una mano alle critiche antianarchiche; altri ritengono che gli uomini possano cambiare d'un colpo e completamente per il solo fatto di conoscere l'ideale anarchico; altri, infine, pensano alla creazione - grazie al progresso tecnico - di condizioni sociali tali che consentirebbero di evitare l'influenza necessariamente limitativa del [[diritto]];  
#sulla tendenza generale di pigrizia, la quale è ancor più marcata in coloro che si considerano critici dell'[[anarchismo]], ma che ignorano tutto dell'anarchismo e che non si danno la pena di conoscere, quanto meno, l'essenziale del pensiero anarchico;  
#sulla tendenza generale di pigrizia, la quale è ancor più marcata in coloro che si considerano critici dell'[[anarchismo]], ma che ignorano tutto dell'[[anarchismo]] e che non si danno la pena di conoscere, quanto meno, l'essenziale del pensiero anarchico;  
#ed infine, sulla critica tendenziosa e consapevolmente falsa, introdotta da Engels su quanto riguarda la sociologia e la filosofia, critica detta del ''socialismo scientifico'' (per esempio, lo scritto del Plekhanov: ''Socialismo ed Anarchismo'').
#ed infine, sulla critica tendenziosa e consapevolmente falsa, introdotta da Engels su quanto riguarda la sociologia e la filosofia, critica detta del ''socialismo scientifico'' (per esempio, lo scritto del Plekhanov: ''Socialismo ed Anarchismo'').



Versione delle 11:30, 25 apr 2022

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi Diritto.

Traduzione dal russo de "L'Anarchismo" (Capitolo VII - pag. 134-146) di Alexei Borovoi (1875-1935).

L'ANARCHISMO E IL DIRITTO

Nuvola apps xmag.png Per approfondire, vedi Diritto.

Nella letteratura critica sull'anarchismo, esiste un'opinione, largamente diffusa, secondo la quale l'anarchismo - che è la categorica negazione della società attuale e del diritto attuale - ha altresì una posizione negativa sul diritto in generale, anche nella futura società libertaria.

È un'opinione assolutamente errata e l'errore poggia:

  1. sulla confusione metodologica - che si rinviene anche negli studi anarchici - circa il problema dei rapporti tra il diritto e lo Stato;
  2. sulle definizioni molto variabili del diritto e della società, sia da parte degli anarchici e sia da parte dei loro critici;
  3. sulle dichiarazioni superficiali e prive di significato da parte di certi militanti anarchici. Infatti, alcuni di essi, per una sorta di ingenuità sociologica, sono giunti al sincero convincimento che anarchia significa assenza di ogni specie di regola giuridica, cioè completo disordine, dando così una mano alle critiche antianarchiche; altri ritengono che gli uomini possano cambiare d'un colpo e completamente per il solo fatto di conoscere l'ideale anarchico; altri, infine, pensano alla creazione - grazie al progresso tecnico - di condizioni sociali tali che consentirebbero di evitare l'influenza necessariamente limitativa del diritto;
  4. sulla tendenza generale di pigrizia, la quale è ancor più marcata in coloro che si considerano critici dell'anarchismo, ma che ignorano tutto dell'anarchismo e che non si danno la pena di conoscere, quanto meno, l'essenziale del pensiero anarchico;
  5. ed infine, sulla critica tendenziosa e consapevolmente falsa, introdotta da Engels su quanto riguarda la sociologia e la filosofia, critica detta del socialismo scientifico (per esempio, lo scritto del Plekhanov: Socialismo ed Anarchismo).

Il problema del diritto e lo Stato

Il problema che ci interessa può porsi nei seguenti termini: bisogna cercare l'esistenza di una società, in cui niente - né nelle istituzioni, né nei rapporti umani - possa limitare la volontà di alcuno; in cui ciascuno sarà autonomo; in cui la giurisdizione che regola la vita umana sarà un fatto personale e non già la volontà collettiva sia pure nelle sue migliori espressioni.

L'anarchismo s'è posto questo compito, di trovare cioè questo ordine sociale:

  • In cui non vi sarà alcun governo, alcun difensore della morale, né carcere, né carnefice, né ricco, né povero, in cui tutti saranno uguali nei diritti; fratelli che abbiano ciascuno la loro porzione quotidiana di fatica, che vivano d'accordo e d'amore non per la forza d'una legge obbligatoria che punisca severamente coloro che non ubbidiscano ad essa, ma per la forza dei rapporti reciproci, degli interessi dell'uno e dell'altro, per la forza dell'inevitabile legge della natura. (Reclus)

Come risolve l'anarchismo questo problema? La rivolta contro il potere, contro il diritto dello Stato e contro il diritto poggiato sulla legge è stata iniziata sin dai tempi antichi [l'autore prosegue con un richiamo alla storia dopo Marco Aurelio]. Alcuni sociologi imparziali hanno dimostrato che lo Stato (la società autoritaria con un potere stabilito) non è la prima forma delle società umane e che i popoli hanno iniziato la loro vita storica con forme "senza autorità stabilita". Lo Stato comparve come il risultato di complessi fenomeni: da una cultura materiale ed intellettuale particolare, da una differenziazione progressiva nella società; nello stesso tempo, come conquista e come risultato di questa coscienza progressivamente sviluppata dai vantaggi ed anche dai beni etici d'una solidarietà tra differenti elementi del complesso umano. Questi stessi sociologi hanno dimostrato lo sviluppo parallelo dell'istituzione del potere che ha accentrato progressivamente delle funzioni che appartenevano prima agli organismi sociali a carattere locale ed autonomo. Se alcune di dette funzioni, al di fuori anche della loro origine, sono state meglio espletate dal nuovo potere, altre numerose funzioni sono state espletate in modo peggiore, senza soddisfazione, e successivamente, con una costante ingiustizia per i diritti fondamentali dell'individuo, del gruppo locale, della libertà.

Questo processo d'ipertrofia governativa e, come contracolpo, il rifiuto di accettare l'idea del potere, sono stati, ad esempio, bene espressi da Emile Durkheim:

  • Il potere governativo... tende ad inghiottire tutte le forme di attività che hanno carattere sociale, lasciando fuori soltanto il calore umano. Detto potere è costretto pertanto ad assumere un numero considerevole di funzioni per le quali non è adatto e che esso assolve in modo insufficiente. A più riprese si è rilevato che la sua esaltazione nell'assorbire tutto per suo conto è pari alla sua piena impotenza nel regolare la vita umana. Ne deriva lo sperpero enorme di forze e d'energia - e di ciò lo si accusa bene a ragione - che in realtà non corrisponde al risultato ottenuto. D'altra parte, gli uomini non obbediscono ad alcun'altra collettività che non sia lo Stato, perché lo Stato si proclama il solo organismo collettivo. Essi si abituano a guardare la società esclusivamente attraverso lo Stato, sempre in dipendenza dello Stato. Pertanto lo Stato si pone molto lontano da essi, resta sempre una cosa astratta e non può influenzarli da vicino ed in forma immediata. Ecco perché nel sentimento sociale dell'umanità non c'è né partecipazione cosciente, né sufficiente energia. In gran parte della vita degli uomini, intorno ad essi, non c'è nulla, non c'è che il vuoto. In queste condizioni, gli uomini sono trascinati inevitabilmente sia verso l'egoismo, sia verso l'anarchia.

È appunto su questo terreno - sulla tendenza dello Stato a tutto inghiottire, la persona umana, il suo bisogno sociale; a paralizzare la sua volontà ed i suoi atti con sanzioni - che nasce la rivolta anarchica. Ma essa è una rivolta contro il "diritto" in generale? Pensano gli anarchici - una volta demolito il governo ed abolite le basi dell'attuale società - di non sostituirli con nulla? Di lasciare che gli individui si organizzino a loro piacimento? Bisogna dire che, in realtà, il problema del diritto non è stato trattato dagli anarchici in maniera sufficientemente chiara. Sono numerosi - e già s'è detto più avanti - coloro che credono in un mutamento miracoloso e radicale della natura umana, la quale non avrà più bisogno che del suo diritto "puramente umano". Per questo motivo, alcuni credono nella forza magica dell'egoismo, altri nella solidarietà, altri sperano nella forza dell'opinione pubblica, altri ancora nel progresso intellettuale e morale degli uomini, altri, infine, credono nella particolare natura "dell'uomo nuovo", nel quale, con la sparizione della proprietà e dello Stato, scomparirà per sempre ogni lato "cattivo". Ma, indipendentemente da tutti questi miracoli, gli anarchici in generale, ed i comunisti-anarchici in particolare, riconoscono prima di tutto un altro fattore: l'organizzazione. L'anarchismo costruisce l'organizzazione non sul principio del potere di classe - come l'organizzazione capitalistica - ma sul principio di solidarietà e di reciprocità. Il principio stesso dell'organizzazione è accettato dalla maggioranza degli anarchici contemporanei.

De Paepe scrive:

  • L'anarchismo è il mutamento della politica sociale delle organizzazioni governative con l'organizzazione della produzione.

Merlino ritiene che:

  • Nell'organizzazione è l'essenza dell'anarchismo.

Gli operai spagnoli in un loro manifesto dichiarano:

  • Il dovere più importante dell'anarchismo è un'organizzazione sociale che corrisponda realmente ai bisogni della società.

Sicché, la necessità d'una organizzazione economica, anche se essa ha un carattere soprattutto locale, dovrà realmente rimpiazzare l'apparato attualmente in vigore.

La criminalità

Non può seriamente affermarsi che tutti i "criminali" attuali scompariranno con la distruzione del governo statale, con tutta l'organizzazione poliziesca, penitenziaria, etc. Una grande maggioranza di comunisti-anarchici ritiene che, sotto l'influenza della sparizione della proprietà privata, dovrebbe prodursi un mutamento assai profondo e relativamente rapido della natura umana. Gli anarchici individualisti, soprattutto Tucker e Mackay, non accettano la formula "tutto appartiene a tutti" e sostengono che questo principio è incompatibile col principio essenziale dell'anarchismo: la libertà dell'individuo. Il comunista-anarchico Sébastien Faure vede la fonte della "tristesse mondiale" non tanto nella proprietà quanto nell'organizzazione del potere. Che l'odierno regime sociale, con tutte le sue istituzioni oppressive, punitive, etc. generi esso stesso dei criminali, è tanto evidente che non c'è bisogno di dimostrazione. Ma è, quanto meno, azzardato affermare che nella realtà libertaria scompariranno rapidamente tutti gli istinti antisociali, tutti i moventi della criminalità. Anche se siamo d'accordo con quanto sostengono alcuni anarchici - che la criminalità, in una vera società libera, sarà l'espressione esclusiva di "criminali innati", che cioè si tratterà di casi in cui non si può intervenire - è evidente che occorrerà almeno qualche anno di pratica libertaria perché gli esseri umani siano educati in condizioni nuove. Comunque, credere ad un immediato mutamento dell'uomo, al mutamento di tutta la sua natura psicologica dopo l'abbattimento del potere, ci pare un po' esagerato [a questo punto l'autore cita Lavrov ed il suo libro: L'elemento del potere nella società futura].

Può citarsi a proposito l'opinione del ben noto anarchico Malatesta:

  • Comunque... il popolo non consentirà che si tocchi la sua libertà ed il suo benessere senza difendersi, e, se necessario, troverà il mezzo per difendersi contro le tendenze antisociali di qualche individuo. Ma per far ciò, occorre proprio fabbricare leggi a getto continuo? Quando il popolo respinge ciò che gli sembra nefasto, troverà il mezzo per farlo in modo migliore che tutti i legislatori.

Elementi convenzionali e spontanei

Una volta ammesso che ogni organizzazione è il risultato di un accordo, è evidente che debba comportare una modificazione della vita di ciascuno [l'autore cita, a questo punto, le opere dello Stamler ed, in particolar modo, Le basi teoriche dell'anarchismo]. Ne deriva quindi che: negare la limitazione della volontà individuale in un accordo significa che si considera detto accordo come assurdo; e supporre che ciascun membro d'una organizzazione possa allontanarsi da essa quando voglia, in qualsiasi momento e per qualsivoglia motivo, è inconcepibile, giacché si può in questo modo distruggere facilmente tutta l'opera collettiva alla quale l'organizzatore deve servire, senza la mancanza di stima per i restanti membri di detta organizzazione.

Non conosciamo neppure una società umana - sia pure avente la formazione dei primi Stati - in cui non vi sia stato qualche regolamento. La vita collettiva esige certi regolamenti, i quali possono solamente essere differenti. Al di fuori di certe norme giuridiche, nelle società umane, esistono quelli che Stamler chiama regolamenti convenzionali [dopo Stamler, le opere di numerosi etnologi, sociologi e psicologi hanno dimostrato l'importanza delle associazioni e dei regolamenti spontanei, selvaggi, non autoritari]. Sono delle norme

  • nei regolamenti di condotta umana, a carattere etico, nelle forme di rapporti sociali, nel più stretto senso della parola, una specie di moda di tutte le abitudini esistenti, qualcosa come il codice cavalleresco del Medioevo, o il codice delle corporazioni artigiane.

La concreta efficacia di queste norme convenzionali può esistere più considerevole della efficacia delle norme giuridiche scritte. La differenza fondamentale, intima, tra i regolamenti convenzionali e le norme giuridiche scritte consiste nel fatto che i primi hanno, quale base, un accordo:

  • gli uomini si sottomettono ad essi partendo esclusivamente da un accordo, un accordo sia pure a volte non manifestato, come sono la maggior parte dei fatti nella vita sociale, non comunque da un certo accordo.

La norma giuridica, invece, è creata dalla legge e questa da un corpo specializzato, distaccato, scelto, il quale ha come scopo principale quello di salvaguardare l'ordine stabilito, d'imporre il suo diritto senza preoccuparsi delle aspirazioni e dei bisogni umani. Il diritto reale, l'insieme cioè delle regole convenzionali, è precisamente il diritto anarchico. E questo diritto è riconosciuto, per come si vedrà in prosieguo, dai più noti rappresentanti del pensiero libertario. Giacché, senza un certo regolamento dei rapporti sociali non è possibile né l'esistenza stessa dell'organizzazione sociale, né il suo progresso. È quindi evidente che questo diritto non può assicurare a ciascuno una illimitata libertà.

Dopo questa premessa teorica, abbastanza schematica, è bene conoscere direttamente le opinioni di qualcuno dei maggiori rappresentanti del pensiero anarchico sul ruolo del diritto nella società futura.

I - GODWIN

William Godwin

Come rileva l'Etzbacher, Godwin rifiuta il diritto totalmente e in blocco, partendo dalla constatazione che il diritto è intransigenza ed imposizione, e contemporaneamente è qualcosa di caotico, d'insufficientemente determinato, che neglige l'individuo e che ha la pretesa d'una profezia. Godwin, nello stesso tempo, parla delle comuni come delle organizzazioni che regolano i reciproci rapporti per il bene di tutti, e sottolinea la necessità, per gli individui, di accettare queste comuni. Nel prospettare l'eventualità d'una ingiustizia da parte di un membro della comunità, Godwin parla di un comitato di saggi che deciderà sulla possibilità di correggere il criminale o di allontanarlo. Infine, Godwin considera, per i casi straordinari, delle riunioni allargate o particolari - regionali od anche nazionali - per discutere, ad esempio, su eventuali conflitti tra comuni, sulla necessità di una difesa comune contro l'attacco nemico. Godwin, come ogni razionalista, considera che la pratica di queste nuove istituzioni andrà molto più lontano della pratica delle istituzioni vigenti. È così che il diritto giuridico attuale viene costituito da certi regolamenti in forme nuove: la forma anarchica della struttura comunale.

II - PROUDHON

Pierre Joseph Proudhon

Proudhon è in costante contraddizione tra l'esigenza di una libertà personale assoluta e quella dell'uguaglianza sociale completa dei membri della società...
È vero che Proudhon chiede la soppressione di tutte le norme giuridiche in vigore nella società attuale, ma è vero altresì che egli afferma il carattere universale e l'importanza delle norme accettate in seguito ai contratti sociali a partire dai quali sarà costituita la nuova società. Ma egli va anche più lontano, considerando repressioni e condanne contro coloro che hanno rifiutato di dare esecuzione al contratto. D'altronde, in Proudhon esistono simili contraddizioni per quanto concerne la centralizzazione e lo Stato. I programmi proudhoniani sulla società che sostituirà quella borghese possono definirsi pure anarchici, federalisti... ma contengono alcuni caratteri statali. La stessa espressione anarchia viene da Proudhon adoperata in due significazioni diverse: come ideale, come visione cioè d'una società assolutamente senza potere, e come forma d'organizzazione politica che si caratterizza attraverso la prevalenza dei principi di autonomia e di autogestione sul principio d'una centralizzazione governativa. Bisogna dire che i compromessi di Proudhon vanno ancora oltre. Se, nelle su Confessioni, egli sviluppa il sistema completo d'una società poggiata sul principio della centralizzazione, nel suo Principio federativo, egli riconosce esplicitamente che l'anarchia, nella sua forma pura (quale essenza assoluta di potere), è irrealizzabile e che la soluzione realistica dei problemi politici deve procedere dal federalismo, che è un compromesso realistico tra l'anarchia e la democrazia.

III - BAKUNIN

Michail Bakunin

Nessuno ha scritto critiche più approfondite e più appassionate contro lo Stato quanto Bakunin, per il quale lo Stato è sempre e dovunque un male:

  • Lo stato non è la società umana, ma solo la forma storica di questa società, la più astratta e la più brutale delle forme. Storicamente, lo Stato è, in tutti i paesi, come il prodotto di una sinistra unione tra la violenza, il furto e la devastazione, insomma, di guerre e di conquiste militari, sempre sostenute dagli dei, anche essi nati dalla fantasia teologica e superstiziosa dei popoli primitivi. Lo Stato, sin dalla sua nascita, è stato e resterà, sino al suo ultimo respiro, una giustiicazione della forza brutale, la vittoria dell'ingiustizia. Lo Stato è il potere, è la forza, è la dimostrazione della brutalità. Esso non può usare il metodo della persuasione ed ogni qualvolta che ha la possibilità di utilizzarlo lo fa contro il buon senso. Quando esso stesso non si prende la briga di schiacciare la sua creatura, diventa apertamente una violenza contro la volontà umana, una negazione dell'umana libertà. Anche quando vuol far del bene, lo Stato corrompe e toglie ogni valore a questo bene giacché esso comanda sempre ed ogni comando fa sorgere una giusta rivolta per la libertà. (Bakunin, Dieu et l'État)

Lo stesso Bakunin scrive ancora:

  • Lo Stato... è un immenso cimitero in cui si decide l'autosacrificio, la morte, il seppellimento di tutte le manifestazioni della vita individuale, della vita collettiva e, comunque, di tutta la vita. È un altare sul quale la libertà reale, il benessere dei popoli è dato in offerta alla potenza governativa e ogni qualvolta che questa offerta è più completa, lo Stato è più perfetto. Lo Stato... è un'astrazione che distrugge la vita dei popoli. (Bakunin, Lettres sur le patriotisme)

Ma lo Stato, scrive sempre Bakunin, è un male "storicamente necessario", allo stesso modo come può dirsi che era necessaria la "bestialità" dei primi umani, l'immaginazione teologica degli uomini. Lo Stato deve scomparire. Deve essere sostituito da una società libera, la quale, partendo dai principi di soddisfacimento delle necessità umane fondamentali, verrà costruita sulle basi di una totale autonomia: dal piccolo comune sino ad un'unione grandiosa, mondiale, che unirà tutti gli uomini. L'anello di congiunzione tra queste differenti unità non sarà più la violenza e non sarà imposto attraverso una legge dall'alto, ma troverà applicazione negli accordi liberi di tutti. La volontà comune, secondo Bakunin, sarà la fonte di tutte le norme giuridiche; ma una volta stretto questo libero accordo, esso avrà la forza di un'obbligazione.

IV - KROPOTKIN

Pëtr Kropotkin

Si è già detto qualcosa in precedenza circa le concezioni di Kropotkin sul potere. In Parole di un ribelle e ne La conquista del pane, egli ci dà un quadro penetrante e completo della società futura, consistente in una federazione di comuni, basata su accordi tra gli uomini liberi ed eguali. Il diritto civile ed il diritto penale trovano in Kropotkin un critico implacabile:

  • Se si studia la miriade di leggi che vengono imposte a tutta l'umanità, si può facilmente osservare che esse possono essere divise in tre grandi categorie: 1) leggi che difendono la proprietà; 2) leggi che difendono il governo; 3) leggi che difendono la persona umana. Ma dette categorie sono ugualmente utili e dannose. I sociologhi ben conoscono il ruolo delle leggi sulla proprietà [...] Esse non servono a garantire, all'individuo od all'intera società, il godimento dei prodotti del loro lavoro; ma, al contrario, servono per giustificare il furto della parte più consistente dei frutti prodotti dai lavoratori e per difendere i ladri. [Per quanto concerne le leggi che servono a difendere il governo] si sa perfettamente che tutti i governi - monarchici, costituzionali, repubblicani etc. - hanno lo scopo di proteggere e di mantenere con la forza le classi privilegiate: aristocrazia, borghesia e clero [...] Maggiori pregiudizi esistono relativamente alla terza categoria di leggi, a quelle che pretendono di difendere la persona umana [...] Gli anarchici debbono dire chiaramente che queste leggi sono tanto inutili e dannose quanto lo sono le altre delle precedenti categorie [...] Bisogna dire che il 75% di tutti i reati contro la persona sono sostanzialmente diretti contro i beni altrui. Dunque questi reati dovranno logicamente sparire il giorno in cui cesserà di esistere la proprietà privata [...] Sono forse scomparsi i criminali in dipendenza di pene severe? Forse che gli assassini sono diminuiti in seguito alle pene comminate? Colui che vuole uccidere per vendetta o per passione non bada alle conseguenze del suo delitto [...]

Kropotkin, così come i suoi predecessori, accetta delle regole, nei rapporti tra gli uomini, l'obbligazione cioè di osservare un contratto liberamente accettato. Ne La conquista del pane, ad esempio, egli si sofferma a lungo sulle obiezioni e sulle critiche fatte a questo proposito sul comunismo-anarchico. Bisogna dire che, nelle sue risposte, Kropotkin si dimostra innanzitutto un umanista che crede più nell'amore degli uomini anziché nella forza della logica. Egli ha certamente ragione quando afferma che

  • coloro che non vorranno lavorare saranno una minoranza, una piccolissima minoranza.

Infatti, prima di pensare ad una loro punizione, bisognerebbe sapere la precisa ragione del loro rifiuto a lavorare, giacché, prima di potere studiare le cause e poi di poterle eliminare, la recidiva nell'inazione ed, in generale, il rifiuto di accettare una certa disciplina, di sottomettersi ad una decisione collettiva, possono essere delle manifestazioni possibili anche nella migliore e più perfetta collettività. Bisogna dunque per ciò ritenere che non possa esistere alcuna situazione sociale la quale non abbia possibilità di evitare i refrattari e le preoccupazioni che ne derivano? In questo caso non resterà nient'altro alla società - qualunque essa sia - che scacciare gli indisciplinati. Ma questo atteggiamento è una grave punizione, anche se noi accettiamo che questa persona è indegna. E inevitabilmente sorge un dubbio: colui che viene scacciato dalla comunità troverà un luogo migliore per vivere? Bisogna quindi considerare dell'altro.

V - TUCKER E GLI INDIVIDUALISTI

Benjamin R.Tucker

Nelle sua costruzioni filosofiche, Tucker segue gli insegnamenti di Stirner e di Proudhon: del primo prende il principio della sovranità assoluta dell'individuo e nel secondo cerca i metodi attraverso i quali auspica di mutare la società attuale in società libera, poggiata sui principi degli accordi individuali. Come ogni individualista, Tucker respinge categoricamente ogni organizzazione imposta. E partendo da ciò, critica aspramente lo Stato:

  • Lo Stato è il più grande criminale dei nostri tempi. Le sue azioni non hanno il compito di difendere l'essenziale, cioè l'individuo, ma al contrario di limitarlo, di opprimerlo, di attaccarlo.

Tucker critica con forza tutti i monopoli: il governo, e le classi che lo difendono, la moneta, le leggi. Egli oppone ai monopoli il principio d'una concorrenza illimitata:

  • la concorrenza generale ed illimitata significa la pace assoluta e la più giusta cooperazione.

Di qui, la lotta accanita di tutti gli anarchici individualisti contro il socialismo di stato, al quale rimproverano la vittoria della massa in opposizione a quella dell'individuo e nel quale il potere giunge al suo punto culminante ed i monopoli alla loro più grande potenza. Contemporaneamente, gli individualisti anarchici non vogliono accettare la differenza essenziale tra socialismo di stato e comunismo anarchico, in quanto quest'ultimo è soltanto una fase nello sviluppo generale della dottrina socialità:

  • Anarchia significa libertà assoluta, mentre il comunismo rifiuta la libertà, specialmente la libertà di produzione e di scambio che sono le più importanti, giacché, senza di esse, le altre libertà non avranno in realtà alcun valore.

Nella concezione del Tucker, l'anarchismo è:

  • una organizzazione sociale armoniosa, la quale dà ai suoi membri la più grande libertà individuale che condiziona l'uguaglianza per tutti.

Tucker vede la sola limitazione del diritto dell'uomo e la sola obbligazione dell'uomo unicamente nel rispetto degli altri. La violenza dell'individuo, il diritto di proprietà sull'altro, il diritto basato sul lavoro al di fuori anche di ogni monopolio, tutto ciò è inammissibile. Il momento più originale della teoria anarchico-sindacalista è quello dell'accettazione della proprietà privata. Il problema che si pone agli individualisti è il seguente: bisogna accettare nella società anarchica che gli individui utilizzino i mezzi di produzione che sono anche una proprietà individuale? Se l'individualista anarchico risponde negativamente, egli darà alla società il diritto di entrare nelle sfere individuali; di conseguenza, la libertà assoluta dell'individuo, che è alla base della loro teoria, sarà null'altro che una finzione. Essi hanno pertanto scelto la seconda risposta col reintrodurre la proprietà privata dei mezzi di produzione e della terra, e cioè quello che essi chiamano il diritto al prodotto integrale del lavoro. Accettando l'egoismo come unica forza motrice dell'uomo, Tucker ne deduce la legge della libertà uguale per tutti. Il limite logico del potere di ogni individuo si trova precisamente in questo egoismo. La fonte delle norme del diritto, esso stesso basato sulla volontà di tutti, risiede nella necessità d'accettare e di rispettare la libertà di ciascuno. Pertanto, l'individualista anarchico, non soltanto accetta il diritto come risultato d'un accordo comune, ma tende anche a difenderlo. Pur ammettendo che l'individualista anarchico soddisfi tutti i bisogni umani, il fatto di accettare la possibilità - per l'organizzazione sociale - di reagire agli atti individuali è in contrasto con l'ideale individualista. Quindi, così come per il comunismo anarchico, anche qui urtiamo contro la tragica impossibilità di risolvere l'incompatibilità esistente tra l'individuo e la società nel senso d'una libertà assoluta dell'individuo o nel senso della necessità d'una società armoniosa. ogni rifiuto ed ogni omissione dell'accordo rappresenta già in sé un'infrazione al diritto altrui. Se l'anarchismo accetta questo fatto, esso si allontana dal principio che è alla base della sua teoria: il principio dell'uguaglianza dei membri, d'una uguaglianza assoluta, come risultato logico della libertà assoluta di tutti gli individui raggruppati in comune. Se l'anarchismo rifiuta di accettare questo fatto, che è la inevitabile conseguenza d'un simile ordine di rapporti, l'anarchismo deve accettare la necessità di certe norme.

CONCLUSIONE

Da quanto esposto risulta che l'anarchismo non è un sogno fantastico, ma una realtà che tende a dare una esistenza, un senso realistico e logico a questa rivolta dello spirito umano contro ogni violenza. Per ciò, esso non deve parlare per finzioni, come ad esempio, questa "libertà assoluta", illimitata per niente e per nessuno, questa "negazione del dovere", questa "irresponsabilità totale", etc. L'eterna contraddizione - l'incompatibilità tra l'individuo e la società - sembra insolubile giacché questa contraddizione appare basata sulla natura stessa dell'uomo, sul suo bisogno di personalità e su quello di apertura sociale. Volere, pertanto, per una fanatica ostinazione, delle soluzioni sociologiche, voler risolvere la quadratura del cerchio significa indebolire sé stessi e lasciare senza difesa tutto ciò che nella concezione anarchica è incontestabile ed ha una concreta validità. Diciamolo con franchezza: l'anarchismo ammette, e deve ammettere, il diritto, il suo diritto libertario. Questo diritto non somiglierà né nello spirito né nella forma, alla giurisdizione della società contemporanea, della società borghese, della società capitalistica, così come non somiglierà neppure ai decreti della dittatura socialita. Detto diritto non sarà dell'idea di staccare l'individuo dalla collettività; ogni norma, ogni obbligazione non deve più servire delle astrazioni - come l'"interesse supremo", il "bene comune", etc. - alle quali deve sacrificarsi l'individuo. Il diritto anarchico non deve essere un torrente di "beni" che si riversano dall'"alto", né potrà essere un espediente; esso sarà organicamente provocato da quella inquietudine dello spirito che, sentendo in sé la forza di creazione, la sete di azioni creative, realizzerà i suoi desideri nella realtà, in forme accessibili agli uomini. La garanzia di questo diritto sarà la responsabilità per la mia libertà e per la libertà degli altri. Come ogni diritto, esso deve essere difeso. La forma concreta di questa difesa non può essere indicata preventivamente, ma corrisponderà ai reali bisogni della società in un dato momento.

Voci correlate

Collegamenti esterni


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