Bolscevismo

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Vladimir Lenin

Il Bolscevismo nacque nel 1903 durante il II congresso di Londra del Partito Operaio Socialdemocratico Russo (fondato nel 1898 da Georgij Valentinovič Plechanov e da Pavel Borisovič Aksel'rod), quando si verificò una spaccatura tra due fazioni politiche di estrema opposizione rivoluzionaria: i bolscevichi, guidati da Lenin, ottennero la maggioranza (bol'sinstvo significa «maggioritario») contro la minoranza dei menscevichi (mensinstvo significa «minoritario»), guidati da Martov e Aksel'rod. I primi avevano un programma rivoluzionario fondato su una nuova lettura del marxismo (che verrà denominata marxismo-leninismo); i secondi invece propugnavano un graduale approccio verso il socialismo.

Dalla nascita alla rivoluzione del 1917

Exquisite-kfind.png Vedi La Rivoluzione russa.

Dopo l'avvenuta nascita del partito nel 1903 (come accennato nella premessa), nel 1912 i bolscevichi avevano costituito un partito marxista indipendente che prese il nome di Partito operaio socialdemocratico di Russia, con l'aggiunta tra parentesi del termine “bolscevico”. I bolscevichi credevano in un'organizzazione gerarchica, seguendo le tesi di Lenin esposte nel suo libro Che fare? (scritto in preparazione del congresso del 1903), in cui criticava profondamente lo spontaneismo che fino a quel momento era stato imperante in Russia. La gestione centralizzata tuttavia non impedì la nascita di correnti e tendenze che all'interno del partito si fronteggiavano in maniera molto accesa.

Il bolscevismo nacque e si sviluppò come applicazione del marxismo alle situazioni contingenti della Russia di inizio XX secolo, in cui era esplosa la rivoluzione sociale nonostante le previsioni di Marx secondo cui essa sarebbe stata esplosa solo nei paesi industrializzati. Con il ritorno di Lenin dalla Svizzera (aprile 1917) il partito bolscevico ricevette nuovo vigore sul piano politico e strategico, guadagnandosi rapidamente il favore delle masse, a cui propose un programma molto semplice: pace, terra ai contadini, autogestione operaia delle fabbriche, autodeterminazione dei popoli ecc. Da allora furono un costante punto di riferimento per i partiti comunisti di tutto il mondo e della Terza Internazionale.

Nel 1918 il Partito bolscevico cambiò nome in Partito comunista russo (bolscevico), che peraltro manterrà fino al 1925 quando assunse quello di Partito comunista (bolscevico) dell'URSS. Dopo l'uscita dalla guerra (vedi paragrafo successivo), nacquero comitati operai che controllavano la gestione delle fabbriche. Furono inoltre nazionalizzate banche, industrie, attività commerciali varie. Più complicata risulterà la risoluzione della questione agraria (vedi pragrafo 1.2).

L'uscita dalla guerra: il Trattato di Brest-Litovsk

Assemblea dei Soviet a Pietrogrado nel 1917

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, i bolscevichi furono attraversati dal dubbio se fosse stao più utile per la rivoluzione uscire dalla guerra o proseguire la guerra al fianco degli alleati (Francia e Gran Bretagna).

Il 3 marzo 1918 fu stipulato il trattato di Brest-Litovsk tra la Russia di Lenin e gli imperi centrali (Germania e Austria-Ungheria, Impero Ottomano e Bulgaria), determinando l'uscita della Russia dalla Prima guerra mondiale e la cessione dell'Ucraina (oltre a Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia) agli austro-germanici. I bolscevichi speravano in questo modo di salvare la rivoluzione dal militarismo tedesco, tuttavia questo determinò aspre critiche da parte di rivoluzionari non allineati (anarchici) e anche marxisti come Rosa Luxemburg:

«Dal Trattato di Brest-Litovsk, la rivoluzione russa è entrata in una fase veramente difficile. La politica che ha guidato l'azione bolscevica è ovviamente pace a qualsiasi prezzo in modo da guadagnare una tregua, durante la quale essi possano espandere e consolidare la dittatura del proletariato in Russia e realizzare il massimo numero di riforme socialiste possibili...Il Trattato di Brest-Litovsk è stato in realtà nient'altro che la capitolazione del proletariato rivoluzionario russo al militarismo tedesco...Di fatto la "pace" di Brest-Litovsk è un'illusione. Neppure per un momento c'è stata pace tra Russia e Germania. La guerra è continuata sin da Brest-Litovsk su fino ai giorni nostri, ma questa guerra è di un tipo particolare, combattuta solo da un lato: avanzo sistematico dei tedeschi e silenziosa ritirata bolscevica, passo dopo passo. Occupazione di Ucraina, Finlandia, Lituania, Estonia, Crimea, Caucaso, di sempre maggiori tratti della Russia meridionale - questo è il risultato dello "stato di pace" sin da Brest-Litovsk. E ciò ha significato un numero di cose. In primo luogo, lo strangolamento della rivoluzione e la vittoria della contro-rivoluzione nelle roccaforti rivoluzionarie della Russia. » (La tragedia russa)

Come sottolineato dalla Luxemburg, il trattato tra bolscevichi e tedeschi porto all'occupazione dell'Ucraina, dove tutte le strutture sociali messe in piedi dai rivoluzionari dell'anarchico Nestor Makhno furono in breve tempo smantellate, grazie anche alla collaborazione della borghesia locale. A questo punto i "machnovisti" dovettero riorganizzarsi, militarmente e politicamente, per difendere le proprie conquiste sociali e per respingere gli invasori e molto spesso anche i bolscevichi stessi, che frequentemente attaccarono l'Esercito Nero.

La guestione agraria

A causa della guerra civile, molte città russe erano ormai allo stremo e ridotte alla fame, per questo il governo bolscevico attuò dei provvedimenti economici denominate “comunismo di guerra”, che risultarono assai indigesti per i contadini più poveri. Tra questi ci fu anche la requisizione dei prodotti agricoli, che determinò lo sviluppo del mercato nero e lo sviluppo della contrapposizione tra città e campagna, che detto in altri termini significava divergenza assoluta tra operai e contadini.

Dal 1921, con la fine del comunismo di guerra, ii governo bolscevico porto avanti una Nuova Politica Economica (Nep), nella quale si cercò di far convivere i principi del socialismo con la crescita di libere forze economiche contadine e commerciali nel tentativo di dar respiro all'economia russa. Nel 1922 la federazione di stati rivoluzionari prese il nome di Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS).

Il dopo Lenin

Alla morte di Lenin all'interno del partito i sviluppò un lungo conflitto tra le varie fazioni che si contendevano la leadership. L'ala sinistra del partito, guidata da Trotzky, sosteneva la tesi del «Bolscevismo internazionale»; gli "oppositori di destra", capeggiati da Bukharin e Rykov, proponevano il programma del «socialismo in un solo paese». Alla fine prevalse un grigio burocrate del partito come Stalin, il quale creò l'idea del "bolscevismo imperiale", basato sull'appoggio della rivoluzione nei paesi vicini all'Urss, con lo scopo di sovietizzarli. In sostanza, le proposte internazionaliste furono comunque annientate e di fatto prevalse l'idea del «socialismo in un solo paese».

Sotto l'egida di Lenin, il Congresso di Partito eleggeva un Comitato Centrale, il quale poi eleggeva un Segretario Generale. Sotto la tirannia di Stalin il principio fu ribaltato: era il Segretario Generale a determinare la composizione del Politburo e del Comitato Centrale. In questo modo Stalin ebbe il controllo assoluto del partito.

Nel 1952 il Partito comunista (bolscevico) assunse il nome di Partito comunista dell'Unione Sovietica (PCUS).

L'anarco-bolscevismo

Exquisite-kfind.png Vedi Anarco-bolscevismo.

La maggior parte degli anarchici si opposero praticamente sin dall'inizio al partito bolscevico, tuttavia alcuni anarchici russi li appoggiarono perché ritenevano che bisognasse prendere gli strumenti rivoluzionari che la storia forniva (Victor Serge), visto che non sarebbe mai esistita la rivoluzione ideale. La maggior parte di questi, che alcuni chiamarono anarco-bolscevichi, mantenne atteggiamenti fortemente critici nei confronti dei bolscevichi, pur non negando il loro contributo fino a quando fu possibile, mentre altri entrarono organicamente nelle file del partito. In un primo momento molti credettero in buona fede che i bolscevichi si fossero allineati alle posizioni libertarie.

« La mia decisione era presa; non sarei stato né contro i bolscevichi né neutrale, sarei stato con loro, ma liberamente, senza abdicare al pensiero né al senso critico...Sarei stato con i bolscevichi perché davano compimento con tenacia, senza scoraggiamenti, con ardore magnifico, con passione riflessa, alla necessità stessa; perché erano soli a darvi compimento, prendendo su di sé tutte le responsabilità e tutte le iniziative e dando prova di una stupefacente forza d'animo. Essi erravano certo su parecchi punti essenziali: con la loro intolleranza, con la loro fede nella statizzazione, con la loro tendenza alla centralizzazione e alle misure amministrative. Ma, se bisognava combatterli con libertà di spirito e in spirito di libertà, era con loro, tra loro. » (Victor Serge, Memorie di un rivoluzionario, pag. 88)

Bibliografia

  • John Reed, I dieci giorni che sconvolsero il mondo
  • Lev Trotsky, Storia della rivoluzione russa, Milano 1975.
  • Victor Serge, L'Anno primo della rivoluzione russa, Torino, Einaudi, 1967.
  • Victor Serge, Gli anarchici e l'esperienza della rivoluzione russa, Milano, Jaca Book, 1969.
  • Victor Serge, Ritratto di Stalin, Bolsena, Massari, 1991.
  • Victor Serge, La città conquistata. Pietroburgo 1919, Roma, Manifestolibri, 1994.
  • Victor Serge, Socialismo e totalitarismo. Scritti 1933-47, Roma, Prospettiva, 1997.
  • Victor Serge, Gli anni senza perdono, a cura di Chiappella, Tranchida, 2003

Voci correlate

Collegamenti esterni