Luigi Bertoni

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Luigi Bertoni

Luigi Bertoni (Milano, 16 febbraio 1872 – Ginevra, 19 gennaio 1947), detto anche "Il Santo", è stato un anarchico, tipografo, propagandista e sindacalista svizzero-italiano. Vissuto per gran parte della sua vita in Svizzera, fu uno dei principali protagonisti del movimento anarchico di quel paese.

Biografia [1]

Luigi Bertoni nasce a Milano il 16 febbraio 1872 da Giuseppe e Carolina Dominioni. La madre è lombarda mentre il padre è originario del Canton Ticino, ed è proprietario di una drogheria. Nell'ambiente mazziniano e repubblicano del padre, il giovane Luigi avrà l'occasione di leggere opuscoli di propaganda socialista e anarchica, quest'ultima inviata da suo cugino Mosè Bertoni (Mosè dopo aver conosciuto Élisée Reclus e Kropotkin, parte nel 1884 dal Ticino per l'Argentina con moglie, figli, la madre e un gruppo di compaesani, intenzionato a fondare una colonia anarchica ma poi direttosi in Paraguay). Nel 1880 la famiglia si trasferisce a Como, città in cui Bertoni inizia a 13 anni l'apprendistato di tipografo ed è membro del sindacato. Dopo poco più di un anno viene licenziato «per essersi sfacciatamente rifiutato di lavorare qualche ora in più dell'ordinario anche dietro pagamento». A 14 anni trova lavoro a Mendrisio, in Canton Ticino, facendosi passare come operaio tipografo.

Il liberalismo

A 17 anni collabora con la rivista liberale ticinese in esilio «Vita Nuova», pubblicata a Ginevra, mentre a 18 anni – sollecitato dal cugino Brenno (fratello di Mosé), due giorni prima del colpo di Stato liberale di Bellinzona, ottiene dopo un esame il diploma di maestro, un trampolino di lancio «che avrebbe dovuto servirmi per concorrere agli impieghi dello Stato», professione che non eserciterà mai. Partecipa alla “Rivoluzione di settembre” – accanto ai liberal-radicali, stanchi del dominio clericali del Partito conservatore – «come umile segnale all'insurrezione...[...] soprattutto come membro di una delle famiglie più notorie del Cantone. La Rivoluzione scoppiava l'11 settembre a Bellinzona e armato da una cabina a doppio grilletto, di cui ignoravo d'altronde il maneggio, feci parte del gruppo che passando sopra il cadavere del Consigliere di Stato Rossi, un giovanotto di 25 anni, Capo del Dipartimento giustizia e polizia, s'impossessò del Palazzo governativo [...]. Intervenne l'autorità giudiziaria federale. Non arrestò nessuno». Tre giorni dopo – su invito dei redattori di «Vita Nuova» – lo troviamo a Ginevra sempre come tipografo: collabora a riviste liberali radicali ticinesi, è attivo nel sindacato e nel 1893 conosce alcuni anarchici della Federazione anarchica del Giura come Jacques Gross, Georges Herzig, Francois Dumartherey, Eugene Steiger, Auguste Spichiger, Alcide Dubois, Henry Soguel e i profughi comunardi francesi Antoine Perrare e Louis Pindy, partecipando al quindicinale anarchico «L'Avvenire».

La scoperta dell'anarchia

Respinto il liberalismo radicale e oramai divenuto anarchico, è redattore dal 1896 de «L'Emigrante Ticinese Illustrato», pubblicato a Berna e poi a Ginevra, in cui afferma che i sindacati devono opporsi decisamente alla produzione e alla mediazione dello Stato, «un'istituzione barbara che deve cadere per essere sostituita dalle associazioni costituite dal libero accordo». Vi sono due partiti in contrapposizione «il partito di coloro che vogliono lo sviluppo progressivo e il partito di quanti ne chiedono invece la soppressione e l'adattamento dell'individuo a una società senza autorità». Bisogna rompere completamente con il passato «non dobbiamo più partecipare a nessuna festa, a nessuna commemorazione della classe dominante, dividerci completamente da lei per schierarci contro». Coerentemente, nel 1895 rifiuterà il posto di direttore della tipografia cantonale ticinese, offerta dai liberali oramai al potere. Nel 1898 è segnalato per la prima volta dalla Polizia politica al Pubblico ministero della Confederazione per aver proposto, nel Sindacato tipografi ginevrino, la partecipazione al 1° Maggio. L'anno dopo è corresponsabile con altri due cittadini elvetici Emile Held e Carlo Frigerio, di una pubblicazione «L'Almanacco socialista anarchico», in cui tra l'altro, sono invitate tutte le forse repubblicane italiane a unirsi per abbattere la monarchia (articolo di Errico Malatesta). Il Governo elevetico, su pressioni di quello italiano, invia i tre autori davanti al tribunale, poi è costretto ad assolverli. Gli anarchici – in particolare gli immigrati italiani in Svizzera – esultano: finalmente sarà loro possibile agire alla luce del sole con il sostegno dei compagni svizzeri.

L'attività propagandistica

Nel luglio 1900 nasce a Ginevra il bimensile «Il Risveglio Anarchico», redatto inizialmente da esuli, poi da immigrati, che si rivolge alla numerosa immigrazione italiana, e «Le Réveil socialiste anarchiste», con la collaborazione di alcuni anziani di anarchici romandi. Il redattore responsabile dei due periodici, veri e propri organi ufficiali dell'anarchismo in Svizzera, è proprio Bertoni, che inizialmente si avvale della collaborazione di varie personalità: Barchiesi, Mario Bassadinna, Vivaldo Lacchini, Nino Samara, Felice Mezzani (dalla Francia)ecc. Il periodico bilingue, inizialmente quindicinale, dal 1905 al 1908 diviene settimanale, poi ancora bisettimanale fino al 1910, anno in cui si trasforma poi in due quindicinali distinti (4000 copie di tiratura). Nel tempo assumerà varie denominazioni, fino al 1925 quando diviene definitivamente Il Risveglio Anarchico / Le Révéil Anarchiste (dal 1940 al 1946 usciranno clandestinamente in formato opuscolo). All'attività editoriale dei due periodici, Bertoni affianca una casa editrice, le edizioni Risveglio/éditions du Réveil, che pubblicheranno una cinquantina di libri e opuscoli. Infine, negli anni Venti e Trenta, per il 1° maggio, esce sempre da Bertoni «Il Ticino Libertario», con la collaborazione degli anarchici ticinesi.

Testata de Il Risveglio Anarchico, giornale bilingue (francese e italiano).

Il periodico dà un forte impulso al movimento in Svizzera, all'inizio del secolo in fase embrionale, e fin dal suo primo numero esplicita una vita dichiaratamente associazionista: «L'associazione è un fatto biologico, una necessità sociale», e nel contempo sindacalista «per spingere anche il sindacato sulla via rivoluzionaria, dobbiamo tutti entrare nei sindacati». Bertoni esercita una considerevole propaganda in tutta la Svizzera, grazie anche a numerose conferenze: un centinaio all'anno (con punte di 130-140) per circa 40 anni. Perciò vi sarà un notevole sviluppo dei gruppi anarchici: quelli di lingua italiana da una decina nel 1902 diventano una trentina nel 1915, mentre la Fédération communiste anarchiste de la Suisse romande annuncia dieci gruppi nel 1907. Nel 1901 Bertoni si fa promotore del Groupe pour la défense de la liberté d'opinion, costituito in un'assemblea alla presenza di 250 anarchici socialisti, sindacalisti, che si preoccupa di raccogliere fondi e di informare il movimento operaio e l'opinione pubblica sui metodi antisociali e liberticidi della polizia svizzera, soprattutto nei confronti degli operai sia stranieri sia confederati. In quest'ambito si occupa pure dell'espulsione dal Canton Ticino dell'allora socialista Benito Mussolini, in Svizzera dal 1902 al 1904, il quale, grato dell'aiuto, tradurrà gratuitamente dal francese un'opera importante di Kropotkin, Le parole di un ribelle, che verrà pubblicato dalle edizioni del Risveglio. Nel 1912 Mussolini ricorderà così Bertoni: «È la bestia nera della borghesia elvetica. L'ho conosciuto a Berna nel 1903. Alto, secco, naso prominente, lineamenti angolosi, sbarbato. Ha dell'asceta. Scrive e parla, con grande correttezza, l'italiano e il francese. La sua coltura storica e sociologica è vastissima. È una delle prime teste pensanti dell'anarchismo internazionale. Operaio. Lavora da tipografo otto ore al giorno e gli rimane il tempo necessario per scrivere un giornale e tenere tournées di propaganda. La sua attività è prodigiosa. Il gruppo editoriale le Réveil è opera sua [...]. Odiatore del funzionalismo operaio, dei permanents, dei professionali, egli non ha mai voluto abbandonare la cassa del compositore. È uno spirito disinteressato».

Chiamato dai giornali borghesi “le gréviculteur”, cioè cultore di scioperi, è incarcerato più volte: nel 1902 accusato, in quanto membro del comitato di sciopero generale in Svizzera a Ginevra – grande movimento cui partecipano 15.000 – è condannato a un anno di detenzione. Ma la minaccia di un nuovo sciopero generale di protesta dei sindacati ginevrini previsto per il 1 maggio 1903, costringendo il governo ginevrino a graziarlo (anche senza la sua richiesta), dopo 132 giorni di detenzione.

L'azione sindacale

Dal 1902 Bertoni è segretario non rimunerato della CdL di Ginevra. Redige poi – insieme con A. Rouiller e di J. Karly – gli statuti della Fédération des Ounions Ouvrières de la Suisse Romande, fondata nel 1905, che, di esplicito orientamento sindacalista rivoluzionario, raccoglie una decina di camere di lavoro romande (70 sindacati e 8.000 membri, contro 40.000 della riformista Unione Sindacale Svizzera), ed è assai attiva fino al primo conflitto mondiale. Gli animatori di questa federazione sono sia anarchici, sia militanti socialisti e sindacalisti delusi dal riformismo; due “anime” che collaboreranno intensamente senza grandi conflitti interni, sia nei confronti del padronato e dello Stato, sia contro il riformismo dell'Unione Sindacale. Questo nuovo sindacalismo – che riesce ad organizzare operai di diverse culture, italiani, francesi, tedeschi, romandi e confederati – ha un proprio settimanale, «La Voix du Peuple», edito a Losanna poi a Ginevra, dal 1906 al 1914, e un'organizzazione chiaramente libertaria; infatti i segretari delle federazioni e delle Unioni Operaie non sono remunerati ed ogni Unione ha la sua completa autonomia d'azione. Esse lottano per il miglioramento delle condizioni di lavoro mediante l'azione diretta, preconizzano lo sciopero generale per poi fondare una società senza classi, senza stato, senza alcun dominio; sostengono il neomalthusianesimo, l'aborto, il libero amore, l'antimilitarismo e l'antiparlamentarismo; favoriscono la fondazione di cooperative di consumo e di produzione; patrocinato la straordinaria esperienza della Scuola Ferrer di Losanna, attiva ininterrottamente dal 1910 al 1919, una scuola proletaria, libertaria e razionalista, orgogliosa di non chiedere alcun sussidio allo Stato, con la collaborazione dei sindacati e del Libero Pensiero. Nel dicembre 1906 Bertoni è nuovamente imprigionato per 30 giorni a causa di un articolo che commemora il sesto anniversario di Gaetano Bresci, in quanto colpevole di «apologia di crimini anarchici» (l'autore dell'articolo, anonimo – di cui Bertoni si assume la responsabilità – è F. Mezzani).

Nel gennaio 1907 Bertoni viene ancora arrestato e il governo ginevrino ne decreta l'espulsione del cantone, con il sostegno della stampa locale che scrive «che il pericoloso anarchico ticinese Bertoni dovrebbe essere punito in modo esemplare» e che se l'ospitalità ginevrina è sempre stata grande «non deve andare fino a custodire nel seno della nostra madre la serpe che vuole succhiarle il meglio del suo latte». Il decreto tuttavia rimarrà lettera morta grazie alla rinnovata minaccia di uno sciopero generale. Nel 1909 è accusato di aver provocato una ferita alla mano di un gendarme nel corso dello sciopero dei tipografi, poi assolto. Nel 1912 è scarcerato senza processo, dopo un mese di detenzione a Zurigo, a causa di una falsa accusa di un funzionario del Consolato italiano.

L'antimilitarismo

Intensa è l'attività di Bertoni in ambito antimilitarista. È sua la proposta per un congresso antimilitarista, quello di Bienne del 1909, al quale partecipano i gruppi più radicali del movimento operaio in Svizzera: i sindacati romandi della Federazione delle Unioni Operaie, l'Unione Operaia di Zurigo che rappresenta 15.000 operai, la Lega Rivoluzionaria di Zurigo, una trentina di gruppi anarchici, due gruppi tolstojani e la sezione ticinese del Partito Socialista Svizzero. Si tratta di un congresso contrastato aspramente dalle autorità (ma il consiglio federale in una seduta straordinaria non riesce a trovare motivi validi per impedirlo), ma anche dall'Unione Sindacale Svizzera e dal Partito Socialista che accusano i promotori di essere agenti provocatori. In questo congresso, intenzionato a ricostruire la Lega Antimilitarista svizzera, si riscontrano due posizioni: Bertoni, gli anarchici e i sindacalisti rivoluzionari romandi leggono l'antimilitarismo come rifiuto individuale e collettivo di prestare servizio militare, mentre per gli svizzero tedeschi – vedi Fritz Brupbacher – significa propaganda disfattista nell'esercito borghese, apprendimento delle tecniche e delle armi, per poi riutilizzare la struttura militare come esercito militare, opponendosi quindi al rifiuto individuale.

L'opposizione dei sindacalisti svizzero-tedeschi, che rinviano il progetto a causa del contrasto tra il sindacalismo romando è l'Unione Sindacale, alla quale vogliono rimanere vincolati, impedisce la ricostituzione della Lega. Lo scoppio della guerra vede Bertoni impegnato nel tentativo di sostenere la posizione interventista degli anarchici italiani:

«Mi sono recato in Italia nel mese di settembre 1914 ed ho parlato a Caccivio, provincia di Como, in un comizio di operai e contadini contro la guerra. A Milano ho cercato pure di prendere la parola contraddittoriamente in un comizio del sindacalista Corridoni, appena uscito di prigione, e convertito alla guerra di rivoluzione agli ordini di sua Maestà! Ma la riunione terminò in un tumulto tra partigiani e avversari della guerra. In tutto il periodo di neutralità italiana ho collaborato con articoli settimanali a Volontà di Ancona, in risposta ai fautori di guerra, con il pretesto che avrebbe portato alla rivoluzione...fascista! In Svizzera nel mese di maggio 1915, quando l'entrata in guerra d'Italia divenne evidente, l'abbiamo distribuito in tutte le località della Svizzera in cui avevamo dei compagni, un volantino intitolato “Non partite!”. E in tutto il periodo della guerra, salvo il periodo da maggio 1918 a giugno 1919 trascorso in prigione, non ho cessato di preconizzare la fine della guerra tramite la rivoluzione, con centinaia di articoli e conferenze».

Nel frattempo, due importanti animatori del movimento anarchico e sindacale romando – G. Herzig e J. Wintsch - su posizoni “interventiste” abbandonano «Il Risveglio Anarchico».

Il primo dopoguerra

Nel maggio 1918, in un periodo di grandi manifestazioni di piazza – poi culminate nel primo e ultimo sciopero generale svizzero del novembre – Bertoni è arrestato a Zurigo con un centinaia di anarchici, in gran parte di origine italiani (fra gli altri, Francesco Ghezzi, Carlo Castagna, Ugo Fedeli, Bruno Misefari e Giuseppe Monnanni). Per alcuni mesi non potrà aver contatti con l'esterno, nemmeno con il suo avvocato. Processato nel 1919, dopo 13 mesi di detenzione, sarà assolto completamente con una decina di anarchici – dall'accusa di aver favorito il trasferimento di un carico di armi dalla Germania all'Italia. Al suo rientro alla stazione ferroviaria di Ginevra Bertoni viene accolto da 15.000 persone festanti. Fin dall'ottobre 1917 Bertoni condanna – pur simpatizzando per la rivoluzione – i metodi autoritari e centralizzatori bolscevichi. In seguito, oramai certo dell'eliminazione di qualsiasi opposizione interna di sinistra, dagli anarchici ai socialisti rivoluzionari, organizza a Bienne nel settembre 1922 un congresso “chiarificatore” in occasione del cinquantesimo anniversario dell'Internazionale antiautoritaria. Il convegno internazionale anarchico, al quale partecipa anche Malatesta, riafferma uno dei principi espressi nel 1872 e cioè che «ogni organizzazione di un potere politico sedicente provvisorio e rivoluzionario non può essere che un inganno in più e sarebbe così pericoloso al proletariato quanto tutti i governi esistenti oggidì!». Nessuna meraviglia se alla morte di Lenin «Il Risveglio Anarchico» scriverà:

«È appena morto un uomo di Stato, non un uomo del Popolo».

L'epoca fascista

Luigi Bertoni

Negli anni '20 e '30 l'anarchismo, di cui Bertoni è la figura di maggior spicco, rimane assai attivo nel movimento operaio, soprattutto nei Cantoni di Ginevra e di Vaud, dove i libertari riescono a promuovere delle federazioni sindacali edili combattive – “le bande à Tronchet" (dall'anarchico Lucien Tronchet, segretario del sindacato edile ginevrino) – benché affiliate all'Unione Sindacale Svizzera. D'altra parte, ben organizzati, i gruppi romandi (con la loro Fédération Anarchiste Romande) in collaborazione con quelli italiani in Svizzera, riescono a tessere un efficiente rete di propaganda antifascista, di aiuto finanziario e di espatrio per i profughi, per le loro famiglie e per i compagni rimasti in Italia (ricordiamo Antonio Gagliardi, Giuseppe Bonaria, Giuseppe Peretti, Carlo Vanza nel Ticino, Ferdinando Balboni a Basilea, Giuseppe Spotti a Zurigo, Bertoni e Carlo Frigerio a Ginevra). Per la sua vivace campagna antifascista, propagandata in ogni angolo della Confederazione elvetica, in particolare nelle colonie italiane, «La Squillica italica», settimanale dei fascisti italiani in Svizzera – chiamato da Bertoni “Squilla vandalica” –trabocca di insulti nei suoi confronti: «Questa vescica d'aria, questo straniero, gira la Svizzera tenendo conferenze sull'infamia fascista, invitando al contraddittorio, come se fosse possibile ad un italiano qualsiasi di vincere la nausea per accostarsi all'alito graveolente del signor Bertoni [...] Ebbene diciamo chiaramente che il giorno in cui Bertoni ci avrà stomacato a sufficienza, mobiliteremo le colonie a questi comizi, per dire, con esse, una parola inequivocabile: cioè BASTA!».

La minaccia cerca di realizzarsi in occasione di un nuovo comizio promosso da anarchici e socialisti a Ginevra, quando un gruppo fascista armato di randelli tenta di impedirgli di parlare, ma l'immediata reazione dei presenti mette in figura la squadraccia. Il Governo svizzero è costretto, forse per la prima e unica volta, a esternare davanti alle Camere la sua disapprovazione nei confronti dei fascisti, mentre «La Squilla italica» cerca di consolarsi pubblicando il telegramma di Mussolini: «Esprimo il mio compiacimento ai fascisti di Ginevra per il contegno tenuto nella giornata di venerdì 11 giugno». Quando scoppia la Guerra Civile Spagnola Bertoni e compagni promuovono imponenti manifestazioni in favore dei rivoluzionari, tengono comizi, raccolgono collette, fondano il gruppo clandestino «L'Atlante», che organizza il passaggio di volontari e le spedizioni di armi destinate ufficialmente al Messico. Sessantaquattrenne, nell'ottobre del 1936, accompagnato da Troncher, Bertoni si reca a Barcellona, e, inviato da Federica Montseny, è oratore al Convegno della gioventù anarchica spagnola, partecipa al Congresso internazionale anarchico, si reca in visita ai compagni svizzeri e italiani volontari nelle colonie anarchiche spagnole al fronte di Aragona. Chiarisce immediatamente la situazione nei seguenti termini: «Guerra e rivoluzione non vanno disgiunte», infatti «la Spagna si è alzata in armi non solo per custodire al popolo un dominio nazionale, ma per realizzare una di queste grandi trasformazioni della struttura economica». Progetto rivoluzionario non gradito ai comunisti: «In Spagna gli stalinisti erano inizialmente un minuscolo partita, ma l'aiuto russo così esagerato e sfruttato li aggrandì in numero, in influenza, in potenza, talmente che il loro dominio nelle sfere ufficiali divenne ben presto totale [...] L'intervento stalinista fu chiaramente diretto contro ogni realizzazione collettivisti per il ritorno all'economia borghese o statalizzata. Distruggeremo tutto quello che l'iniziativa popolare aveva creato, fu il ruolo del partito sedicente comunista e di tutta l'immonda banda di poliziotti inviati da Mosca». Sempre fervente sostenitore della libertà di opinione, di parola e di organizzazione, Bertoni era intervenuto nel 1928 quando, di fronte alle celebrazioni del Natale di Roma dei fascisti italiani in Svizzera, i deputati comunisti al Gran Consiglio avevano chiesto al governo di impedire la manifestazione fascista:

«Non si può essere più ridicoli di così. Si insorge contro il fascismo per aver soppresso le libertà pubbliche e poi si chiede altrettanto! [...] Comunisti e socialisti parlamentari paiono proprio perdere la bussola. Si ostinano a chiedere alle autorità borghesi la proibizione di manifestazioni e pubblicazioni fasciste. Evviva! Libertà per tutti. Che meschina contraddizione è mai quella di implorare restrizione ai diritti costituzionali stessi, invece di opporre manifestazione a manifestazione, stampa a stampa e botte da orbo ad ogni tentativo di sopraffazione».

Durante gli anni Trenta la situazione de «Il Risveglio / Le Révéil» si fa sempre più difficile. Nel 1934, il Governo – per difendere la finanza eE gli industriali che sostengono le potenze dell'Asse (in particolare la Germania) – decreta misure liberticide sulla stampa; giungono a «Il Risveglio / Le Révéil» i sequestri, le minacce di soppressione, e infine la soppressione totale, nel 1940. Bertoni e compagni non demordono: dopo sei Circolari parzialmente sequestrate, clandestinamente continuano la pubblicazione quindicinale del periodico, benché bilingue e in formato opuscolo, per tutto il periodo bellico. Bertoni denuncia la demagogia e la massiccia propaganda nazionalista della borghesia, mirante unicamente ad assumere il ruolo di salvatrice per la mancata invasione del territorio nazionale, mentre la realtà è assai diversa, «perché i paesi che avrebbero dovuto attaccarla, dopo approfondito calcolo, hanno concluso che potevano ottenere maggiormente, imponendole convenzioni leonine [...]. La Svizzera fornisce come capitali, viveri, trasporti, armamenti ecc. molto di più che in caso di rovina e devastazione dell'invasione della guerra» (1942). «La Svizzera non venne attaccata sia perché ha fornito e fornisce il lavoro di tutte le sue officine e ingenti capitali alla Germania, sia perché gran parte dell'enorme traffico italo-tedesco passa indisturbato attraverso il Gottardo e il Sempione. È evidente che la sospensione di tale traffico e la distruzione delle officine elvetiche sarebbero a tutto danno all'Asse» (1943).

Il sindacalismo nel secondo dopoguerra

Per quanto riguarda il socialismo e il sindacalismo svizzeri nel corso della guerra e nell'immediato dopoguerra Bertoni rileva come essi abbiano rinunciato alla loro essenza, cioè all'aspirazione e al progetto universali di eliminare il capitalismo e lo Stato e di creare una nuova società senza sfruttamento: essi «praticamente considerano il capitalismo come eterno». Il sindacalismo «si confonde con la filantropia, con la carità [...] in favore di esseri inferiori che hanno definitivamente accettato la loro inferiorità». Mentre il progetto del sindacalismo anarchico era quello di «togliere allo Stato le sue funzioni utili per affidarle al sindacato», per Bertoni è ormai lo Stato a togliere ai sindacati.

Colpito da emorragia cerebrale, Luigi Bertoni muore a Ginevra il 19 gennaio 1947.

Note

  1. Fonte: G. Bottinelli, Luigi Bertoni, in Dizionario biografico degli anarchici italiani, Tomo I, Pisa, BFS, 2003, pp. 159-164

Bibliografia

  • G. Bottinelli, Luigi Bertoni, in Dizionario biografico degli anarchici italiani, Tomo I, Pisa, BFS, 2003, pp. 159-164
  • Gianpiero Bottinelli, Luigi Bertoni: la coerenza di un anarchico, Edizioni La Baronata, 1997
  • Giovanni Casagrande, Luigi Bertoni: dalla "rivoluzione borghese" allo sciopero generale (1890-1902): appunti per la biografia di un anarchico dimenticato, Lizentiatsarbeit Universität Basel, 1987
  • Giovanni Casagrande, Schedature d'inizio secolo: il caso di Luigi Bertoni, Bellinzona, Archivio Storico Ticinese, N. 109, 1991. pp. 140-153 · Un Uomo nella mischia sociale: Luigi Bertoni, Bologna, Mammolo Zamboni, 1947

Voci correlate

Collegamenti esterni